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Estrema destra e responsabilità della sinistra (part 1)

Non è compito facile ricercare degli spunti per avviare una riflessione collettiva sull’estrema destra – brodo sociopolitico in continua trasformazione e tutt’altro che omogeneo, e meno che mai lo è in un’ottica che tenga conto del modo in cui le organizzazioni nazifasciste agiscono e si declinano nei contesti particolari dei singoli Paesi del vecchio continente. Quali sono le cause profonde dell’attuale avanzata dei partiti di “estrema destra” nella quasi totalità dei paesi aderenti all’Unione Europea?

In tanti – in troppi – si stanno arrovellando il cervello intorno a questa domanda, arrivando a conclusioni che raramente fanno i conti con la realtà. Tanto per fare un esempio non possiamo condividere l’approccio di certa stampa, che si concentra unicamente sugli aspetti folkloristici e brutali della “marea nera” – descritta alla stregua di una pestilenza dalle origini sconosciute e per la quale non vi è rimedio – dimenticando spesso (volutamente?) che in “democrazia c’è chi vince e c’è chi perde, e che generalmente chi vince lo fa creando consenso attorno a dichiarazioni d’intenti e avanzando proposte in opposizione a chi – spesso saldamente al potere da decenni- non ha saputo colmare la differenza tra il dire e il fare.

In questo panorama desolante di impotenza politica rientrano sia i grandi partiti di governo – tanto socialdemocratici quanto “conservatori” – sia alcune nuove formazioni (come il Partito Pirata tedesco e il M5s italiano) radicali più nei nomi che nella sostanza.

Nel concreto, mentre praticamente ovunque nei paesi UE la disoccupazione giovanile ha raggiunto picchi drammatici e anche chi può vantarsi di avere un lavoro non riesce ad arrivare alla fine del mese, governi di compromesso tra socialdemocratici e moderati, messi in piedi in fretta e furia per far fronte “all’emergenza del debito”, inaugurano a ogni latitudine politiche di austerità che di taglio in taglio provvedono allo smantellamento progressivo dello “stato sociale”, con l’inevitabile effetto collaterale di spingere gradualmente fasce sempre più larghe della popolazione – e in particolare quel ceto medio su cui per tanto tempo la socialdemocrazia europea ha puntato – verso una condizione di miseria insopportabile e anacronistica per dei Paesi che ancora pretendono di essere considerati come “moderni” e “civili” nel consesso internazionale.

Nel momento in cui i grandi partiti socialdemocratici europei hanno ceduto all’unanimità nel nome della “responsabilità” verso gli interessi delle rispettive borghesie nazionali al ricatto del debito agitato dalla BCE anche l’ultima maschera è caduta: non più organizzazioni “di sinistra” che, seppur visceralmente anticomuniste, sono impegnate nel tentativo utopistico di realizzare un “capitalismo dal volto umano” – alternativo al socialismo ma capace di redimere il lavoratore “dalle sue catene” senza passare per una rottura traumatica col sistema – ma complici dichiarati di chi ritiene non vi sia alcuna alternativa possibile a un modello economico considerato ormai irriformabile.

Un capitalismo selvaggio a cui i socialdemocratici hanno rinunciato persino a fare il lifiting e a spuntare gli artigli . I socialdemocratici non sono più interessati alle favolette raccontate fino all’altro ieri in comizi sempre più vuoti di significato, ma alla corsa sfacciata in competizione con i moderati e i conservatori per accaparrarsi il sostegno di frazioni e lobby di capitalisti a cui svendersi in cambio di finanziamenti e voti, anche a costo di legittimare e in ultima analisi di sdoganare l’estrema destra facendo propri alcuni temi da sempre patrimonio di queste forze per puro tornaconto elettorale.

Prendiamo il caso della deportazione dalla Francia di Leonarda e dei suoi genitori (rifugiati politici kosovari di etnia rom fuggiti dall’inferno degli scontri etnici in Jugoslavia che si sono visti la figlia appena quindicenne fermata e ammanettata come il peggiore dei criminali nel corso di una gita scolastica, da poliziotti che hanno agito con l’efficienza e slancio degni delle SA naziste). Un’operazione di gusto nazistoide avallata personalmente dal presidente “socialista” (!) Hollande con le sue vergognose dichiarazioni rivolte direttamente alla giovanissima ragazza (“può tornare, se proprio vuole, da sola, SENZA LA SUA FAMIGLIA; per il tempo necessario a terminare le scuola superiori”). Anche i “dogmi” fin’ora considerati di intoccabili da tutta la “sinistra”  del rispetto della dignità dell’essere umano e dell’universalità del diritto allo studio sono venuti meno per i “responsabili” socialdemocratici.

Da oggi (per l’ennesima volta) grazie alla condotta di Hollande (e non di certo per il consenso popolare registrato alle ultime elezioni amministrative) la signora Marine Le Pen – leader del partito xenofobo e fascista Front National – può affermare a buon diritto di essere pronta a denunciare per diffamazione chiunque definisca lei stessa e il suo partito come di “estrema destra”. Non è più disdicevole ed è anzi “da persone responsabili”, nella civile e moderna Francia, fare distinzione tra “i nostri” e “i loro” figli: una ragazzina può essere tranquillamente ammanettata e spedita fuori dai confini nazionali nell’indifferenza e con l’avvallo (secondo un sondaggio) dei 2/3 dei francesi in virtù delle suo origini, senza che questo faccia urlare allo scandalo. Non accadeva dai tempi del regime collaborazionista di Vichy…

(continua…)

 

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