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Estrema destra e responsabilità della sinistra (PART 2)

Abbiamo cominciato esattamente una settimana fa ad inquadrare a un livello assai ampio e generale le responsabilità della “sinistra” molto largamente intesa nell’avanzata dell’estrema destra praticamente ovunque in Europa, per poi introdurre la situazione francese, dove la recenti elezioni amministrative hanno visto l’avanzata (e in certi casi l’affermazione) dell’estrema destra del Front National restaurato a immagine e somiglianza di Marine Le Pen.

La stampa borghese si è concentrata in particolare sul caso del distretto di Villeneuve, ritenuto fino all’altro ieri di forte tradizione socialdemocratica, dove il candidato del FN, Laurent Lopez, dopo aver sbaragliato il PS al primo turno, ha raccolto al ballottaggio 5.031 voti, il 53,9%, contro i 4.301 di Catherine Delzers, candidata della destra moderata dell’ UMP (Unione per un Movimento Popolare, il partito di Sarkozy). Al nulla sono valsi gli appelli della sinistra per compattare “il fronte repubblicano” e dirottare i voti dei socialdemocratici e degli opportunisti verso la destra “presentabile” dell’UMP per sbarrare la strada al FN. Gli elettori della “sinistra” o non hanno votato o hanno scelto di votare – per la prima volta dal dopoguerra – un partito di chiara ispirazione fascista, ignorando gli appelli a reti unificate dei partiti di governo alla “responsabilità”. A ben vedere questo concetto di responsabilità è stato inteso come responsabilità economica contro un partito fortemente euroscettico, e non come sentimento antifascista verso gli eredi di Petain, spalancando le porte al risultato del FN.

Senza voler assolutamente sminuire il significato politico dello scrutinio di Villeneuve, è ben più preoccupante a nostro avviso il fatto che i fascisti d’oltralpe abbiano visto crescere il proprio consenso elettorale con cifre a doppio zero in praticamente tutti i distretti operai francesi, e in particolare in quelli minerari, che una volta erano solidi feudi del PCF. E’ preoccupante perché questo non fa di Villenuve “il caso” come certi giornali – in primis quelli francesi vicini al PS – vorrebbero farci credere, ma il risultato più evidente – talmente evidente da non poter essere ignorato da nessuna redazione – di un lungo processo che vede impegnati ad ogni livello i fascisti del Front National nella vecchia tattica dello “sfondamento a sinistra”, strategia tesa ad accreditare il partito di Marine Le Pen in vista delle prossime elezioni europee come il legittimo rappresentante – in seno a un Paese dove il 15-20% della popolazione è di origine extraeuropea, in larga parte araba e/o musulmana – di un movimento di massa espressione del proletariato bianco (e cristiano) francese.

Nella realtà dei fatti il partito di Marine Le Pen rappresenta gli interessi economici di quella fascia della borghesia schiacciata dalla competizione imposta dal processo di monopolizzazione del capitale in ambito europeo, ma nel farlo si mette alla testa di un movimento nazionale complessivo, che riesce a coinvolgere strati sempre più vasti della classe operaia, in cui il sentimento nazionale diviene il potente collante interclassista.

E’ superfluo specificare che la tattica dello “sfondamento a sinistra” da parte dei fascisti è possibile solo laddove manchi la presenza militante del partito di classe nei luoghi e nell’immaginario della classe operaia e del precariato; tuttavia dato che il FN ha trovato un vuoto assai vasto in cui attecchire è bene soffermarsi sui quattro punti chiave del programma lepenista: abbandono dell’euro e ritorno al franco, protezionismo e difesa dello stato sociale, difesa della famiglia tradizionale, lotta all’immigrazione e “difesa delle frontiere”.

Alcuni commentatori spiazzati dagli attacchi alle banche e al capitalismo transnazionale, già parlano di “Gauche-Lepenist” mentre la Le Pen, galvanizzata dai recenti successi elettorali, prepara l’epitaffio del Partito Socialista di Hollande, da lei descritto come “vittima della propria sottomissione alle dottrine economiche dell’Unione europea, mentre gli attacchi contro la tedesca Angela Merkel soffrono di una sindrome da dipendenza”.

Secondo Le Pen, infatti, i socialdemocratici “si lamentano della cancelliera Merkel – il malvagio carnefice che infligge punizioni – ma la Merkel non fa che difendere gli interessi della Germania, che non sono i nostri”.

Ma se i socialdemocratici perdono terreno, le responsabilità storiche sono anche di chi si trova a sinistra del PS, ed in particolare di quelle forze della sinistra – alcune delle quali si definiscono ancora “comuniste”, come il bertinottista PCF, promotore con il socialista Mélenchon della fallimentare esperienza del “Front de Gauche” – che vorrebbero essere concorrenziali e “a sinistra” del PS. Queste forze si sono ridotte a incalzare i socialdemocratici solo sul fronte dei diritti civili (come ad esempio il matrimonio tra omosessuali), ma hanno rinunciato a condurre fino in fondo una critica serrata verso le politiche economiche e del lavoro portate avanti dal partito di governo socialdemocratico. Il risultato è scontato: i diritti civili senza il pane non hanno solide gambe su cui camminare e, presto o tardi, l’impoverimento e la disoccupazione portano inevitabilmente al riemergere di tendenze fasciste. Anche la politica tentennante sull’Unione Europea, criticata nella forma ma non nella sostanza, diffondendo la parola d’ordine di un suo possibile miglioramento in senso progressista e riformista, è stata giudicata per quello che è: vaga ed illusoria, di certo perdente di fronte alla nettezza della prospettiva dell’uscita dalla UE delineata dalla Le Pen.

Il Front De Gauche rinunciando alla lotta di classe – in nome di un principio di uguaglianza interclassista tanto vago quanto estraneo alla storia del movimento operaio – e ad una chiara posizione di rottura sulla UE, ha gettato i lavoratori dipendenti e gli operai esasperati tra le braccia del Fronte Nazionale consegnandogli le chiavi delle sue roccaforti storiche.

E’ altrettanto interessante sottolineare come Marine Le Pen si stia sforzando di smarcare l’immagine esterna del Front National (fortemente legata ai settori più tradizionalisti del cristianesimo clericale, padri lebfreviani in testa, e animata ancora oggi da personaggi che non nascondono affatto la loro ammirazione per il fascismo nostrano e meno che mai il nostalgismo per l’esperienza di Vichy) dall’immaginario popolare sui partiti di estrema destra.

Mentre il padre considerava l’Olocausto un “dettaglio” storico, lei lo definisce come l’apice della barbarie umana” e ricerca il favore della sempre più piccola e ininfluente comunità ebraica francese, ma non rinuncia a dirigere i suoi strali contro i Rom – in buona compagnia del socialista Hollande – e contro la grande comunità musulmana di Francia, accusata di minare la natura cristiana del Paese e di concorrere slealmente nel lavoro col proletariato bianco.

E’ inutile ritornare sullo “sfondamento a destra” da parte dei socialdemocratici per puro tornaconto elettorale in materia di “sicurezza” e contrasto dell’immigrazione clandestina: è ormai chiaro quanto certe pratiche di razzismo di Stato siano già praticate nella civile Francia -sotto un Presidente che si definisce “di sinistra” – tuttavia è in virtù di questo sdoganamento che la Le Pen può affermare di essere l’erede di Charles De Gaulle, accusando il partito Gaulliste UMP e il PS di essersi venduti l’anima all’Europa. “C’è stato un de Gaulle di sinistra, e un de Gaulle di destra. C’erano due de Gaulle. Noi stiamo per entrambi,” ha detto. De Gaulle o non De Gaulle, vedremo prossimamente come tuttavia la Le Pen non abbia inventato nulla di nuovo: un lifting graduale, ben più consistente e assai più insidioso al volto arcigno dell’estrema destra è in corso ormai da anni in Ungheria, importante Paese mitteleuropeo dove i nazionalpopolari di Viktor Órban sono saldamente al potere e hanno criminalizzato ogni forma di opposizione organizzata.

(continua)

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