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Il caso Crimea e i separatismi: la questione nazionale nel terzo millennio

* di Daniele Bergamini

La situazione creatasi in Ucraina dopo il golpe orchestrato dalle destre nazionaliste e sciovinistiche, legate a doppio filo con i circoli  imperialisti di Washington e Bruxelles, ha di fatto gettato l’Ucraina in un caos simile a quello jugoslavo: il nuovo esecutivo ha chiesto un prestito di 15 miliardi di euro per avviare le riforme chieste dal Fondo Monetario Internazionale, è stato abolito il russo come lingua ufficiale (parlato dal 40, 45% della popolazione) ed è stata avviata una penetrazione di capitali esteri in funzione anti russa, facendo dell’ucraina un nuovo paese subalterno nella catena finanziaria occidentale. Janukovych stesso, comunque, aveva buoni rapporti con l’UE: anch’egli si mosse alla ricerca di capitali europei per avviare la crescita economica del paese anche se, a differenza dei golpisti, è sempre stato molto aperto ai capitali russi: la causa di rottura con la fazione più europeista è stata la sospensione dell’accordo di associazione UE/Ucraina.

Tutto questo ha allarmato la popolazione russofona che in Crimea ha dichiarato la secessione con il referendum, per poi procedere all’annessione russa, mentre nelle altre regioni a maggioranza russa si chiede federalismo e autonomia; sopratutto il PCU che ritiene utile il federalismo per non frantumare l’Ucraina ed evitare la divisione del proletariato. Il timore più grande della popolazione è il futuro economico del paese, già non roseo, che continuerà a peggiorare a causa della crisi economica inasprita dalle riforme volute dal FMI, che obbligheranno gli operai ad attuare sacrifici ancora più grandi. Da non sottovalutare è, inoltre, l’ondata di violenza sempre crescente da parte delle organizzazioni fasciste e neonaziste di piazza Maidan, contro le quali si sono opposte le organizzazioni di sinistra, comuniste e antifasciste.

Ciò ha messo in moto nella regione una galassia di separatismi quasi sepolta fino a poco tempo fa: i transnistriani al confine ucraino-moldavo hanno chiesto l’annessione alla Russia, dopo oltre vent’anni di indipendenza non riconosciuta dalla Moldavia. Sempre nella Moldavia anche un’altra regione confinante con l’Ucraina ha avuto un referendum in cui si è stabilito di entrare nell’Unione economica eurasiatica: la regione autonoma della Gagauzia che ha aperto una contraddizione con le tendenze europeiste del partito al governo di Chişinău. Non solo  gli abitanti di origine russa in altri paesi sono influenzati dal separatismo; in Italia, dopo l’evaporazione della lega, i veneti in un referendum virtuale hanno chiesto l’indipendenza e così è accaduto con altre popolazioni europee come gli scozzesi, i fiamminghi…

Ma quali sono i reali interessi che animano il separatismo?

Sicuramente sono di classe, dal momento che sia i proletari possono usare il separatismo per difendersi da borghesie centrali sempre più aggressive, sia la borghesia locale che usa il separatismo in concorrenza con la borghesia centrale. Ma anche le borghesie imperialiste usano il separatismo per destabilizzare pericolosi concorrenti, vale a dire i paesi non allineati e i paesi socialisti: il caso Jugoslavo è emblematico in cui  nazionalismi croati e albanesi hanno spianato la strada alla Nato, che ha poi colonizzato la regione; basti pensare che  il  progetto della “Grande Albania” (in cui anche le regioni occidentali della Macedonia e il Kosovo sono considerati Albania ) è stato ripreso dalla borghesia albanese e dalla Nato, dopo che negli anni 40 venne usato dai nazifascisti in funzione anti-jugoslava

Nel caso ucraino invece il separatismo filorusso è stato un tentativo progressivo di evitare una macelleria sociale imposta da Bruxelles, una difesa concreta dagli imperialisti occidentali, anche se si rischia di sottovalutare  la tendenza nazionalista di ambo le parti su cui gioca la borghesia russa per salvaguardare i suoi interessi capitalistici. I movimenti filorussi hanno una chiara vocazione anti-occidentale, e il PCU sicuramente è anti-imperialista ma purtroppo non ha formulato una chiara strategia di rottura col capitalismo. Tuttavia rimangono movimenti nazionalisti, in gran parte avulsi da una logica di classe, e bisogna quindi aver presente la posizione corretta del marxismo circa la questione nazionale: innanzitutto come disse Mao è necessario distinguere tra il patriottismo degli aggressori e quello degli aggrediti, bisogna inoltre avere presente che le lotte nazionali sono comunque portate avanti dalla borghesia  per motivi di concorrenza : è il mercato la prima scuola ove la borghesia impara il nazionalismo, citando Stalin. Le lotte nazionali sono lotte borghesi che possono essere sfruttate anche contro la nazione dominante, perché la borghesia della nazione dominante opprime anche il proletariato della nazione dominata in modo più aggressivo. Tuttavia il proletariato, se cosciente non ha motivo di cedere alle aspirazioni borghesi .

Per esempio negli anni della guerra civile russa, l’URSS nacque in contrapposizione alla “Russia” ma anche agli altri nazionalismi: la rivoluzione russa risolse le questioni nazionali con una libera associazione garantita dalla costituzione, riunendo il proletariato sovietico sotto la bandiera del socialismo e non sotto le bandiere delle varie borghesie nazionali che, nonostante fossero oppresse dalla borghesia russa, tentarono di corrompere il proletariato per evitare la rivoluzione socialista e  avviare lo sfruttamento sotto le loro bandiere nazionali.

Nel nostro caso ( si fa per dire..), quello veneto, siamo di fronte ad aspirazioni indipendentiste della piccola borghesia (ma anche grande) e ritroviamo il vecchio slogan leghista della “Roma ladrona”; il separatismo può avere senso quando in un paese vi è l’oppressione della nazionalità dominante che schiaccia economicamente le borghesie più deboli e impone il proprio sistema economico e la propria sovrastruttura. Nel caso veneto ma anche leghista è chiaro a chiunque abbia studiato un minimo di geografia che le regioni del nord sono tra le più ricche e a livello storico furono proprio le regioni del nord (il Piemonte in primis) a conquistare e impoverire il sud e le isole: storicamente il Veneto, a differenza di altre regioni indicate dalla Lega come Padania, rimase indipendente fino alle guerre napoleoniche e fu un grande polo commerciale medievale con la Serenissima. Il Veneto è una regione con la presenza di una borghesia relativamente forte e dove il nazionalismo non rappresenta i ceti popolari, è piuttosto un vago populismo anti-euro (ma non anti-nato  ne tanto meno anti-UE, dal momento che la Lega vede sempre nell’UE il suo “polo”) che è rappresentato da partiti di nicchia (anche se la Lega Nord Veneto è forza di governo e riprende il “venetismo”). Esiste quindi una differenza tra i nazionalismi come quelli catalano e basco rinati con una forte vocazione antifascista e anti-atlantista, anche per via delle persecuzioni franchiste, e addirittura socialista se pensiamo all’ETA. Ancora oggi i baschi sono perseguitati e di certo la borghesia spagnola, presa dalla crisi sistemica, si renderà più aggressiva per reprimere i movimenti popolari come quello basco.

È impossibile, tuttavia, risolvere la questione nazionale in ambito capitalista, è necessario lottare per il socialismo se si vuole l’autodeterminazione dei popoli e avere il socialismo come obbiettivo principale: i movimenti nazionali infatti, per la loro natura borghese, non porteranno mai al socialismo e giungono anche a compromessi con l’imperialismo: alcune frazioni della borghesia nazionale catalana per esempio non sono contrarie all’UE. L’autodeterminazione dei popoli è principio del  movimento comunista, ma i movimenti di liberazione nazionale non devono tuttavia contrastare la lotta di classe proletaria, come ad esempio movimenti come quello leghista caratterizzati da sciovinismo e razzismo: questi non sono di certo movimenti di liberazione nazionale poiché perseguono la divisione del proletariato per meglio opprimerlo insieme alle altre nazionalità .

I golpisti ucraini poi estremizzano le tendenze leghiste, come emerge dalle dichiarazioni della Tymoshenko: i pogrom dei russofoni e anticomunisti sono un esempio dell’estremizzazione delle tendenze scioviniste. Il golpe va anche letto in un’ottica di reazione anticomunista e filoimperialista: il PCU ha registrato una crescita elettorale molto forte e la fazione europeista della borghesia non ha mai gradito la crescita economica della Russia e delle aziende a essa legata, Gazprom in testa, che operano anche in territorio ucraino. Tali avvenimenti vanno quindi letti come uno scontro tra due oligarchie, una europea e l’altra russa , per il controllo dell’Ucraina.

Il movimento veneto è generato da una borghesia che si vede minacciata dalla crisi e che, per recuperare consensi, usa un patrimonio ideologico nazionalista e identitario, dividendo però il proletariato per meglio sfruttarlo, cercando quindi di porre rimedio temporaneo alla crisi sistemica. Purtroppo anche nel caso della Crimea si ha divisione del proletariato e la borghesia russa prova a usare i movimenti anti-americani in suo favore in modo analogo al Front National (forza politica di destra estrema che rappresenta i settori più sciovinisti della borghesia francese) che usa la questione nazionale per concorrere con le altre borghesie imperialiste occidentali e per saccheggiare e sfruttare il proletariato francese e, in seguito, quello nordafricano.

Infatti il Front National, nonostante la sua contrarietà all’intervento contro la Siria, ha appoggiato l’intervento contro il Mali e continua nel suo lavoro di divisione del proletariato in Francia tra i francesi e gli immigrati. Nel programma del Front National si prevede addirittura il divieto di manifestare per i diritti degli immigrati clandestini: tra questi diritti, che non sono specificati, vi sono anche quelli economici (salario minimo garantito,…) avviando quindi una vera e propria macelleria sociale “identitaria”(i minori salari e i minori diritti degli immigrati scateneranno una guerra tra poveri per il posto di lavoro) giustificando l’attacco alla classe  operaia con gli interessi “nazionali”.

Gli interessi nazionali, mascherati da interessi “popolari”, sono sempre interessi che mirano a dividere i proletari e a distrarli dalla lotta di classe.

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