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Sul caso dei vigili a Roma

Il caso

Capodanno 2015. Il Paese si risveglia dai festeggiamenti del veglione di San Silvestro con i media compatti che tuonano “ A Roma l’83% dei vigili urbani di turno nella notte si da malato”. Puntualissime arrivano le condanne: il Campidoglio da il via al tutto diramando una dura nota stampa, il comandante dei vigili Clemente, ex poliziotto piuttosto fresco di nomina su diretta volontà del sindaco, dichiara che gli assenti hanno infangato l’intero corpo, e subito a seguire il vicesindaco, di SEL, Luigi Nieri accusa gli “assenteisti” di aver compiuti un atto inaccettabile che ha messo a rischio la sicurezza dei cittadini romani, andando oltre “il duro ma leale dialogo” tra l’amministrazione capitolina ed i suoi dipendenti. Non manca nemmeno la presa di posizione della Cgil contro i lavoratori assenti. La miccia è accesa. Sui social network si sviluppa il solito vespaio, con richieste di punizione esemplare inspirate da quel pericoloso veleno giustizialista che offusca il giudizio di molti, figlio di 20 anni di antiberlusconismo legalitario e dei luoghi comuni qualunquisti anti-casta.

Creatosi il clima adatto, interviene il governo. Renzi dichiara che deve finire l’ora dei “fannulloni” tra i dipendenti pubblici:”ci vuole un cambio di regole nel pubblico impiego”. Il ministro della Pubblica Amministrazione Madia sostiene subito una riforma “per premiare i meritevoli e punire gli irresponsabili”. Si attiva subito un gruppo di inchiesta del ministero della Funzione Pubblica, uno dell’organo di garanzia degli scioperi ed uno della procura di Roma. Mentre Marino propone multe fino a 50.000 euro e addirittura il licenziamento per tutti i vigili che quella notte a lavorare non ci sono andati.

Già questa sequela di dichiarazioni dovrebbe spingere ad andare oltre alla superficialità della notizia e al senso comune romano sui “pizzardoni” (che su tante cose e soprattutto in senso ironico può pure essere giustificato). Perché questa storia ha un contesto e, oltre a vigili urbani di Roma, riguarda tutti i lavoratori pubblici.  Quindi, che cosa è successo davvero la notte di Capodanno nella Capitale? Che cosa c’è dietro?

 L’attacco del sindaco Marino ai dipendenti comunali

Per capire questa storia dobbiamo prima di tutto fare un passo indietro e ricostruire una storia sconosciuta a livello di massa e taciuta dai media. Dal 2009 i contratti di tutti i dipendenti delle amministrazioni locali sono bloccati. E come tutti i loro omologhi sul territorio nazionale, anche i 25.000 dipendenti del Comune di Roma erano in attesa di un nuovo contratto. Tra questi, i circa 6.000 vigili urbani rappresentano la componente più numerosa. Il blocco del contratto ha significato anche blocco dei concorsi e delle conseguenti assunzioni, anche dove estremamente necessarie. Seguendo le tendenze nazionali in ogni settore di lavoro da una parte il Comune ha perso tutti i lavoratori andati in pensione senza sostituirli (assenza totale di turnover), dall’altra l’innalzamento dell’età pensionabile ha portato ad un forte “invecchiamento medio”.

In questa situazione, e con le indicazioni arrivate da tutti i decreti presi dal governo negli ultimi mesi (tra cui anche quelli specifici su Roma), il sindaco ha imposto un nuovo contratto per i lavoratori comunali. Ed è importante sottolineare come il contratto sia stato imposto, rifiutando addirittura qualsiasi tavolo di contrattazione sindacale (un elemento che deve far riflettere). Sfruttando una postilla legale, il Campidoglio non si è presentato a nessuno dei tavoli di contrattazione che erano stati indetti, e ha così potuto infine annunciare l’entrata in vigore del nuovo contratto per il 12 gennaio, senza mai essersi nemmeno messi a sedere insieme ai sindacati (non che la cosa avrebbe potuto cambiare chissà che, ma è un ulteriore elemento di chiarezza). Questo è il “duro ma leale dialogo” secondo il vicesindaco Nieri, che in un impeto di democrazia a provato a presentarsi ad un’assemblea di dipendenti comunali in piazza del Campidoglio per spiegargli la “riforma contrattuale” (a cui tiene molto, viste le ripetute dichiarazioni pubbliche a riguardo), salvo poi far intervenire in sua difesa la polizia in tenuta antisommossa vista la reazione dei lavoratori.

Il succo del nuovo “contratto decentrato” varato dalla giunta Marino ( ricordiamo che la maggioranza è di centro sinistra, con principali componenti PD e SEL) è così sintetizzabile: i lavoratori (numericamente inferiori rispetto al momento in cui era stato firmato il precedente contratto) devono lavorare di più e avere un salario più basso.

Nel nuovo contratto spariscono tutte le voci del “salario accessorio”, dovute alla specificità delle mansioni svolte (per esempio le indennità da terminalisti per tutti gli impiegati che lavorano al computer) e le indennità di lavoro notturno e festivo. Questo cambiamento comporta per tutti i dipendenti la perdita sicura di almeno 100/200 euro al mese, su mensilità nette tra i 1200 e i 1600 euro. A sostituirle vediamo delle nuove indennità, assegnate in tronconi basati su tre concetti: flessibilità, merito e produttività. In sostanza, i restanti 200/250 euro prima sicuri in busta paga, ora saranno erogati solo ai lavoratori che dimostreranno “flessibilità” (cioè completa disponibilità alle disposizioni dell’amministrazione comunale) in termini di orari di lavoro e del loro aumento, e in parte solo ai lavoratori “meritevoli” di uffici “meritevoli” che raggiungo non meglio precisati obiettivi strategici.

Marino ha più volte mascherato l’operazione sostenendo che si trattasse di una misura per fermare gli sprechi dovuti a quelli che a suo avvisto erano “premi a pioggia” regalati a tutti i dipendenti comunali. Peccato si trattasse della monetizzazione consistente in busta paga di diritti sacrosanti, che andavano a compensare il mancato adeguamento dello stipendio base dovuta ai continui veti della “parte datoriale”.

L’opposizione, sicuramente insufficiente e talvolta anche goffa ma pur sempre giusta, dei lavoratori del comune, le loro decine di assemblee ed iniziative pubbliche (sempre depotenziate dai sindacati confederali) ed il loro tentativo di sciopero sono passati sotto il più totale silenzio. E così non c’è stata alcuna occasione in cui ci fosse un contraltare alla propaganda del sindaco, ed una parte consistente dell’opinione pubblica è tutt’ora convinta che si tratti di giuste misure per limitare gli sprechi della pubblica amministrazione. Colpendo sempre in basso.

 Cosa è successo ai vigili?

Entriamo rapidamente nel dettaglio del trattamento riservato dal Comune di Roma al suo corpo di polizia locale nei tempi recenti. Risaliamo ad Alemanno che, nel suo piano per la “sicurezza” della capitale, ha ampliato le aree di impiego dei vigili, richiedendogli di svolgere compiti di ordine pubblico. Arrivarono le famose (e ridicole) pistole, senza adeguamenti salariali e senza opposizione degna di nota da parte dei lavoratori. Ed è questa la cosa veramente da biasimare alla categoria: una conflittualità finora nulla ed una fiducia in un potere contrattuale fallimentare, vista la facilità con cui è stato bypassato.

Ma andiamo ancora  avanti. La spending rewiew del 2011 ha avuto un significato particolare per tutte le forze di polizia locale: la perdita della causa di servizio. Ai vigili da allora non è più garantito un equo indennizzo per lesioni, infermità o malattie professionali causate dallo svolgimento del proprio lavoro. Per esempio, se un vigile ha un incidente stradale colla macchina di servizio nello svolgimento delle sue funzioni, non ha più diritto a nulla.

Ed arriviamo ad oggi. Il “contratto decentrato” per i vigili significa perdere l’indennità di servizio esterno per quelli che lavorano in strada (quelli che lavorano in ufficio non ce l’hanno), perdere le indennità per la vigilanza urbana, l’indennità per la manutenzione dell’uniforme e l’indennità per il lavoro notturno e festivo. E per ottenere la totalità della nuova indennità (che equivale all’importo di 2/3 delle precedenti) la richiesta è quella della dilatazione dell’orario di lavoro, lo spostamento dei turni e l’aumento delle funzioni svolte.

L’amministrazione comunale, proseguendo nel solco tracciato da Alemanno, continua ad aumentare i compiti  affidati ai vigili. E questo viene richiesto ad un corpo ormai ridotto dai pensionamenti alle 6.000 unità che ricordavamo prima, quando per la gestione della città di Roma ne servirebbero almeno 8.000. Ma ovviamente Marino non ha alcuna intenzione di sbloccare i concorsi ed assumere  2.000 persone: sarebbe troppo oneroso per il Comune. E coì i vigili non sfuggono ad una sorte che condivido con moltissimi altri lavoratori salariati: mediamente molto più anziani del passato, con la pensione sempre più lontana, devono essere spremuti fino all’osso.

E così i turni di mattina assegnati potranno iniziare a discrezione del comando (“in base alle esigenze operative”) tra le 2:48 e le 9:48. I dipendenti potranno essere richiamati in servizio durante il giorno di riposo, dovranno garantire almeno 6 turni con almeno parte di orario notturno al mese, gli stessi turni saranno basati su un cervellotico sistema informatico per evitare che siano troppo regolarizzati.  Senza contare la parte delle nuove indennità legate alla “produttività di sistema”, una somma tra un voto dato dal comando al vigile ed i risultati raggiunti. Non bisogna fiatare sennò scatta il provvedimento disciplinare, e a prescindere dalle ragioni legali, intanto i soldi in busta paga sono di meno. E possibilmente bisogna fare più multe. Ultima piccola nota sul nuovo contratto: proporzionalmente perdono molto di più i vigili di grado inferiore.

In questi mesi un attacco simile ha risvegliato una qualche conflittualità nei fino ad allora mai vista, ed i vigili hanno partecipato alla mobilitazione di tutti i comunali contro il “contratto decentrato”; con tutti i limiti di questa lotta, ma anche con le sue ragioni. Ed un nuovo attacco, sia “discplinare” che infamante è stata la reazione del Campidoglio. Marino non ha tardato a gettare l’intera categoria nel calderone dello scandalo “Mafia Capitale”. Sia chiaro, i vigili corrotti ci sono, ma sicuramente non lo sono tutti e non la è stragrande maggioranza di quelli dei gradi inferiori. E poi la responsabilità penale resta individuale. La soluzione per il sindaco invece è collettiva e sembra più una punizione per le lotte degli ultimi mesi: etichetta di corrotti appiccicata a tutti e trasferimenti a tappeto. Ed il compito di eseguire l’ordine è stato affidato alla cura del nuovo assessore alla legalità del Campidoglio, il magistrato Alfonso Sabella, che durante il G8 di Genova era coordinatore dell’organizzazione e del controllo sulle attività carceraria e quindi tra i responsabili dei fatti della caserma di Bolzaneto.  In questo clima è arrivato il Capodanno dei “pizzardoni”.

 La notte di Capodanno

Nessuno sui giornali o in televisione si è sognato di spiegare nel dettaglio che cosa è successo la notte di Capodanno. Per il servizio legato agli eventi organizzati dal Comune, era stimato un numero di 700 unità dispiegate nel centro della città. In tutti gli anni precedenti questo numero era coperto esclusivamente attraverso gli straordinari. Ma vista la situazione, per la prima volta i vigili si sono organizzati in maniera veramente compatta e si sono astenuti in maniera pressoché totale dalla disponibilità al lavoro straordinario per tutto il periodo delle feste natalizie, Capodanno compreso. E ricordiamo che l’astensione dal lavoro straordinario è una possibilità garantita da tutti i contratti collettivi.

Il Campidoglio è passato subito all’offensiva mediatica sollevando le prime accuse, ed i sindacati hanno convocato in risposta un’assemblea sindacale proprio nella notte tra il 31 dicembre ed il primo gennaio, dimostrando la consapevolezza del fatto che il Comune sarebbe stato pronto a tutti pur di costringere a lavoro il numero di vigili che voleva. Dopo giorni di tensione, è arrivata la risposta del comando: con il sostegno del Prefetto di Roma e del Garante degli Scioperi l’assemblea è stata dichiarata illegittima attraverso dubbi appigli burocratici e sono partite intimidazioni di vario genere per tutti i partecipanti ad un’eventuale assemblea sindacale, ed altre ancora per costringere i lavoratori a fare gli straordinari. Ovviamente a questo punto i sindacati confederali non hanno esitato cercare di frenare la situazione ed hanno revocato l’assemblea. Ma qui scatta il caso eccezionale: il freno a mano tirato non ha riportato i vigili completamente nei ranghi.

Non riuscendo a coprire neanche così con gli straordinari le sue esigenze per la notte di San Silvestro, il Comune le ha provate tutte per far svolgere in ordinario (quindi tra l’altro senza la maggiorazione oraria dello stipendio) quei turni. Senza alcun preavviso il comando ha spostato tutti i turni di mattina e pomeriggio previsti per il 31 e per il primo alla notte di Capodanno, con annesse minacce di provvedimenti disciplinari e punizioni. Un assaggio di quello che significherà il nuovo contratto.  Il Comando dei vigili a quel punto ha fatto anche ricorso all’istituto della reperibilità, quell’elemento che permette il dispiego di un numero sufficiente di squadre in caso di emergenza e calamità naturale a prescindere da turni e ferie. L’ultima volta era stato usato per l’emergenza neve di qualche anno fa, ed è dura far rientrare un evento come un concerto, organizzato da tempo, nella categoria delle “emergenze”.

A questo punto molti vigili, al di fuori delle strutture sindacali ed in maniera chiaramente disorganizzata, le hanno studiate tutte per non effettuare quel servizio “coatto”. E riguardando i contratti, hanno riscoperto molti diritti, che di certo non sono strumenti di lotta, ma che in mancanza di una direzione politica della faccenda a molti sono sembrati l’unica strada da percorrere: legge 104 per l’assistenza dei familiari, assenza giustificata per visite mediche e per donazione del sangue.

 E da dove spunta questo “83% di assenteisti”? Prima di tutto bisogna dire che dei 6.000 vigili, circa 5.000 erano in ferie, regolarmente autorizzati dal comando. Anzi, a dirla tutta il piano ferie è stato fatto dal comando forzando molti vigili a finire i giorni di ferie e di riposo accumulati entro la fine del 2014. Nulla di imprevisto quindi, tutt’altro. Dei circa 1.000 vigili in servizio (ma in altri turni, come spiegato sopra) si sono riscontrate circa 200 presenze entro la mezzanotte. Da questo calcolo fatto con dati assolutamente parziali e senza alcuna spiegazione, spunta la percentuale degli assenteisti. Ovviamente non vengono calcolati gli oltre 200 vigili che (cosa che non gli fa onore secondo nell’opinione di chi scrive) sono entrati in “servizio coatto” dopo le 24, e quindi direttamente il primo gennaio. Inoltre la maggior parte degli assenti ha semplicemente usufruito di diritti contrattuali come spiegato sopra (soprattutto legge 104 e donazioni di sangue). I malati sono una percentuale minoritaria degli assenti anche secondo i dati più dettagliati fatti circolare, e come qualsiasi lavoratore dipendente hanno quasi tutti ricevuto la puntuale visita del medico fiscale. Quella sul Capodanno romano è quindi una menzogna costruita ad arte.

Alcune valutazioni necessarie

Raccontare la verità che c’è dietro il caso dei vigili di Roma è quanto mai doveroso, visto che il polverone sollevato sta già funzionando da catalizzatore di consenso su una “riforma” del pubblico impiego che porterà ad un attacco senza precedenti ai diritti di tutti i lavoratori pubblici. I dipendenti si ritrovano ad essere i primi di una lista molto lunga, e il “contratto decentrato” imposto da Marino e sostenuto fortemente da PD e SEL non è che l’inizio. Di riflesso raccontare il retroscena dell’imposizione di questo contratto porta a chiarire bene quale tipo di responsabilità comporta l’alleanza col Partito Democratico anche sul piano delle amministrazioni locali. E con l’attacco frontale ai lavoratori cade la maschera della socialdemocrazia, che non fa poi neanche troppi sforzi per tenersela addosso, basti vedere le dichiarazioni di Nieri (ed in tono più conciliante di altri esponenti dello stesso partito).

Sfatare anche in questo caso il mito dell’impiegato pubblico fannullone e privilegiato è un elemento importante per provare a ricucire gli strappi che questo tipo di attacchi mediatici causano nella classe lavoratrice. Ma è solo un primo passo. Perché non si può tacere il fatto che il linciaggio dei vigili anche e soprattutto negli altri settori popolari, e questo livello di divisione tra i lavoratori, trovano responsabilità nel campo sindacale. Se le responsabilità dei sindacati confederali sono note quasi a tutti i livelli, lo devono diventare anche in questo caso specifico. Ma devono esserlo anche le insufficienze dei sindacati di base, incapaci di raccogliere i consensi che potrebbero in questa situazione, e soprattutto di legare seriamente le lotte oltre le divisioni di categoria.

Il governo si sta già sbizzarrendo, e arrivano le più svariate proposte. Oltre a quelle “punitive”, c’è chi ha proposto di togliere all’Asl il controllo sui lavoratori in malattia, e di affidarlo all’Inps. Il commissario dell’Inps, Tiziano Treu (sì, proprio quello delle “pacchetto Treu”), ha già dichiarato che l’istituto da lui diretto può assumere questa funzione spendendo la metà. Chissà che fine faranno i medici fiscali dell’Asl…

In questo quadro però, non ci si può limitare a difendere delle lotte di retroguardia disorganizzate ed improvvisate che si ritrovano puntualmente a perdere vista la loro natura. Certo, sono elementi positivi rispetto anche alla tenuta in senso anticonflittuale dei sindacati confederali. Ma non bastano. Bisogna gettarsi a capofitto nelle contraddizioni generate da questi attacchi ai lavoratori, e approfittare dello scollamento tra masse sempre più ampie di lavoratori ed i partiti borghesi con i loro sindacati di riferimento. In questo contesto i comunisti devono tornare ad esercitare una chiara direzione politica nei confronti dei lavoratori che vengono abbandonati a loro stessi, ed i lavoratori del pubblico impiego che subiranno l’attacco nei prossimi mesi non fanno eccezione. La guerra è lunga e necessita di organizzazione.

 

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