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La scuola dei padroni ai tempi del Covid

di Matteo Battilani

Dopo quasi 6 mesi di Dad, e qualche settimana in presenza, il governo ha deciso di riaprire le scuole per una seconda volta e, proprio come a settembre, senza prendere nessuna misura straordinaria che consenta un rientro in sicurezza. Siamo tornati 50% in presenza e 50% a distanza, ma, con i contagi che aumentano e senza investimenti sufficienti per i trasporti e per allestire nuovi spazi, il triste destino degli studenti potrebbe essere quello di tornare, per la seconda volta, al 100% in Dad.

La questione del rientro in sicurezza nel dibattito fra Governo e regioni è posta sempre come un problema di incapacità o di cattiva gestione, ma la realtà è ben diversa. La situazione precaria che vivono gli studenti in bilico tra dad e scuola in presenza non è causata dalla “incompetenza” del Governo o della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, i quali sanno benissimo cosa servirebbe per garantire la sicurezza a scuola. Il motivo per cui non abbiamo avuto un rientro a scuola in sicurezza a settembre, e per cui non lo stiamo avendo in questi giorni, è che il Governo risponde a degli interessi economici ben precisi, e che per questo la sicurezza degli studenti non rientra nelle sue priorità. Per fare un esempio: anche quando il picco pandemico era al massimo il governo ha lasciato le attività economiche non essenziali aperte, mettendo a rischio la salute dei lavoratori, e sotto Natale, con i contagi che aumentavano, ha fatto la stessa cosa con i negozi per permettere il frenetico shopping natalizio e garantire profitti alle imprese. Sapevamo tutti a cosa avrebbero portato queste scelte, ed eccoci qui, con i contagi in aumento almeno quanto i profitti dei grandi industriali; qualcuno crede davvero che siano stati solo degli errori?

In tutto questo il Governo non sembra puntare sulla sicurezza degli studenti. In realtà i soldi nel settore scolastico vengono investiti (per quanto facciano ridere 1,5 miliardi su 24 tagliati tagliati negli ultimi 20 anni ad opera del centro-sinistra e della destra), ma non arrivano dove ne avremmo realmente bisogno, sono “investiti” in altro modo. Se da un lato il Governo non è disposto a investire sull’edilizia scolastica, sui trasporti o sui docenti (settori non direttamente profittevoli), al contrario, è particolarmente entusiasta di spingere sui PCTO (ex alternanza scuola-lavoro), che si inseriscono in un progetto di riorganizzazione della scuola che l’ha resa sempre di più asservita alle aziende. In sostanza gli investimenti sulla istruzione li stanno facendo, e si tratta comunque di somme esigue, ma solamente dove conviene ai padroni e non dove servirebbero veramente.

La legge di bilancio di quest’anno rappresenta perfettamente questa situazione[1][4].  Di 1,5 miliardi di investimenti nella scuola (che l’Azzolina ha raccontato essere 3,7 “scordandosi” che 2,2 miliardi venivano dalla spesa corrente), una parte molto consistente viene utilizzata a solo vantaggio delle imprese. Per i PCTO e gli stage (“sistema duale”) vengono destinati in totale 180 milioni (175 l’anno prossimo); per i comodati d’uso solamente 20, 50 milioni in meno dell’anno scorso. Allo stesso modo la legge di bilancio stanzia 30 milioni per le scuole private; Per quanto riguarda l’edilizia scolastica risultano 1,5 miliardi di euro, un grande risultato secondo la ministra Azzolina, che si scorda di nuovo di dirci che quella somma è da considerarsi nella spesa corrente. Insomma nulla di nuovo dopo anni di tagli miliardari per rispettare i diktat dell’Unione Europea con il risultato di classi pollaio, edifici scolastici insicuri e fatiscenti. I 180 milioni dei PCTO potevano aggiungersi ai 350 per i trasporti o ai 10 milioni per la formazione dei docenti, ma non è un caso se, nonostante la situazione emergenziale nei luoghi di lavoro e l’impossibilità di svolgere i PCTO, il Governo abbia dato la priorità a questa voce.

La decisione di aumentare ulteriormente i fondi alle scuole private avviene con la clausola che gli istituti in questione siano frequentati da studenti con disabilità, quello che stupisce è che al posto di potenziare il sistema scolastico pubblico e renderlo accessibile a tutti si aumentano ancora i soldi per i privati. Una scelta in linea con le politiche degli ultimi anni di aumento dei fondi alle scuole “paritarie” a discapito dell’istruzione pubblica rendendo di fatto l’accesso agli studi un fattore maggiormente di classe sociale.

Un altro esempio interessante è quello del recovery fund, il piano europeo di finanziamenti che il Governo sta provando a ottenere e i cui beneficiari saranno prevalentemente le aziende, a spese dei lavoratori che dovranno ripagarne i debiti con la fiscalità generale, ossia le tasse, coperta all’80% dal lavoro salariato. Dei 19 miliardi (circa il 10% del fondo) alla voce “istruzione e ricerca”, 10 miliardi sono stanziati per il potenziamento della didattica e del diritto allo studio, mentre 9  vanno alla voce “dalla ricerca all’impresa”, e sono distribuiti in modo uniforme fino al 2027. Sono però veramente soldi che vanno alla scuola e alla ricerca? Dei primi 10 miliardi, 2,83 sono alla voce “professionalizzazione ITS”, “formazione professionalizzante in collaborazione con le università” e “ricercatori a tempo determinato”; Dei 9 miliardi alla “ricerca” praticamente tutte le voci sono vincolate a progetti per la piccola media impresa e per le START-UP, togliendo alla ricerca e all’università quel poco che gli veniva destinato e reindirizzandolo un’altra volta ai privati [2].

Il modo in cui vengono indirizzati i fondi europei e i soldi della legge di bilancio non è casuale o frutto di un errore strategico, ma è in linea con il progetto di riorganizzazione della scuola che è iniziato nel 1997 con il primo governo Prodi, e che trova una degna erede nella ministra Azzolina e nel governo Conte II. Lo smantellamento della scuola pubblica è iniziato vent’anni fa con “l’autonomia scolastica” e la “scuola-azienda”, un nuovo modello di scuola indipendente nel gestire i propri bilanci. Questo modello di scuola che doveva essere l’avanguardia dell’efficienza e dell’innovazione si è rivelato un modo per mascherare gli ingenti tagli all’istruzione pubblica, costringendo gli istituti ad affidarsi ai privati e aumentando il gap fra scuole di serie “A” e scuole di serie “B”. Qualche anno dopo l’autonomia è stata proposta l’alternanza scuola-lavoro (oggi PCTO) dal Governo Renzi con la Buona Scuola che, senza nascondere il suo intento, aveva come obbiettivo fin dal principio l’ingresso dei privati nella scuola pubblica. L’alternanza infatti si è trasformata fin da subito in uno strumento delle aziende per risparmiare sulla formazione aziendale e per ottenere della manodopera gratuita da tecnici e professionali. Le aziende, beneficiando di ingenti sgravi fiscali, si sono potute inserire nel bilancio di tantissime scuole creando forti legami di dipendenza, per non dire sciacallaggio, e ovviamente con un vantaggio unilaterale. Oggi l’operazione di rilancio dei PCTO e di privatizzazione è in linea con i governi precedenti e corrisponde perfettamente con l’agenda di Confindustria, la quale a marzo, nel “piano per evitare il rallentamento dell’economia”, chiedeva al governo incentivi per gli stage e per i PCTO e in particolare per i tecnici e professionali [3]. Questi incentivi, come si evince dalla legge di bilancio, stanno arrivando puntualmente. Inoltre dall’inizio dell’anno scolastico il Governo non ha preso nessun provvedimento per sospendere l’alternanza permettendo alle scuole di continuare a inviare gli studenti nei luoghi di lavoro mentre le lezioni in presenza non erano consentite e non lo sono tutt’oggi in molte regioni. Questa è solo l’ennesima scelta che mette a rischio la salute degli studenti e dimostra le reali priorità dell’esecutivo, anche per questo le scuole si mobilitano in tutta Italia il 29 gennaio nella data dello sciopero generale.

La decisione di ripartire i fondi alla scuola in questo modo non è un errore, ma è una scelta politica dettata da interessi economici ben precisi che vanno nell’ordine di un sempre maggiore protagonismo delle aziende nella scuola. Per questo motivo è assolutamente sbagliata la retorica del “governo incompetente”: il Governo è competentissimo nel fare gli interessi dei padroni. È riduttivo individuare nei banchi con le rotelle il problema principale della gestione Azzolina: questa operazione di dubbia utilità non è neanche lontanamente paragonabile ai miliardi di euro che vengono tolti alla nostra formazione per garantire il profitto delle aziende. Dobbiamo essere a coscienza di quello che sta succedendo e non credere per davvero che una ministra, circondata da centinaia di tecnici e personale specializzato, non sapesse benissimo cosa sarebbe servito per un rientro in sicurezza. Il rientro in sicurezza non c’è stato perché il Governo sta con gli industriali dallo stesso lato della barricata. Noi stiamo dall’altro.

[1] https://www.ansa.it/canale_legalita_scuola/notizie/miur/2020/12/30/manovra-dalla-maturita-al-sostegno-le-misure-per-la-scuola_68e6e2a7-150f-4307-991c-edf01016fdbe.html

[2] https://www.fasi.biz/it/notizie/strategie/22519-recovery-fund-recovery-plan-piano-ripresa-resilienza.html

[3] https://www.mise.gov.it/index.php/it/198-notizie-stampa/2039200-definiti-gli-ambiti-strategici-di-intervento-per-il-futuro-dell-industria-europea

[4] https://www.orizzontescuola.it/legge-di-bilancio-pubblicata-in-gazzetta-ufficiale-cosa-cambia-per-la-scuola/

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