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Abusi, umiliazioni e sfruttamento in reparto: i racconti delle studentesse del Policlinico di Roma

La presente inchiesta è stata realizzata col contributo di alcuni rappresentanti degli studenti dell’Università La Sapienza di Roma eletti nelle liste del Fronte della Gioventù Comunista e mira a raccogliere testimonianze dirette sulle condizioni in cui si svolgono i tirocini delle professioni sanitarie presso il Policlinico Umberto I, dopo ad Ottobre 2022 si è reso scenario di un episodio di denuncia per violenza sessuale da parte di una studentessa. Tutte le dichiarazioni sono state raccolte nel completo anonimato delle testimonianti, i nomi sono puramente casuali e di fantasia, per tutela della privacy e per prevenire eventuali ritorsioni verso le studentesse. 


Io ho ricevuto battute sessuali ed è capitato anche alle mie colleghe, a volte anche alle infermiere stesse, da parte dei colleghi maschi. Ho subito maltrattamenti, umiliazioni ed episodi di nonnismo.” Racconta Patrizia (ndr nome di fantasia). 

Solo nel quinquennio tra il 2017 e il 2021 sono avvenuti circa 20.500 infortuni femminili riconosciuti dall’INAIL in contesti lavorativi per “violenza, aggressione, minaccia”. Sembra che il settore sanitario ed assistenziale rappresenti una peculiarità da questo punto di vista, con tassi di incidenza relativi ad episodi di violenza ed aggressione ai danni delle lavoratrici molto più alti rispetto alla media di altri contesti lavorativi. Il 60% complessivo delle donne che hanno subito una qualche forma di violenza sul luogo di lavoro sono impiegate nel settore sanitario e sociale. Sono circa 2000 all’anno le segnalazioni di episodi di vessazioni e violenze da parte dei lavoratori della sanità: il 74% di queste vittime risultano essere donne.

L’inchiesta che abbiamo condotto è volta a far emergere la drammaticità di questo fenomeno partendo dal porre attenzione e dare voce alle studentesse tirocinanti delle professioni sanitarie presso il Policlinico Universitario de La Sapienza.  Ad ottobre 2022, infatti, il Policlinico si era reso scenario di una denuncia da parte di una studentessa per un atto di violenza sessuale verificatosi durante lo svolgimento del proprio tirocinio universitario da parte del suo tutor infermiere. L’amministrazione del Policlinico ha depositato querela dopo l’accaduto, in cui l’azienda sanitaria si è costituita come parte civile. Il responsabile è stato identificato e denunciato all’autorità giudiziaria mentre l’azienda ha provveduto ad avviare il procedimento di sospensione immediata dal servizio. “Quanto accaduto è gravissimo ed intollerabile perché oltre ad aver colpito in modo ignobile una giovane donna in servizio perché tirocinante della sua futura professione, colpisce e diffama un’intera categoria di operatori. Lavoratori della sanità che quotidianamente all’interno dei reparti del nostro ospedale si impegnano per la cura delle persone e non per atti di violenza contro le donne” sostiene in una nota il Direttore generale del Policlinico.

Le indagini sono tuttora in corso.


LE SEGNALAZIONI MAI ASCOLTATE DEGLI ABUSI SUBITI DALLE STUDENTESSE

Ho lavorato con questo infermiere in turno nel reparto di Urologia e faceva battute a sfondo sessuale, gesti per imitare l’atto e cercava contatto fisico. La stessa cosa è capitata a una mia collega”, ci racconta Giorgia (ndr. nome di fantasia). “Ho segnalato questa cosa al coordinatore che mi ha detto che questo stesso infermiere aveva già altre segnalazioni e che era recidivo, era stato allontanato da un altro reparto per molestie.” 

La prima cosa che le intervistate hanno tenuto a sottolineare è che nel contesto della facoltà in molti erano a conoscenza, ben prima che si arrivasse ad una violenza sessuale, del fatto che già da tempo alcune studentesse erano vittime di abusi e atteggiamenti discriminatori.

Una situazione, a detta di Laura (ndr. nome di fantasia), presente anche in altri reparti, attenzionata da parte delle tirocinanti ai propri tutor di riferimento eppure non affrontata sul piano istituzionale. “Ho parlato con altre ragazze che hanno avuto esperienze simili sia con lo stesso infermiere che ha violentato la nostra collega qualche tempo fa, sia in altri reparti. – ci dice la studentessa – La situazione nel reparto di urologia era ben nota da parecchio tempo, al punto che ultimamente avevo sentito anche della presenza di telecamere negli spogliatoi per spiare le ragazze che si cambiavano. Ho conosciuto più studentesse che mi hanno raccontato di essere state prima maltrattate verbalmente e poi molestate da quell’infermiere e che hanno segnalato questi abusi ai propri tutor didattici. Il problema delle molestie e dei comportamenti inappropriati nei confronti delle tirocinanti è decisamente vergognoso, si sente spesso parlare di molestie verbali o fisiche in reparto.”

Ginevra (ndr nome di fantasia) pensa di essere una delle tirocinanti riprese dalle telecamere messe da un infermiere in una stanza usata come magazzino e spogliatoio. Ci racconta che a settembre una studentessa si era accorta di queste telecamere e aveva denunciato la cosa, da allora non hanno più saputo nulla, non sanno se ci siano delle indagini in corso e quindi nemmeno se siano state effettivamente riprese o no.

Non soltanto molestie a sfondo sessuale, ma anche episodi di nonnismo o atteggiamenti che nulla hanno a che fare con dei contesti che dovrebbero essere formativi. “Io in primis ho vissuto episodi di nonnismo”- ci racconta sempre Laura (ndr. nome di fantasia) – “Ma soprattutto, una mia collega mi ha raccontato di una sua esperienza poco piacevole in un reparto: invece di insegnarle cose che non conosceva, gli infermieri la umiliavano verbalmente. A questi maltrattamenti spesso venivano accompagnate battute di cattivo gusto sulla vita personale delle studentesse e cose simili.

Molestie, proposte indecenti, “toccate” indesiderate e abusi sessuali durante il corso del tirocinio da parte di chi dovrebbe formare e insegnare alle studentesse. Tutti eventi che, al netto di varie segnalazioni avanzate a chi di dovere nel corso degli anni, sembra che abbiano provocato come unici provvedimenti solo spostamenti di reparto.

C’E’ CHI ADDIRITTURA HA SCELTO DI CAMBIARE STRADA

Una delle studentesse che abbiamo intervistato ha da poco cambiato corso di studi, dopo un anno trascorso nel corso di infermieristica: questo breve lasso di tempo le è bastato per scontrarsi con quella che sembra essere una realtà abbastanza condivisa tra le tirocinanti. Teresa (ndr nome di fantasia) ci racconta che quando studiava lì il clima era più o meno uguale “Lo scorso anno alcune ragazze del mio corso sono state molestate nel reparto di urologia e abbiamo fatto presente la questione ai coordinatori e ai professori i quali ci hanno garantito che sarebbero stati presi provvedimenti. I provvedimenti sono stati mandare nel reparto di urologia i tirocinanti del corso C anziché quelli del corso A. Poi, da quanto ho capito, non era la prima volta che succedevano cose del genere.” 

L’ex studentessa continua poi raccontandoci cosa l’ha spinta a prendere la decisione di cambiare corso di studi, ponendo alla nostra attenzione carenze e contraddizioni relative alla didattica del corso di studi in infermieristica e alle prospettive sulle condizioni lavorative che ne conseguono:  “Ho cambiato corso di studi anche perché non valeva la pena fare l’infermiera a queste condizioni, anche se mi sarebbe piaciuto tantissimo, perché così è uno strazio e basta. Devi stare tutto il giorno a combattere con il fatto che mancano i materiali, ti trattano male, fai spesso la notte, non ti pagano durante il tirocinio e da laureata sarei stata pagata una miseria, l’ambiente in reparto non è sereno quindi ho capito che non era per me, ma non per il tipo di lavoro, che ripeto, mi sarebbe piaciuto fare, ma ho visto che per come veniva fatto non ne valeva la pena.” 

Teresa (ndr. nome di fantasia) non è l’unica studentessa ad aver deciso di cambiare corso per problematiche relative alla didattica o alla disponibilità dei professori. Anche Ludovica (ndr nome di fantasia) ha riscontrato vari problemi con i professori del suo canale che non mettevano il materiale didattico a disposizione o che  facevano esami a porte chiuse, bocciando spesso per futili motivi. Per queste problematiche ha infatti deciso di cambiare canale e ha incontrato però diversi problemi burocratici: professori irreperibili per poterle convalidare gli esami e permetterle quindi di sostenere gli esami del secondo anno. Racconta che ora nel nuovo canale si trova meglio sia con i professori che con la direzione, però sottolinea come non sia giusto che una buona qualità del diritto allo studio non sia garantita a tutti in maniera omogenea ma che dipenda dal canale di studio, dai professori e anche dai reparti e dal personale che trovi, nel caso del tirocinio in ospedale.

MALTRATTAMENTI E STRESS PSICOLOGICO: COSI’ SI INSEGNA NEI REPARTI

Molestie ed abusi non sono l’unica cosa che le tirocinanti che abbiamo intervistato ci hanno segnalato: riferiscono anche di maltrattamenti e mancanze di rispetto da parte dei loro superiori. Oltre a questo, alcune studentesse riferiscono dell’esistenza di una sorta di gerarchia tra i membri del personale, per cui perfino cibo e acqua vengono assegnati prima a medici, poi infermieri e specializzandi e infine, se ne rimangono, ai e alle tirocinanti. “Spesso non ci davano l’acqua, se non te la portavi da casa non bevevi, perché non sono previste bottigliette d’acqua per i tirocinanti e nei rubinetti del policlinico c’è la legionella. In pratica se ti dimenticavi l’acqua a casa o non bevevi o la prendevi di nascosto.” Spiega Tiziana (ndr, nome di fantasia).

Paola (ndr, nome di fantasia) è contenta di essere ascoltata e ha voglia di riferire tutta quella che è la sua esperienza. Racconta che studia infermieristica perché non è riuscita ad entrare a Medicina, anche se ci ha provato due volte. Era molto entusiasta all’inizio del suo percorso, ma confessa che a volte ha anche pensato di rinunciare per lo stress psicologico che studiare e contemporaneamente lavorare come tirocinante comporta. “Spesso incontri persone demotivanti e che ti fanno terrorismo psicologico o ti mettono troppa pressione o al contrario che non ti insegnano nulla e che ti usano come manodopera per svolgere le attività che non piace fare agli infermieri, come le cure igieniche. Ti senti una nullità. – ci spiega durante l’intervista- Spesso non hai nemmeno il tempo di mangiare o andare in bagno. Diventi una tuttofare, un mulo che non finisce più di fare cose e ti ritrovi a correre da una parte all’altra sperando di non essere sola in reparto per non faticare il doppio e a questo punto anche per non essere aggredita sessualmente.”

“Fare tirocinio per me è un’esperienza molto motivante e bella che mi arricchisce tanto, però molto spesso prima di ricevere l’assegnazione, che arriva quasi sempre la sera prima, sto in una situazione di ansia perché ho il timore di poter finire in un reparto in cui non verrei trattata nel modo giusto o di ritrovarmi in situazioni come quelle successe alla ragazza perché non si ha mai la certezza di trovare persone per bene in reparto.” Racconta Alessandra (ndr, nome di fantasia).

SFRUTTAMENTO E FORMAZIONE NON ASSICURATA

Dalle interviste emergono in maniera evidente anche problematiche didattiche, legate all’organizzazione e all’efficacia del tirocinio. “Ho fatto tre tirocini: nei primi due non ho imparato niente, solo al terzo”, ci racconta Chiara (ndr nome di fantasia). “Al primo anno non si veniva trattati in modo decente, sempre con questa cosa che dovevamo sbrigare faccende che c’entravano poco con quello che studiavamo e quindi ci mettevano i piedi in testa e ci facevano fare il lavoro che a loro non andava di fare; oppure al contrario, ci davano responsabilità che non ci spettavano. E’ un sopravvivere. L’ultimo tirocinio è stato ottimo, ho imparato. In altri pulisci e basta e poi passi a fare terapia, cosa che in primo anno non andrebbe fatto, avevo paura di sbagliare e anche che si arrabbiassero con me. Non fanno da tutor agli studenti ma se ne approfittano e basta, non sono tutti così ovviamente. Ci prendono come se fossimo gli agnellini della situazione.” 

Imparare o essere solo sfruttati, dipende dal caso. “Per quanto riguarda il tirocinio in sé dipende tutto dal tutor con cui capiti: c’è chi non ti insegna nulla, c’è chi ti manda tutto il giorno con l’OSS, ma c’è anche chi ti fa pulire il pavimento e le mensole e poi ci stanno quello bravi che ti insegnano qualcosa.– Spiega Paola (ndr, nome di fantasia) – I tirocini non sono retribuiti e ovviamente tutto ciò che ti serve per fare il tirocinio non viene fornito dalla struttura o dall’università, quindi ad esempio la divisa o le cose che ti servono per i laboratori te le devi comprare da sola, e a volte anche le visite mediche necessarie per svolgere il tirocinio sono a spese tue”.

“Io non posso dire molto in quanto durante queste sessioni di tirocinio del primo anno mi è capitata un’esperienza un po’ sgradevole solo in uno dei quattro tirocini che ho svolto. In questa situazione è capitato che non fossero forniti dei DPI senza lattice adatti per soggetti allergici che quindi si sono dovuti arrangiare a proprie spese. – Racconta Rebecca (ndr, nome di fantasia) – A livello di personale non posso dire nulla in quanto mi sono trovata a collaborare e a imparare cose da infermieri molto competenti che mi hanno riconosciuto in quanto studentessa e non come “la forza lavoro” come accade invece spesso quando si cerca di sopperire alla carenza di personale con noi tirocinanti, magari affiancandoci totalmente alle figure degli OSS.”

In ognuna delle testimonianze delle studentesse emergono chiare problematiche di carattere sindacale, a partire dal fatto che il percorso di tirocinio formativo è equiparabile ad un vero e proprio lavoro, molto simile per orari e mansioni a quello dei colleghi già infermieri o al ruolo degli OSS, per il quale non è previsto nessun pagamento e nemmeno un rimborso spese. Nemmeno la formazione, scopo primario del tirocinio,  risulta essere assicurata, come emerge dalle loro testimonianze: ci raccontano che non di rado è capitato che venissero mandate a fare tirocinio senza prima aver fatto laboratorio, un’attività essenziale per fornire agli studenti che si apprestano ad avere un contatto diretto con il mondo lavorativo, la preparazione e le competenze necessarie per poterlo svolgere al meglio. 

Tutte le intervistate pongono l’attenzione sulla mancanza di materiali essenziali in alcuni reparti, come guanti, lacci emostatici, siringhe, garze e lenzuola. “Poi parlando proprio delle condizioni dei reparti mancava di tutto, a volte stavi senza pannoloni e non potevi cambiare il paziente, o stavi senza lenzuola, o senza guanti, o senza farmaci. Comunque dipende tantissimo dal reparto in cui capiti.” – ci riferisce Grazia (ndr, nome di fantasia).


I racconti delle studentesse ci descrivono una condizione lavorativa inaccettabile che non può più essere ignorata e silenziosamente accettata. Gli studenti del Fronte della Gioventù Comunista continueranno a lottare al fianco delle tirocinanti per cambiare questo sistema e per rivendicare insieme a tutti gli studenti e le studentesse un luogo di studio e lavoro sicuro, libero da violenze e soprusi, la garanzia di una degna formazione, garantita per tutti e slegata da qualsivoglia tipo di sfruttamento. Le pagine del giornale rimangono a disposizione di chiunque voglia denunciare episodi analoghi.

 

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