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Nelle mani di Duckadam, lo Steaua Bucarest sul tetto del mondo

Nel vecchio continente il calcio, lo sappiamo, è lo sport più praticato e più seguito anche per le sue tradizioni popolari e il suo essere accessibile a tutti, con il minimo di spesa per un pallone. I campi di gioco vengono in secondo piano: San Siro, Olimpico, campetto di terza categoria, parrocchiale. Naturalmente anche parchi, piste sociali, strade e quartieri. Tutto è adatto per divertirsi e godersi questo magnifico sport.
Come abbiamo più volte analizzato e denunciato però il sistema del profitto, uno dei pilastri del sistema capitalista, ha rovinato sempre più lo Sport e con esso anche il calcio, dove le possibilità di lucrare sono maggiori che in altri settori: basti pensare che la manifestazione continentale più importante, la Champions League (quella che in Italia prima del diffondersi di questa mania di utilizzare termini anglofoni si chiamava Coppa Campioni) ha un giro di affari che sfiora un miliardo e mezzo di euro!

Un business che attira le attenzioni di importanti miliardari che decidono di investire in questo campo: dalla Russia agli Emirati Arabi, dagli Stati Uniti alla Thailandia fino all’estremo oriente (non fa eccezione neanche il “piccolo” Leicester di Vardy e Ranieri), non c’è miliardario che non abbia messo gli occhi su questo giocattolo.

Ci soffermiamo allora, tornando indietro di 30 anni, su una favola sportiva di altri tempi, quando ancora non erano soltanto i soldi ad essere fattori determinanti per il successo sportivo. Storia non molto pubblicizzata e conosciuta, ma lo sappiamo: l’interesse mediatico per una squadra rumena, dall’altra parte della cortina di ferro, senza campioni affermati e dirigenti famosi, non può essere lo stesso riservato alle artificiose e danarose favole occidentali.

La coppa dalle grandi orecchie

La coppa dei Campioni del 1985-86 vede l’assenza delle squadre inglesi, squalificate a seguito della strage dell’Heysel in cui in occasione della finale, per un crollo della struttura riservata ai tifosi juventini (attaccati dagli Hooligans inglesi), morirono 39 persone. I favoriti del torneo sono gli spagnoli del Barcellona e i belgi dell’Anderlecht, ma contro ogni pronostico saranno i rumeni della Steaua Bucarest a vincere la competizione. La Steaua Bucarest era la squadra dell’esercito romeno. Nasce nel 1947 con il nome di “Asociatia Sportiva a Armatei” e nel 1961 assume il nome di Steaua Bucarest. Durante il dopoguerra la squadra si afferma a livello nazionale vincendo numerosi campionati e coppe nazionali, fino ad arrivare,tra la fine degli anni 70 e i primi anni 80, nel periodo economicamente più povero per la squadra, a “digiunare” di successi. Solo nella stagione 84-85 la squadra, guidata dall’allenatore Jenei, riuscirà a riconquistare il titolo nazionale, guadagnandosi il diritto di giocare la Coppa dei Campioni 1985-86.

A Siviglia, nello stadio Ramon Sanchez Pizjuan, il 7 Maggio 1986 va in scena la finale che vede contrapporsi il Barcellona, e per l’appunto la compagine rumena, vera sorpresa del torneo: nei turni precedenti aveva superato prima i Danesi del Vejle e gli Ungheresi dell’Honved, avversari tutt’altro che irresistibili, per arrivare poi ai quarti dove faticherà con i Finlandesi del Kuusysi Lathi qualificandosi soltanto all’ultimo respiro grazie a un gol del bomber Piturca.
Il primo vero “miracolo” è invece la vittoria contro l’Anderlecht di Scifo in semifinale superandoli addirittura 3-0 nel ritorno in Romania. La tanto agognata finale di Siviglia, con un po di fortuna e molta bravura, viene raggiunta: la Steaua è considerata, per forza di cose, come vittima sacrificale per il primo successo catalano (come sono lontani i successi e il dominio della squadra di oggi!!) . Tutto gioca a sfavore dei rumeni, la minor esperienza internazionale, il fatto di giocare di sera, inusuale all’epoca per una squadra romena, la quasi assenza di tifosi rumeni, soltanto 1000, contro più di 65000 catalani e il minor tasso tecnico. Il copione sembra già scritto, ma quella notte succede l’impensabile. La Steaua riesce a portare la partita ai rigori ed a giocarsi il tutto per tutto. Qui, Duckadam portiere della Steaua esaltandosi, diventa l’eroe della serata parando addirittura quattro rigori e grazie alle realizzazioni di Lacatus e Balint, lo Steaua riesce a laurearsi campione d’Europa. Per la prima volta una squadra del blocco est riesce a vincere la coppa dalle grandi orecchie, grazie a giocatori come l’ala Lacatus, la punta Piturca, il libero Belodedici (che sarà campione d’Europa anche con la Stella Rossa di Belgrado) e il portiere Duckadam.

Egli, sarà costretto poi a chiudere la carriera per una trombosi diagnosticata ad una mano, ma la macchina mediatica occidentale si era già messa in moto contro il Paese e il suo sistema politico: venne fatta girare infatti la notizia che il portiere fosse stato in realtà selvaggiamente picchiato dalla Securitate, polizia segreta rumena, a causa di un presunto contrasto che ebbe con Valentin Ceausescu, figlio di Nicolae, Presidente dello Stato. Secondo questa leggenda egli fece picchiare Duckadam, per il rifiuto di quest’ultimo di consegnargli una Mercedes regalategli dal Real Madrid. Questa versione verrà smentita dallo stesso Duckadam nel 2007: “Non era vera quella storia. In realtà l’unica automobile che ricevetti fu una Dacia, di fabbricazione rumena. Ed assieme a duecento dollari, fu tutto il premio per la vittoria in Coppa dei Campioni.” e che la “(sua) carriera ebbe un brusco stop a causa di un grumo di sangue che si è spostato al suo braccio destro” facendogli addirittura correre il rischio dell’amputazione dell’arto. Prove di manipolazioni mediatiche che avranno il loro culmine nei tragici fatti della controrivoluzione del 1989.

Oggi in un mondo del calcio in cui le logiche del profitto la fanno sempre più da padrone, con giocatori che prendono stipendi milionari, con un costo del calcio che tende ad allontanare sempre più le famiglie proletarie da questo sport (basti pensare ai costi dello stadio e delle pay-tv) la storia della Steaua Bucarest ci trasmette ancora oggi degli insegnamenti. Come, ad esempio, il successo nello sport sia possibile senza vendersi al “dio denaro”, ma altresì rivoluzionando i rapporti sociali ed economici come condicio sine qua non, investendo nello sport, come metodo d’educazione e di formazione, permettendo a tutti i giovani di poterlo praticare senza discriminazioni economiche e di classe, riconsegnandoci uno sport realmente popolare.

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