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Corteo "Accoglienza e solidarietà con tutti gli immigrati contro il razzismo"

Il nemico non è lo straniero ma il capitale

di Salvatore Vicario

E’ di queste ore la notizia diffusa dalla stampa dell’uccisione di un giovane italiano massacrato di botte in Gran Bretagna accusato di “rubare il lavoro agli inglese”; stava lavorando da qualche giorno come cameriere in un ristorante. L’ennesima dimostrazione di dove ci vogliono condurre.

Nell’ultimo periodo sono ripresi con forza i flussi migratori nelle coste siciliane con numerosi “eventi tragici” (per usare la terminologia mediatica) che hanno colpito la sensibilità delle masse popolari siciliane e nazionali su cui i politicanti borghesi e media hanno acceso il loro teatrino, con opinioni e posizioni espresse che variano dal pietismo “finto-umano” allo sprezzante populismo: abbiamo assistito così alle passerelle di soggetti del governo nazionale e dell’UE a Lampedusa (dopo quella di Papa Francesco con le sue preghiere, carezze e santini), che con le loro facce di bronzo hanno promesso “aiuti e interventi” e degli ipocriti “funerali di stato” che non ci sono mai stati, così come i lampedusani sanno non ci saranno mai neanche gli “aiuti e interventi” che loro si aspettano.

La borghesia e la politica borghese nazionale e europea, non darà mai risposte soddisfacenti gli interessi popolari poiché la loro necessità e quella di utilizzare l’”immigrazione”, sia come “strumento elettorale” e sia soprattutto come “esercito industriale di riserva”, orientando con un uso ad hoc dei mezzi di comunicazione la rabbia e il disagio sociale delle masse lavoratrici e popolari italiane contro l’ “immigrato” per scatenare la “guerra tra poveri”. Nelle ultime settimane però abbiamo assistito ad importanti risposte popolari, sia a Lampedusa che nel resto d’Italia, che respingono questi intenti con dure contestazioni ai governanti borghesi, ma anche e soprattutto con la grande partecipazione dei migranti alle giornate di lotta (lo sciopero generale e la manifestazione del 19 Ottobre) che si vanno sviluppando nel paese. Su tutte va rilevata la lotta dei lavoratori facchini della logistica, che da mesi lottano contro le condizioni lavorative imposte da multinazionali come IKEA e Granarolo ed oggi sono un esempio di lotta e organizzazione, di tenacia e coraggio continuando la lotta contro i licenziamenti subiti. Questo rigetta nei fatti, la tesi avanzata da alcuni settori che definiamo politicamente “ambigui” che negli ultimi anni hanno preso piede in Italia con influenza nella vasta galassia della sinistra radicale, secondo cui l’immigrato è di per sé “sotto-proletariato nemico del lavoratore italiano”.

La migrazione interna (campagna-città) e esterna (paese d’origine-paese straniero) è un fattore oggettivo esistente fin dalla nascita del capitalismo che attraversa i popoli e le epoche. Ci occupiamo essenzialmente della migrazione esterna; L’Italia nei secoli è stata esportatrice “selvaggia” di manodopera nelle Americhe, esportatrice “controllata” nell’era fascista di manodopera svenduta ad esempio ai padroni belgi in cambio del carbone, così come anche oggi è esportatrice di manodopera e di tecnici qualificati alla ricerca di migliori fortune e opportunità che vanno via dall’Italia. Allo stesso tempo l’Italia è un paese che subisce particolarmente l’immigrazione “selvaggia”, con manodopera non qualificata e pronta a tutto (così come gli italiani nelle Americhe).  La Spagna fino a pochi anni fa era un paese ricettore di immigrati (extra-comunitari e comunitari, con una cospicua presenza anche italiana), in pochi anni con l’aggravarsi della crisi è un paese “esportatore” di manodopera soprattutto di giovani delle famiglie operaie e popolari (sia spagnole che non spagnole stabilitasi negli anni nel paese iberico) che vanno a vendere la propria forza lavoro in altri paesi. I giovani che emigrano da un paese UE all’altro, sono manodopera e tecnici qualificati, spesso laureati, alla ricerca della possibilità di vendere la propria forza-lavoro o di condizioni salariali migliori. Questo tipo di migrazione spesso ci viene propinata come positiva, come “mobilità dei cittadini dell’UE”, quando la realtà invece è che l’Unione Europea genera solo migliori condizioni di sfruttamento contro la classe operaia di tutta l’Unione, è interessante notare infatti come molti dei giovani che vanno in altri paesi alla ricerca di lavoro e salari migliori, spesso ritornano nei loro paesi di origine. Noi marxisti inquadriamo questo fenomeno nella categoria di “esercito industriale di riserva”, ossia l’intera massa di proletari senza impiego che i capitalisti utilizzano per imporre peggiori condizioni di lavoro ai lavoratori, attraverso il terrorismo più spietato. I padroni abbassano sempre più il livello salariale e delle condizioni lavorative perché esistono un sacco di proletari senza lavoro che lo accettano a causa della loro disperazione per ottenere i beni fondamentali per sopravvivere.  Il degrado delle condizioni di lavoro in Europa infatti aumenta a misura della crescita della disoccupazione.

Tutto questo si amplifica ancor di più quando parliamo dell’immigrazione extra-comunitaria, proveniente dai paesi africani e del medio-oriente, in quanto si tratta di uomini e donne disposte ancor di più a tutto per la necessità di sopravvivere. Questo tipo di emigrazione è causata ancor di più dalla barbarie del sistema capitalista-imperialista, con le sue guerre di rapina e devastazioni alla ricerca delle materie prime, risorse naturali e energetiche sfruttabili dai monopoli. Lo stesso se andiamo ad osservare la emigrazione dai paesi dell’Est, i motivi non possono che essere ricondotti alla miseria delle condizioni di vita imposte dalla restaurazione capitalista.

La borghesia si arricchisce importando massivamente forza lavoro per svalutare il suo prezzo e precarizzare le condizioni di lavoro, nella massima indifesa giuridica e assoggettamento totale dell’operaio immigrato alla dittatura padronale. Sono gli stessi che si beneficiano del dumping lavorativo coloro che aprono un secondo fronte di acutizzazione dello scontro, incolpando l’immigrazione per la disoccupazione, la criminalità, incentivando il razzismo come fenomeno di massa oscurando la divisione della società in classi, confondendo sulla natura del nemico e impedendo l’unità di classe. L’Unione Europea e lo Stato italiano legalizzano l’incarceramento degli schiavi del XXI secolo, con l’approvazione della “Turco-Napolitano” a cui segue la “Bossi-Fini”. Tutto l’arco delle forze parlamentari in un modo o nell’altro legittima questi centri di internamento, chi per l’uso populistico-securitario come la destra chi con argomentazioni “umane” come il centrosinistra. In questi centri si incarcera senza tenere in conto le situazioni familiari o di salute, dove si ammassano migliaia di persone, dove si creano situazioni che causano suicidi, tensioni, scioperi della fame, dove si rinchiudono gli “identificabili” che passano anni rinchiusi. Il tempo di permanenza, la separazione familiare, le vessazioni poliziesche e giudiziarie portano a situazioni limite di esplosione della rabbia che portano a eventi come quello di ieri (22 Ottobre) al CARA di Mineo (CT) con una nuova rivolta degli immigrati rinchiusi, a cui l’opinione pubblica e le istituzioni rispondono col terrorismo mediatico e il rafforzamento della repressione. Spesso questi immigrati sono quelli che subiscono le condizioni lavorative di schiavitù, nei lavori più ingrati, duri e pericolosi che creano ricchezza per gli sfruttatori italiani. Condizioni lavorative che sempre di più colpiscono tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro origine nazionale.

Il buonismo parrocchiale, falso-umanista, tipico in questi ultimi anni di deriva della sinistra è l’altra faccia della medaglia della politica borghese complementare al populismo e razzismo, in quanto entrano nel campo della carità e non della giustizia sociale, elevano una astratta etica (ricordiamo la mania per l’apertura delle moschee) senza carattere di classe e non mirano alla vera natura socio-economica e politica del fenomeno, alimentando e favorendo così la penetrazione dell’estrema destra nei settori proletari e popolari che mira a mettere i lavoratori gli uni contro gli altri, come gli schiavi-gladiatori nel circo romano. Lì, nella lotta alcuni però presero il loro tridente e lo lanciarono contro il palco imperiale e tutti insieme si lanciarono nella rivolta che preparò la sconfitta del modo di produzione schiavista. La soluzione pertanto è solo di classe e rivoluzionaria e in questa direzione devono muoversi i comunisti, senza lasciarsi ingannare dalla rincorsa caritatevole o dal populismo destrorso. I lavoratori immigrati del settore della logistica sopracitati, sono un esempio da espandere e far conoscere il più possibile, come esperienza reale di unità di classe e di grande valore all’impulso della lotta di classe di tutti i  lavoratori. Dimostrano che gli immigrati regolari lavoratori in lotta, non sono “nemici” o “criminali” ma l’anima spesso più radicale della lotta per l’avanzamento di tutti i lavoratori. Questo, ovviamente, non ci fa chiudere gli occhi davanti alla difficoltà di raggruppare  una grande parte degli immigrati nella lotta, sia per la loro “posizione” estremamente vulnerabile di “clandestini” o potenziali “clandestini” sia per motivi culturali- religiosi che spesso ostacolano i rapporti e chiudono in sé interi gruppi.

La migrazione è un fattore oggettivo del capitalismo, sia che riguardi giovani e lavoratori costretti a spostarsi all’interno del gruppo dei paesi capitalisti avanzati sia che riguardi masse di “disperati” provenienti dai paesi estremamente poveri classificati nella terminologia “paesi del terzo mondo”. Un fenomeno oggettivo nel quale bisogna entrare come comunisti per gli interessi delle classi proletarie e popolari, senza assumerlo come “fatto inevitabile” al quale si può solo mettere qualche panno caritatevole. L’emigrazione di massa è causata dal saccheggio capitalista e imperialista, dalla fame e guerra generate dai “nostri” monopoli multinazionali che espelle dalla loro terra queste masse che giungono per mare e si ritrovano ad essere spogliati, perseguitati e espulsi. I giovani e lavoratori dei nostri paesi che sono costretti spesso ad andare in altri paesi lo fanno per necessità e non per “fare nuove esperienze”. Lo sviluppo delle forze produttive consentirebbe oggi di vivere tutti meglio, di lavorare meno e di lavorare tutti, soddisfacendo tutte le necessità popolari. Chi impedisce ciò, chi impedisce di lavorare, chi toglie la casa, chi ruba i soldi, è la classe parassitaria che si arricchisce sfruttando la classe lavoratrice qui e là, sia quella nativa che quella straniera. Solo espropriando ed eliminando la classe dominante, sfruttatrice e parassitaria si libereranno le forze produttive dei nostri paese e non ci saranno più le cause (disoccupazione e guerre) che costringono milioni di uomini e donne a migrare. Per arrivare a questo, bisogna lottare paese per paese, contro l’imperialismo, realizzando l’unità di classe con i lavoratori immigrati. Una unità che non si predica, che non ha nulla a che fare con l’elemosina o la “bontà”, con le moschee o con il cosmopolitismo, ma che si pratica e realizza nella concretezza della lotta organizzata.

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