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La vicenda greca tra nuova socialdemocrazia e opportunismo.

di Alessandro Mustillo

La suggestione dei paragoni storici sulla vicenda greca in questi giorni ha contribuito non poco a colmare il vuoto totale di analisi politica, stretto tra la visione del capitale e le illusioni e l’opportunismo della sinistra, circondando il nulla con un’aura di sacralità storico, mitologica. Se dovessimo seguire questo filone dovremmo ammettere che il prode Tsipras, da molti indicato come un novello  Leonida – forse anche perché la storia greca si conosce per lo più tramite la sua narrazione commerciale – si sia rivelato tutt’al più un Efialte, il pastore greco che alle truppe di Serse indicò il passaggio per aggirare e sconfiggere l’esercito greco, tra cui i famosi trecento spartani. Il referendum è stato un espediente eccezionale per condurre la Troika oltre un memorandum indigeribile, tentando di spacciare per vittoria un memorandum ancora peggiore. Lì dove c’era un ostacolo il novello Efialte ha strategicamente trovato il modo di aggirarlo e consegnare alla Troika le chiavi di una vittoria. Ma a proseguire sulla linea dei paragoni storici, oltre che sfiorare il ridicolo, si fa torto anche alla verità storica e all’analisi del presente. Il rifugio nelle vecchie categorie storiche, il tentativo di stringere figure passate nell’adesione ai personaggi del presente, è proprio di chi non ha elementi di analisi per comprendere quello che sta accadendo e cede alle illusioni o a categorie idealiste per colmare questa lacuna. Si creano suggestioni tutt’al più, ma nulla di utile a comprendere i fatti.

Un mese fa tutti hanno potuto definitivamente comprendere che la strategia politica di Tsipras – quella che ha spinto in Italia la formazioni di colazioni in suo nome –  era del tutto fallimentare: non esiste una terza via nel capitalismo, non esiste la possibilità di riformare l’Unione Europea dal suo interno. Non è possibile cioè costruire quella che viene chiamata anche in Italia “l’altra Europa” intendendo con ciò una Unione Europea riformata e modellata sugli interessi dei lavoratori. L’Unione Europea è uno strumento imperialista nelle mani del capitale, modellato su misura degli interessi del grande capitale e come tale governato dalle sue leggi. Pensare di governare nel quadro della UE, nella moneta unica, nell’ambito delle leggi capitalistiche e invertire la direzione del treno, è puerile oltre che apertamente sbagliato, tipico per l’appunto di chi rifiuta di leggere la realtà sulla base di un’analisi reale che parta dai rapporti sociali. Di fronte alla realtà che appariva ben più solida delle illusioni Tsipras si trovava a dover scegliere solo tra le due vie che ha concretamente di fronte: sottomissione o rottura con il sistema capitalista, la UE e l’euro. Ma la rottura, che è l’unica che potrebbe garantire al popolo greco un avvenire è da sempre avversata dalla maggioranza di Syriza, e lo è purtroppo anche da una parte consistente e maggioritaria del popolo greco, che è stato alimentato e nutrito nell’illusione della riformabilità del sistema, lì dove al contrario una forza politica che agisse nell’interesse delle classi popolari avrebbe dovuto prepararlo politicamente alla necessità della rottura. L’azione di Syriza è in questo senso assolutamente controrivoluzionaria e antipopolare. Alle prese con il dilemma e le problematiche interne al suo stesso partito, la parola è stata data ai greci per un referendum. La proposta dei comunisti greci che chiedevano di inserire un quesito referendario più articolato che comprendesse non solo l’attuale memorandum, ma la posizione del governo e i precedenti memoranda è stata bocciata. In questo modo la consultazione referendaria è stata ridotta a due Sì. Tutti coloro che hanno votato No – e quanti colpevolmente in Italia e nel resto d’Europa hanno appoggiato quella parola d’ordine – hanno in realtà votato Sì, consegnando al governo un mandato in bianco per un nuovo memorandum. E non c’erano margini per pensare il contrario.

La vicenda era chiarissima fin dai giorni precedenti al referendum, con le varie proposte presentate dal governo e non accolte dalla UE solo per una certa testardaggine caratteriale tipicamente nordica e rigorista di alcuni paesi europei. Ma tutto questo non muta l’essenza delle cose: mentre Tsipras faceva campagna per il No, cercava un accordo pressoché identico salvo poche non determinanti correzioni; in campagna referendaria si è affrettato a dire che la questione non riguardava il Sì o il No alla UE e all’euro (continuando così l’illusione e legando le mani al popolo greco); a poche ore dal voto ha garantito un nuovo accordo entro e non oltre la settimana successiva. Mentre chiedeva un No, chiedeva in realtà un Sì alla sua proposta, alla UE, all’euro, e inevitabilmente a tutto ciò che il popolo greco avrebbe dovuto digerire seguendo la prima via: la sottomissione e evitando sistematicamente di preparare alla rottura, unica condizione per una vera liberazione. L’unico partito greco ad aver sostenuto coerentemente tutto questo, che si è concretamente avverato è stato il KKE. E non si tratta di astratte previsioni o vedere gli avvenimenti dalla finestra  – il PAME ha promosso più di 2.000 scioperi dall’inizio della crisi, qualcuno in Italia pensa di poter dare lezioni? – ma di applicare un’analisi marxista-leninista che sola consente di spazzare via le illusioni e vedere la reale portata dei fatti.

La nuova socialdemocrazia e il valzer degli opportunisti.

In Italia la vicenda greca ha dato ancora una volta la misura della piccolezza delle capacità di analisi politica presenti nelle organizzazioni di sinistra e autodefinitesi comuniste. Un valzer di posizioni e capriole ridicole tutte accomunate da una variante: la subordinazione di qualsiasi analisi politica alla suggestione immediata dell’avvenimento di cronaca. Ogni fatto immediato richiede il sacrificio di una strategia rivoluzionaria. Un popolo di tifosi e commentatori d’altronde non può saltare un fatto di cronaca, ma può perdere in nome della necessità di “stare sul pezzo” il senso storico degli avvenimenti che si verificano. Da una parte la nuova socialdemocrazia che a Syriza – nuova socialdemocrazia greca – si ispira chiaramente. Tra questi possiamo annoverare Sel, la maggioranza di Rifondazione Comunista, i vari circoli e movimenti coma Act, Rete della conoscenza, e i residuati dell’ex PD in cerca di collocazione: un processo di aggregazione del tutto identico a quello di Syriza in Grecia. Tutti questi hanno sostenuto e promosso le mobilitazioni “ a fianco della Grecia” e siccome le parole sono importanti bisognerà spiegare che la Grecia come tale – a meno che non si creda veramente alla teoria del nemico esterno che appartiene ai fascisti – è una società complessa fatta di sfruttatori e sfruttati, in cui i primi hanno il medesimo tipo di interessi dei capitalisti italiani, tedeschi, francesi, inglesi. Rigettare questa dinamica della contrapposizione tra paesi, e riprendere in mano l’idea della lotta di classe che ha anche una connotazione internazionale sarebbe necessario. Tutti questi all’approvazione del piano da 12 miliardi di Tsipras si affretteranno a fare conticini di vario tipo per sostenere l’insostenibile, cercare di far passare la merda per cioccolata, provando a esaltare qualche briciola data alle questioni sociali, utile addobbo per tentare di nascondere il significato politico della capitolazione totale.

C’è poi un’altra categoria che dovrebbe seriamente riflettere ed è la galassia variegata di quanti si definiscono comunisti. La tendenza opportunista che si è palesata in questo caso merita qualche parola. I Comunisti Italiani, la minoranza di Rifondazione Comunista e dei Giovani Comunisti, la Rete dei Comunisti e con dispiacere anche molti altri compagni, hanno fatto analisi completamente errate, con capriole spesso difficilmente sostenibili per chi dovrebbe saper analizzare oltre le suggestioni e le illusioni ciò che accade. L’USB stretto tra la posizione chiara della Federazione Sindacale Mondiale – 100 milioni di lavoratori nel mondo e a cui aderisce la stessa USB –  a sostegno del PAME, e la suggestione politica, ha cercato di non prendere posizione sulla questione, o mascherare l’antinomia tra la posizione del sindacalismo di classe e quella di Syriza. Spesso, come nel caso del Pcdi e della minoranza del PRC, tutto questo si è accompagnato con considerazioni sulla strategia del KKE davvero ridicole e spesso infamanti, specie nelle posizioni dei singoli iscritti, che hanno travalicato ogni limite anche nella legittima critica politica, accusando un partito comunista con una durezza e argomenti che non possono essere propri della dialettica e del rispetto che dovrebbe caratterizzare in ogni caso il rapporto tra partiti comunisti, e che evidentemente hanno il valore di un vero e proprio fossato.

A mascherare tutto questo sono intervenute le distorsioni sui comunicati di governi e esponenti politici del sud america, i quali hanno invitato Tsipras alla rottura con il FMI, o semplicemente espresso posizioni di carattere politico-diplomatico e non certo di appoggio. Per mascherare il loro opportunismo nell’appoggio a Tsipras quale miglior modo che tirare per la giacchetta le posizioni dei sudamericani? Un ragionamento peraltro politicamente sbagliato. Le dichiarazioni di Maduro, e dello stesso Fidel Castro non hanno espresso un appoggio a Tsipras per concludere un accordo che lo mantenesse nella UE con un piano da 12 miliardi di tagli e tasse. Probabilmente dietro queste affermazioni vi era un giudizio in parte errato. E i comunisti non hanno paura di sostenere un dibattito e una dialettica sulle posizioni politiche se le ritengono errate. Riconoscendo il grande valore rivoluzionario di Fidel Castro se egli pensasse oggi che Tsipras fosse una guida per il popolo greco nella direzione della conquista della sua emancipazione, il compagno Fidel sbaglierebbe e da comunisti non avremmo alcun timore a dirlo ad un altro comunista. Quando nei partiti comunisti si inizia a credere per “fede” o per “autorevolezza” e non sulla base di un’analisi della realtà concreta si creano disastri.

La vicenda greca ha dimostrato chiaramente l’arretratezza delle posizioni politiche di organizzazioni comuniste, l’incapacità di svolgere un reale ruolo di avanguardia, la tendenza opportunista a compromettere una visione strategica in nome del richiamo ad un fatto immediato e a illusioni e suggestioni che nulla hanno a che vedere con l’analisi delle forze reali in campo. Al contrario lo stretto legame tra organizzazioni comuniste come quello che caratterizza il FGC al KNE-KKE è l’unico strumento in grado di consentire una posizione autonoma dei comunisti non influenzata dal velo dei media borghesi, di combattere nei rispettivi paesi la medesima lotta contro il capitale, di sviluppare relazioni che consentano scambi di informazioni e analisi per affrontare lo scontro in atto con le armi necessarie. Questo legame dei comunisti a livello internazionale è l’unico strumento che può compiutamente smascherare l’opportunismo che oggi dilaga tra le file del movimento di classe e che finisce per disarticolarne la posizione impedendone la compattezza e una reale incisività. Sul codismo e l’opportunismo Lenin aveva scritto qualche riflessione un secolo fa, meglio rileggerla per evitare di ripetere sempre gli stessi errori e lasciare alla classe operaia e le masse popolari il ruolo di eterni sconfitti.

 Cosa imparare dalla vicenda greca.

Alla fine Tsipras ha proposto un piano da 12 miliardi di tagli e nuove tasse che ricalca in larghissima parte le proposte fatte dalla Troika alla Grecia. Aumenti dell’IVA, taglio delle pensioni e aumento dell’età pensionabile, privatizzazioni, impegno alla revisione dei contratti di lavoro. Insomma le classiche misure viste in questi anni niente di più e niente di meno. Non cambia molto la prospettiva che siano legate a 54 miliardi di aiuti o 70, o che ci sia in ballo la proposta del taglio del debito. Come Tsipras stesso ha ammesso all’europarlamento nel suo discorso di “condanna” alla gestione europea della crisi greca, i soldi sono sempre andati alle banche. Il piano di aiuti alla Grecia non ha nulla di diverso da questo: attraverso questo memorandum si continuerà a lasciare che la macchina degli interessi e del debito che strozza la Grecia continui a muoversi a vantaggio del grande capitale. La prospettiva di una riduzione del debito non va confusa con quella del ripudio unilaterale del debito. Quest’ultima situazione porrebbe le banche e il grande capitale nella condizione di perdere il loro strumento di ricatto, rompendo le catene che legano i lavoratori e le classi popolari. Un semplice taglio avrebbe invece il risultato di consentire la sostenibilità del debito, dando la possibilità al grande capitale di continuare questo stillicidio a danno dei lavoratori, senza rischiare di perdere tutto. Il parassita deve tenere in vita l’ospite non può ucciderlo. Un taglio parziale del debito è la peggiore misura che i lavoratori greci possano sopportare perché altro non farebbe che rafforzare la posizione dei monopoli.

La prospettiva dell’Altra Europa si è infranta di fronte alla realtà dell’Unione Europea. La prospettiva di Tsipras è stata un fallimento politico. Se quelle misure fossero state prese da un governo Monti o Letta o Renzi i settori vicini a Syriza avrebbero gridato alla natura antipopolare delle misure tuonando contro la politica di austerità. Oggi non lo fanno o sono in forte imbarazzo ma questa è la verità. Le misure di Tsipras ripercorrono la stessa strada di quelle dei governi del PASOK e di ND, e di quelle prese in Italia da governi di centrodestra, centrosinistra e di unità nazionale. Mentre tutto questo accade la proposta di unità della sinistra sulla prospettiva greca nasce già sconfitta in partenza, e nasce sconfitta anche ogni possibilità di inserirsi “da sinistra” all’interno di contenitori analoghi. Anche l’esperienza della sinistra di Syriza in Grecia appare assolutamente fallimentare, come quella di quanti hanno sostenuto un referendum il cui esito era chiaramente prevedibile in entrambi i casi che vincesse il No o il Sì. L’idea di incidere dall’interno, di creare grandi colazioni che inseriscano tutto e il contrario di tutto è fallimentare.

Per questo dall’analisi di quanto sta accadendo in Grecia, consapevoli dell’impatto che la vicenda greca ha sulla politica italiana e in particolar modo sulla sinistra radicale e i comunisti, invitiamo quei tanti giovani che oggi danno il loro sostegno a proposte di costituenti, vedono con interesse la costruzione di una sinistra radicale unita a considerare che quella proposta politica è già fallita in partenza. La sinistra radicale unita sarà la nuova socialdemocrazia come in Grecia. Allo stesso tempo la lotta contro l’opportunismo tra i comunisti è una lotta essenziale per combattere gruppi dirigenti non in grado di dare prospettive e risposte che non siano divisioni e sconfitte.

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