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Lo sport in Italia è davvero integrativo?

*di Antonio Viteritti

Negli ultimi giorni ha fatto il giro del web la foto delle atlete della nazionale di atletica italiana che hanno vinto l’oro nella staffetta 4X400 ai Giochi del Mediterraneo come esempio di integrazione. Essendo tutte ragazze di colore la foto ha attirato numerose polemiche, con la sinistra borghese che l’ha utilizzata come attacco al neo Ministro degli Interni Matteo Salvini, il quale non si è fatto sfuggire la ghiotta occasione di propaganda e ha affermato: “Come tutti hanno capito (tranne qualche “benpensante” e rosicone di sinistra) il problema è la presenza di centinaia di migliaia di immigrati clandestini che non scappano dalla guerra e la guerra ce la portano in casa, non certo ragazze e ragazzi che, a prescindere dal colore della pelle, contribuiscono a far crescere il nostro Paese. Applausi ragazze!!!”, ovvero in Italia non vogliamo stranieri poveri, ma solo quelli ricchi o che in qualche modo contribuiscano alla causa nazionale. Invece di attaccare Salvini sulla Flat Tax o sul quasi totale immobilismo del suo Governo, questa finta sinistra tenta di alzare un polverone sul nulla e gli fornisce l’ennesima occasione di propaganda.

La vicenda, al di là della propaganda, dovrebbe far sorgere una domanda spontanea, non tanto sull’immigrazione quanto sulla capacità dello sport italiano di essere integrativo. Potenzialmente lo sport potrebbe essere una grande possibilità di integrazione sociale, lotta alla droga, e riscatto personale, non solo per gli immigrati e i loro figli, ma anche per i giovani delle classi popolari, sebbene la realtà sia ben diversa da quella che ci viene descritta. Dallo scoppio della crisi ad oggi, infatti, il numero di ragazzi che non pratica sport a causa di difficoltà economiche è cresciuto esponenzialmente e allo stesso tempo, complici i tagli all’istruzione, molte scuole non hanno attrezzature adeguate e spazi per permettere ai propri studenti di fare attività fisica anche solo due volte a settimana. I dati sono impietosi, un giovane su quattro non pratica sport e il 39% delle scuole non ha l’attrezzatura adeguata per consentire ai suoi studenti di praticare sport. Parallelamente a ciò assistiamo ad una privatizzazione dello sport, con la riduzione di strutture pubbliche e spazi aggregativi ed un contemporaneo aumento dei costi per l’iscrizione a strutture private, che nei fatti significa che se sei ricco fai sport (e magari se sei anche bravo emergi) altrimenti stai a casa.

Ben venga l’integrazione tramite lo sport, ma ciò non è sufficiente se molti giovani ne sono esclusi per ragioni economiche. E’ necessario attuare anche un processo di integrazione sociale tramite lo sport stesso, rimuovendo le barriere economiche al suo accesso, ed educare le nuove generazioni alla cultura sportiva, combattendo l’individualismo nella nostra società e nello sport, il razzismo e l’emarginazione sociale che sempre più giovani vivono.

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