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Perché “Loro” di Sorrentino è un’occasione mancata

*di Arianna Cavigioli

Loro è l’ultima produzione cinematografica di Paolo Sorrentino, un film documentario sulla vita privata di Silvio Berlusconi, che il regista divide accuratamente in due parti (Loro 1 e Loro 2) per questioni palesemente lucrose. Ne è la conferma la visione integrale del dittico, che si rivela – in particolare Loro 1 – troppo lungo rispetto al povero e mediocre contenuto.

A dire del regista un film né con né contro l’ex premier – come se si potesse evitare di prendere una posizione rispetto a un tema così complesso. Innanzitutto la decisione di limitarsi a raccontare la vita privata di Berlusconi – che è sicuramente l’argomento meno interessante, più noto e in fin dei conti meno scandaloso – dimostra già la presa di posizione di Sorrentino, che reputa più importante e forse meno rischioso concentrarsi sulla sfera emozionale. Toni Servillo interpreta un uomo furbo, innamorato del suo paese, che data la sporcizia dell’Italia non è sicuramente il peggiore, amante delle donne ma anche compagno sensibile dotato di sagace umorismo. Ma come può essere questo il ritratto di un uomo accusato di corruzione, false testimonianze, finanziamenti illeciti, falsi bilanci e legami con la mafia?

La questione politica è presente, ma è posta in secondo piano: il focus sui festini, l’uso di droghe e il sesso a pagamento, dissimula il contesto politico circostante. Non possiamo negare la presenza di alcuni elementi interessanti, che però non vengono realmente approfonditi. Ad esempio la figura alienata della prima escort di Berlusconi, prodotto schizoide di una società dopata e libidica, o l’habitat contro natura in cui viene inserita la capra, che muore congelata a causa di un malfunzionamento dell’aria condizionata. Sottile anche la tecnica di ripresa che a un tratto Sorrentino utilizza per filmare le olgettine durante la cena nella villa in Sardegna. Zoomando sul trucco e i tic dovuti all’uso di droga, queste figure appaiono finalmente oscene.

Un altro aspetto interessante è l’anonimato del potere, rappresentato dall’uomo con il viso coperto che chiamano “Dio”. Anche se la sua identità reale è stata assegnata all’ex capo della protezione civile Guido Bertolaso, rimane una metafora efficace dell’oscurità di chi detiene realmente il potere economico, che nella società capitalistica odierna è sconosciuto alla massa. Mentre “Loro” chi sono? Quelli che contano. Slogan come <<l’altruismo è il miglior modo per essere egoisti>> o <<in amore si tradisce e in politica si cambia idea>> sono talmente orecchiabili da apparire tristi verità. Proprio qui risiede il punto critico del film.

Per legittimare l’operato di Berlusconi il regista non sposta solo l’attenzione sulle escort, ma fa apparire corruzioni e tradimenti assolutamente necessari nella società di oggi, che è troppo sporca per poter agire onestamente. Una visione del mondo come questa contribuisce a indicare il capitalismo come unica via possibile, tanto che per citare Jameson <<è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo>>. Questa sensazione nello spettatore è alimentata dall’utilizzo di una narrazione comica rispetto ai vizietti dell’ex premier e della sporcizia politica in generale. La performance di Servillo è deludente, appare come una macchietta, rende il film documentario un cabaret di basso livello.

Sorrentino abbandona quasi completamente una delle sue poche doti: la poesia seduttiva delle immagini, che rimane in chiave quasi caricaturale – basti pensare alle riprese mozzafiato dei prati inglesi in Sardegna. Anche in Loro il regista non perde il vizio di stuprare le inquadrature già cariche visivamente attraverso dialoghi pomposi incollati sulle immagini come ornamenti kitsch.

Un errore che chiunque noterebbe risiede in una frase pronunciata dal giovane imprenditore impersonato da Scamarcio: <<io sono un liberale, i monopoli vanno spazzati via>>. Ma il monopolio è caratteristico dell’attuale fase storica in cui la concentrazione di un’ampia fetta di mercato risiede nelle mani di una o più imprese. Questa condizione è ampiamente alimentata dalle politiche neoliberiste di cui Scamarcio rivendica l’appartenenza, non ne è affatto in contraddizione come pure si tende spesso ad affermare. Intenzionale o semplice causa di ignoranza, l’errore del regista alimenta nel pubblico la confusione su un elemento centrale per comprendere il mondo di oggi.

Un altro fattore che spinge ad accettare la raccapricciante corruzione della politica italiana è l’assenza di un forte punto di vista critico all’interno del film. Le uniche due figure che si oppongono all’operato di Berlusconi sono un senatore e la moglie: il primo fallisce cercando di sfuggire dal tentativo di corruzione dell’ex premier, mentre la seconda non è credibile perché coinvolta sentimentalmente. Le declamazioni iniziali quasi eroiche con cui il senatore rifiuta di appoggiare la posizione di Berlusconi in cambio di denaro o favori, si rivelano ridicole bugie o impossibili tentativi di ribellione, quando lo stesso decide di cedere o vi è costretto. La moglie, invece, accusa Berlusconi di essere un uomo e politico egoista, corrotto e immorale, ma le risposte dell’ex premier quali <<come pensi che abbiano fatto gli altri imprenditori?!>> o <<allora dimmi perché sei stata con me fino ad ora!>> trionfano. La decisione da parte di Sorrentino di assegnare l’unica vera voce critica alla moglie riduce tutto a una questione puramente sentimentale, ed è per di più ridicolo che le illazioni provengano da una borghese arricchita ed ex velina.

Le contraddizioni sociali tra il proletariato e la classe dominante, infatti, sono assolutamente nascoste: il film si concentra sulle azioni illecite di Loro senza mostrarne le terribili conseguenze sugli “Altri”. L’unico proletariato mostrato nel film è l’insieme di sfollati che dopo il terremoto dell’Aquila rimane senza casa, il quale però non è presentato come vittima sociale di un sistema escludente, bensì come gruppo di individui sofferenti perché privati dei loro averi. Scade poi nella retorica la scena finale in cui la popolazione dell’aquila assiste al prelievo della statua di un cristo intrappolata nelle macerie, come a identificare l’unica salvezza nella religione.

Per riassumere, il dittico Loro non si schiera direttamente a favore dell’operato di Berlusconi, ma lo legittima perché presentato come ordinario e necessario nella politica odierna, soffocando la possibilità di poter ribaltare il capitalismo e le sue contraddizioni. Dissimulare il punto di vista nei confronti dell’ex-premier e fare apparire le sue azioni politiche come “normali” è ancora più pericoloso rispetto a esprimere un apprezzamento palese e diretto verso il capitalismo.

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