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Dalla Resistenza alle piazze del 1960. I martiri della città di Reggio Emilia.

* Federazione di Reggio Emilia

Quest’anno ricorre il settantesimo anniversario della lotta di liberazione che portò alla libertà del popolo italiano dal fascismo e dall’invasione nazista.
Migliaia sono i partigiani che persero la vita per difendere il proprio paese, con il sogno di poter ergere una società nuova; furono trucidati, torturati e giustiziati tantissimi giovani partigiani che nel traguardo di un mondo più giusto avevano riposto tutta la loro speranza e fiducia.
L’illusione di una Repubblica, l’emanazione di una Costituzione che faceva dell’eguaglianza e dell’antifascismo uno dei suoi capisaldi, aveva ingannato il popolo italiano che l’Italia fosse pronta per una nuova era.
Ma dopo il 25 aprile del 1945, dopo l’entusiasmo di una guerra d’invasione imperialista finita e della caduta del fascismo, la nuova Repubblica non tardò a mostrare la sua vera faccia. Tanto come durante il fascismo così nella nuova Repubblica i nemici e i perseguitati furono sempre gli stessi, quegli stessi che accesero le lotte del biennio rosso e gli stessi che condussero il nostro paese alla lotta di liberazione. Il capitalismo si era solo cambiato d’abito e ha continuato imperterrito a fare gli interessi di pochi.

Il 1 Maggio del 1947 morirono undici persone a Portella della Ginestra, la strage simbolo della svendita totale del nostro paese ad un nuovo invasore, quello americano, che oltre a tenere in ostaggio l’Italia economicamente ne determina la politica. Sempre più tragica e macchiata di sangue si fa la storia delle lotte nelle nostre strade e piazze.

Dopo solo quindici anni dalla Liberazione, in cui si sono susseguiti governi democristiani, con la crisi del governo Segni nel marzo del 1960, prende le redini del Paese il Governo Tecnico capeggiato dal democristiano Tambroni che sopravvive grazie ai voti di fiducia del Movimento Sociale Italiano. Dopo solamente quindici anni dalla proclamazione della Repubblica Italia Antifascista, i fascisti tornano al governo del Paese.
Come nel 1943 i partigiani presero la via della montagna, così i lavoratori italiani scesero in piazza contro questo governo. Ci furono scontri in molte città italiane Livorno, Genova, Reggio Emilia. E “di nuovo come un tempo sopra l’Italia intera fischia il vento e infuria la bufera”.  Fu un periodo di forti tensioni in tutta Italia, il capoluogo ligure, medaglia d’oro della Resistenza, fu scelto per ospitare il congresso del partito missino e ci furono aspre contestazioni. Settimane di tensioni che portarono alla caduta del governo Tambroni con un bollettino di undici morti e centinaia di feriti, d’altronde il Presidente del Consiglio diede concessione di aprire il fuoco in situazioni di necessità.

Il 7 Luglio del 1960 la Camera del Lavoro indisse lo sciopero cittadino e  si riversarono in una delle piazze centrali di Reggio Emilia migliaia di lavoratori e di lavoratrici, di ex partigiani e di nuovi, per contestare un governo non legittimo.
Un gruppo di operai delle Officine Meccaniche Reggiane si raccolse davanti al monumento ai caduti per cantare canzoni di protesta e in quel momento iniziarono le prime cariche.
Gli operai delle Reggiane, quegli stessi che il 28 Luglio del 1943, in seguito all’insediamento del maresciallo Badoglio, decisero di bloccare la produzione per quella giornata e di sfilare nelle strade di Reggio Emilia contro la guerra per la pace. Anche in quell’occasione persero la vita nove operi, tra i quali anche una donna incinta.

In quella piazza del ’60, oggi Piazza dei Martiri del 7 Luglio, le forze dell’ordine spararono sui manifestanti; una piazza che porta ancora oggi i segni di quei proiettili, nelle mura, nei portoni, nella memoria di chi quel giorno era lì a manifestare.
Ovidio Franchi (1941), operaio di 19 anni, il più giovane dei caduti. Lauro Farioli (1938), operaio di 22 anni marito e padre di un bambino.  Afro Tondelli (1924), operaio di 36 anni, fu partigiano della 76a SAP.   Marino Serri (1919), pastore di 41 anni, anch’egli partigiano della 76a. Emilio Reverberi (1921), operaio di 39 anni, partigiano nella 144a Brigata Garibaldi era il commissario politico nel distaccamento “G. Amendola”. Caddero morti in quella piazza!

Molto sangue fu versato per la nostra Repubblica, moltissimi sono i suoi martiri che si sono battuti per un Paese migliore ma che mai sono riusciti nell’impresa. “Son morti sui vent’anni per il nostro domani, sono morti come i vecchi partigiani.”

Nostro è il compito di non far cadere la memoria, di tenerla viva, “dovremo tutti quanti aver d’ora in avanti voialtri al nostro fianco per non sentirci soli”, forti della nostra storia e dei nostri martiri, del loro coraggio e della loro forza. Senza dimenticare che “Il solo vero amico che abbiamo al fianco adesso e` sempre quello stesso che fu con noi in montagna Ed il nemico attuale e` sempre ancora eguale a quel che combattemmo sui nostri monti e in Spagna.”

 

 

 

 

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