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«Investite in Italia, gli stipendi sono bassi», parola di Ministro.

«Un ingegnere in Italia guadagna mediamente in un anno 38.500 euro, mentre in altri Paesi lo stesso profilo ha una retribuzione media di 48.500 euro l’anno. I costi del lavoro in Italia sono ben al di sotto dei competitor come Francia e Germania. Inoltre, la crescita del costo del lavoro nell’ultimo triennio (2012-14) è la più bassa rispetto a quelle registrate nell’Eurozona (+1,2% contro +1,7).» Lo scrive nientemeno che il Ministero dello Sviluppo Economico in una brochure distribuita agli imprenditori internazionali e pubblicata sul sito Investitaly.

I giornali si sono affrettati a definirla una “gaffe” da parte del Governo, ma in realtà si tratta di tutt’altro che uno scivolone. Potremmo definirlo al contrario una sorta di lapsus freudiano, dato che il Governo non ha detto nulla di diverso dalle sue reali intenzioni, dal suo pensiero e in sostanza nulla di diverso dalla verità. Da anni la strategia dei padroni in Italia è quella di rilanciare la “competitività” e la “produttività” dell’economia italiana attraverso una dequalificazione generalizzata del lavoro, che si accompagna ad un attacco ai diritti e ad una compressione dei salari. Il Jobs Act del Governo Renzi è solo l’ennesima riforma che spinge in questa direzione, condannando una generazione alla precarietà e a un futuro senza diritti, mentre nei grandi annunci si parla di lotta alla disoccupazione (che non scende e anzi continua ad aumentare, tenendo in considerazione le migliaia di giovani rassegnati al punto che un lavoro neanche lo cercano più).

Non c’è da stupirsi se la promozione delle “opportunità” che l’Italia offre agli investitori stranieri avviene senza mezzi termini. Le riforme di questi anni servivano esattamente a stendere il tappeto rosso alle grandi imprese che investono e spostano la produzione dove più conviene, non curandosi di quante persone vengono lasciate per strada o dello sfruttamento selvaggio che rende possibili i loro profitti. Una passerella ben lustrata dal Governo Renzi, che si regge sulle spalle dei lavoratori e della gioventù. Se questa è la realtà, bando alle formalità e ben venga la schiettezza. Se i padroni si sentono così sicuri da dichiarare in modo così aperto le loro intenzioni, non saremo certo noi ad avere peli sulla lingua… e anzi, forse è il caso di rispondere con la stessa moneta. Scriveva Karl Marx con una sincerità pari a quella del nostro Ministero dello Sviluppo: «Quando verrà il nostro turno, non abbelliremo il terrore»…

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