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Il MUOS e la militarizzazione della Sicilia

*di Ruggero Caruso e Lorenzo Nastasi

Venerdì 21 giugno partirà da Catania (ore 18:00, Villa Bellini) la manifestazione NO MUOS. Cogliamo l’occasione per riflettere e informare i lettori sulla natura di una delle più importanti infrastrutture militari americane presenti nel nostro paese. Una necessità che si impone anche a causa dello scarso spazio riservato dai media mainstream e dal dibattito politico a questo argomento, di cui spesso si conosce troppo poco.

Facciamo chiarezza: cos’è il MUOS?

Il MUOS (Mobile User Objective System) è un sistema di comunicazione satellitare basato su infrastrutture terrestri e satelliti in orbita. Una delle quattro stazioni di terra di sua pertinenza (le altre tre si trovano in Australia, in Virginia e alle Hawaii) è stata collocata negli ultimi anni in una base militare americana, già in funzione dal ’91, a soli 5 km dal centro abitato di Niscemi, in provincia di Caltanissetta. Il terminale siciliano è composto da tre enormi antenne paraboliche dal diametro di circa 18 metri. L’utilizzo dell’infrastruttura, che sembra avere un ruolo determinante per il collegamento fra i Centri di Comando e Controllo e i centri logistici, i gruppi operativi in combattimento e i velivoli senza pilota, è di esclusiva pertinenza degli Stati Uniti.

È anche opportuno ricordare che le onde emesse dal terminale, secondo uno studio dell’americana Analytical graphics Inc., diffuso in Italia dal giornalista Antonio Mazzeo, sono pericolose per la salute umana.

Di fronte al MUOS l’ipocrisia dei partiti non si può nascondere

Le primissime autorizzazioni per la costruzione del terminale MUOS nella base di Niscemi vennero concesse dal Governo Berlusconi e immediatamente confermate dal successivo Governo Prodi. Da allora, un po’ tutti gli schieramenti, almeno in ambito regionale, hanno periodicamente criticato la presenza delle antenne nel susseguirsi delle campagne elettorali per poi smentirsi a votazioni concluse.

Il caso più clamoroso è indubbiamente quello dell’ex Presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta, in quota Partito Democratico, che nel 2013, a distanza di pochi mesi, prima revocò l’autorizzazione ad ultimare i lavori della stazione e poi mise in atto una paradossale “revoca della revoca”. Il sostegno del PD all’infrastruttura militare americana, che ricordiamo essere cruciale per gli scenari di guerra in cui gli Stati Uniti intervengono, appare ancora più nauseante se ci si sofferma sulla retorica “umanitaria” con cui il centrosinistra cerca di competere con la Lega riguardo al tema dei flussi migratori. Quale attenzione per le centinaia di migliaia di persone che sono fuggite dalla Siria e dalla Libia può rivendicare il PD se è il primo ad avallare le guerre che concorrono a produrre questo esodo?

Nello schieramento dei cosiddetti “sovranisti”, d’altra parte, fa altrettanto sorridere il fatto che partiti di destra come Lega e Fratelli d’Italia, che oggi sostengono il presidente della Regione Nello Musumeci, restino in silenzio e non osino mettere in discussione la presenza di una infrastruttura militare straniera, perlopiù dannosa per la salute della popolazione italiana.

Le aspettative del Movimento No MUOS sono state tradite ancora più sfacciatamente dai Cinque Stelle, che pure hanno costruito parte importante delle proprie campagne elettorali in Sicilia e della propria opposizione ai governi regionali di centro-destra e di centro-sinistra su questo tema. Di fatto anche loro, una volta diventati forza di governo e primo partito del Paese, non hanno preso nessun provvedimento né condotto alcuna azione politica concreta per opporsi al MUOS.

Di fronte agli interessi imperialistici dei monopoli americani e dell’apparato militare ad essi collegato, tutti i partiti borghesi in Italia hanno dimostrato appieno il proprio carattere antipopolare e guerrafondaio.

La militarizzazione della Sicilia e le basi USA-NATO

La Sicilia, a causa della sua posizione al centro del Mediterraneo, è diventata negli anni uno strategico avamposto militare della Nato e degli Stati Uniti, naturalmente proiettato sugli scenari di guerra regionali in Medio Oriente e in Africa Settentrionale. Oltre al già citato impianto di telecomunicazioni MUOS, sono localizzate in Sicilia oltre 15 basi militari, tra le quali spiccano quella di Sigonella, la principale base terrestre dell’US Navy nel Mediterraneo centrale, che ospita tra i 4 e i 5 mila uomini (personale militare e civile); l’aeroporto di Trapani Birgi, classificato come “aeroporto militare aperto al traffico civile”, e che all’occasione, come nel caso della crisi libica del 2011, viene chiuso ai passeggeri per favorire le operazioni dell’Aeronautica Militare; il porto di Augusta, base della Sesta flotta e deposito di munizioni, anche nucleari, protagonista lo scorso febbraio dell’imponente esercitazione militare Nato “Dynamic Manta 2019” che ha visto il dispiegamento di 5 sottomarini, 9 navi da guerra, 6 aerei da pattugliamento marittimo e 11 elicotteri, oltre a 3 mila marinai provenienti da 10 Paesi membri dell’alleanza atlantica. A queste vanno aggiunte altre stazioni e basi militari presenti in maniera capillare in tutta l’isola.

La Sicilia svolge dunque un ruolo fondamentale per i piani imperialisti dei Paesi Nato, i quali hanno forzosamente imposto uno sviluppo militare ad una terra storicamente dedita ad altre attività produttive, una su tutte l’agricoltura. In ragione di ciò, una delle regioni economicamente più depresse del Paese, che necessiterebbe di vasti provvedimenti per lo sviluppo e l’occupazione, è progressivamente diventata, per volere dei monopoli statunitensi, europei ed italiani, il principale HUB militare della Nato in Europa. Non solo, il fioccare di stabilimenti militari nel territorio siciliano ha prodotto un impatto ambientale devastante, che ha sacrificato meravigliose riserve naturali, come la Sughereta di Niscemi, in barba a qualsiasi norma ambientale e alla volontà degli abitanti.

Uno degli aspetti più grotteschi di questa situazione è lo sforzo con cui le istituzioni locali cercano di legittimare la presenza di militari stranieri nel territorio siciliano.

Sin dalle scuole elementari, ai giovani siciliani i Marines americani vengono mostrati come tasselli fondamentali del tessuto sociale: i militari vengono presentati ai giovani siciliani come soggetti amici al servizio della comunità; non sono rari i progetti che si sviluppano tra le scuole e i marines, i quali sempre più frequentemente trovano spazi nelle aule scolastiche e, sempre nell’ottica di un’accettazione e di un riconoscimento da parte degli abitanti, svolgono azioni di pubblica utilità come la pulizia di villette comunali, spiagge ecc. La reale natura della presenza dell’esercito USA sul suolo siciliano viene ovviamente omessa, cosicché larghe fette della popolazione giovanile siciliana crescano subendo una campagna per promuovere riconoscenza nei confronti dei militari statunitensi.

Gli interessi della gioventù e quelli dell’imperialismo

La retorica con cui vengono giustificate da sempre l’appartenenza dell’Italia alla NATO e la presenza di decine di basi militari USA sul territorio italiano, è che tutto ciò sarebbe nel nostro interesse. Nell’interesse nazionale, nell’interesse della popolazione, della nostra sicurezza, ecc. Ma dov’è l’interesse del popolo, quando i piani imperialisti degli USA e della NATO decidono di sacrificare il diritto alla salute dei cittadini siciliani, e trasformano la Sicilia in una piattaforma militare per i loro interventi? Di chi è l’interesse “nazionale” quando ogni anno si spendono decine di miliardi in spese militari per preparare nuove guerre di rapina, tagliandoli alle politiche sociali, alla sanità, al diritto allo studio?

Parlare del MUOS di Niscemi è importante proprio per questo. Perché è forse una delle vicende che più di tutte dimostrano che, al contrario, gli interessi dell’imperialismo, dei grandi monopoli che orientano le politiche della NATO, che generano guerre, conflitti, miseria in tutto il mondo, sono diametralmente opposti agli interessi dei popoli e della gioventù.

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