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«Senza lo sciopero non ci avrebbero mai dato le protezioni». Intervista a Edoardo, sindacalista e portalettere

Edoardo, in molti settori produttivi si sta verificando un’accesa ondata di scioperi spontanei e di richiesta di condizioni di sicurezza sul luogo di lavoro. Da dove nasce la vostra protesta di lavoratori delle Poste?

Anche se l’elemento che più ha portato alla mobilitazione può essere quello del disagio e della paura per la mancanza di dispositivi di sicurezza, comunque è un dato importante lo sviluppo di queste mobilitazioni nel nostro settore.

Succede in varie città, in particolar modo a Torino, ma in modo ancor più determinato e continuativo a Viterbo: qui da lunedì hanno concluso la mobilitazione ieri, dopo tre giorni. Considerando la realtà delle poste di oggi e tra l’altro dovendo scavalcare anche i sindacati confederali non è poco.

Anche a Firenze abbiamo fatto delle iniziative, non siamo arrivati alle mobilitazioni tipo quella di Viterbo, ma comunque ci sono state delle iniziative piuttosto determinate che hanno indotto l’azienda a fornire i mezzi appropriati per poter lavorare, perché probabilmente senza la mobilitazione dei lavoratori forse si era ancora nelle condizioni di stare ad aspettare.

Io mi ricordo nell’ufficio dove sono io a lavorare, sono un portalettere, sono anche RLS, giovedì scorso ci siamo fermati e abbiamo detto all’azienda che se non arrivavano i dispositivi di sicurezza non avremmo lavorato. Immediatamente la direttrice ci ha comunicato : “Ho telefonato, arrivano subito.”

Questa è la testimonianza che se i lavoratori si muovono, forse qualcosa si riesce anche ad ottenere, ecco.

 

Che tipo di reazione sta suscitando la vostra proposta all’interno dei luoghi di lavoro? Hai notizie di vicende simili in altre regioni?

C’è stata subito la disponibilità totale, non c’è stato nemmeno un caso di un portalettere che abbia detto “no, io vado a lavorare ugualmente”. Nel momento in cui ci siamo fermati, ci siamo fermati proprio tutti, completamente. E quindi è stato un segnale molto importante, perché come dicevo prima almeno ha smosso le cose, ecco.

E, tra l’altro, sempre nel piccolo ha fatto capire anche a noi stessi che se ci si fa sentire qualche cosa viene fuori.

Mi viene in mente anche Roma Trullo, lì addirittura i portalettere si sono rifiutati di prestare il servizio e l’azienda gli ha detto che dovevano andare via, per non formare assembramenti, però loro a debita distanza, secondo le misure di precauzione, sono comunque rimasti per tutto l’orario di lavoro senza andare a casa e prendere ferie ma timbrando nonostante le pressioni dell’azienda.

Anche in questo caso ottenendo l’arrivo dei dispositivi di sicurezza.

 

Nei volantini che state distribuendo si nota la sottoscrizione di quattro sigle di sindacalismo di base (COBAS, CUB, SI COBAS, SLG). Che risposte avete dai sindacati confederali?

Sull’aspetto dei sindacati di base, per fortuna, è un percorso unitario che abbiamo iniziato anche prima di questa emergenza, a prescindere dall’appartenenza a una sigla o a un’altra. Su tante questioni, dagli straordinari a tanti aspetti specifici del lavoro di portalettere ma non solo, di lavoro postale in genere, c’è questa unità di intenti e di azione che produce la possibilità di uscire con comunicati o altro in accordo tutti.

Rispetto al rapporto con i confederali, il rapporto è negativo, perché noi nonostante i nostri limiti stiamo sudando sette camicie per chiedere all’azienda la chiusura totale, ben consapevoli che sarà difficile arrivare a questo obiettivo. Dall’altra parte abbiamo i confederali che non sono su questa lunghezza d’onda. Chiedono le misure, quei minimi accorgimenti che servono a tirare avanti questa baracca che in questo modo non può funzionare. Quindi, non agitando la parola d’ordine della chiusura totale, ci creano difficoltà.

Ad esempio nelle iniziative che ti elencavo prima, non hanno mai preso posizione a sostegno dei lavoratori, hanno lasciato che la cosa andasse avanti per conto suo. Loro non hanno fatto nulla se non alcune riunioni con l’azienda per cercare di sanare le situazioni in cui ci sono dei problemi.

 

Spostiamoci un attimo dal piano della contingenza emergenziale: qual è in generale la condizione dei lavoratori delle poste? Ci sono state vertenze significative negli ultimi anni?

C’è una vertenza che è tuttora in corso, almeno da parte nostra, intendo delle varie sigle del sindacalismo di base in maniera unitaria: la questione del servizio di recapito che, sempre con l’accordo dei sindacati confederali, è stato stravolto. Il servizio che Conte stesso ha rimarcato essere un servizio pubblico che va garantito, quando è stato il momento di tagliare e di ridurre le prestazioni dei portalettere, non si è badato assolutamente a questo tipo di ragionamento. Da un punto di vista concreto la consegna della corrispondenza viene fatta nella stessa strada a giorni alterni.

Noi, tutti i mesi, a distanza di 15 giorni che sono i giorni di distanza obbligati dalla commissione di garanzia sul diritto di sciopero, proclamiamo lo sciopero delle prestazioni straordinarie. Proprio per far sì che almeno i portalettere abbiano un minimo di tutela nelle prestazioni lavorative.

Ormai come organico di portalettere siamo dimezzati.

 

Le cifre dei morti sul lavoro in Italia sono sempre elevatissime, a prescindere dal coronavirus. Pensi che questa situazione emergenziale possa portare le masse di lavoratori a comprendere e mobilitarsi anche quando questa situazione sarà finita?

Me lo auguro e forse in alcuni settori sì, forse nel settore specifico dove sono io alle poste, portalettere, non lo so.

Una cosa incredibile della vicenda delle morti sul lavoro, e che ci riguarda, è che se noi portalettere abbiamo un incidente, cosa purtroppo possibile visto che siamo appunto su strada, vengono considerati incidenti stradali. Mi spiego: se un dipendente si fa male, è infortunio sul lavoro. Se purtroppo muore non viene classificato come morto sul lavoro ma incidente stradale.

A fronte di questo rischio i confederali hanno firmato un accordo che prevede l’indennizzo di 0,50€ al giorno per portalettere come indennità.

 

Un appello ai tuoi colleghi in tutta Italia e ai cittadini che vivono questa situazione complessa.

Essendo portalettere incontro ogni giorno tante persone e ho riscontrato sensibilità umana, nel senso che ci vedono per strada quando non c’è praticamente nessuno quando in tv dicono di stare a casa tutti. Sensibilità non scontata perché c’è ancora la leggenda del “portalettere fannullone”, che spero stia sparendo perché assolutamente non è la condizione in cui ci troviamo oggi.

Ai miei colleghi dico che il segnale è quello che dicevamo all’inizio: quel poco che stiamo ottenendo lo stiamo ottenendo grazie alle iniziative di mobilitazione. Quindi la mobilitazione è stata uno strumento determinante e lo è a maggior ragione oggi in una situazione di attenuazione del conflitto: se vuoi ottenere qualcosa devi per forza mobilitarti, ovviamente il più unitariamente possibile tra dipendenti e tra lavoratori, nessuno vuole fare il Don Chisciotte. Ma l’importante è tenere in considerazione che la mobilitazione e il conflitto sono strumenti necessari.

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