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L’aumento dei profitti dell’e-commerce al tempo del coronavirus

di Francesco Spedicato

La pandemia provocata dal Covid-19, nel giro di poche settimane ha modificato radicalmente non solo le nostre abitudini ma anche la struttura economica dalla produzione alla distribuzione. Se da una parte il lockdown ha svuotato negozi e centri commerciali, dall’altra ha creato nuove opportunità colte immediatamente dai colossi dell’e-commerce che, negli ultimi mesi hanno visto aumentare esponenzialmente i propri profitti, accelerando una tendenza già in atto.

L’e-commerce, ovvero il commercio elettronico, si esplica attraverso infrastrutture informatiche, piattaforme digitali, che fungono da intermediari tra domanda e offerta. Le formule adottate sono differenti a seconda delle priorità degli attori economici (player) e della piattaforma stessa. Le più diffuse nell’ambito del commercio online sono le Business to Business (B2B), che si rivolgono a un pubblico di imprese, qui infatti i player sono le imprese che acquistano o vendono beni e servizi, e le Business to Consumer (B2C) ove interagiscono impresa fornitrice e singolo utente. All’interno di questo spazio di “facilitazione” dell’incontro tra domanda e offerta si sviluppano i colossi dell’e-commerce, rispondendo ad una delle esigenze strutturali del capitalismo: raggiungere la massima efficienza nella circolazione delle merci al fine di minimizzare costi e tempo, aumentando i margini di profittabilità.

E-commerce e tendenza al monopolio

Il fenomeno del commercio elettronico è ormai un elemento strutturale della catena mondiale di accumulazione e centralizzazione del capitale.

Pensiamo solamente a due dei principali attori dell’e-commerce: la statunitense Amazon e la cinese Alibaba Group. Non sono semplicemente delle piattaforme dove avviene la compra-vendita di merci, ma sono diventati, assieme ad altre realtà del settore Tech, dei monopoli in grado non solo di esercitare il potere di fissazione del prezzo di un prodotto nel settore del commercio online, ma di incorporare altri settori ricoprendo varie funzioni contemporaneamente: da operatori televisivi a motori di ricerca, dall’e-commerce a produttori di oggettistica ai componenti per informatica, fino ad essere erogatori di servizi di pagamento e di insidiare la funzione che ha ricoperto il sistema bancario per come lo conosciamo.

È pertanto palese che ci troviamo dinnanzi ad un modello economico-sociale che non ha nulla a che vedere con le dinamiche della concorrenza perfetta su cui si basa teoricamente il libero mercato ma che in realtà esistono soltanto nei libri di economia, ma attiene ad una realtà profondamente diversa: il capitalismo oligopolistico. Ci riferiamo al movimento generale della centralizzazione del capitale tendente al regime di monopolio, un processo insito allo stesso sviluppo del capitalismo e delle forze produttive, favorito dalla dinamica della concorrenza stessa tra capitalisti, in cui pochi grandi gruppi si spartiscono la quasi totalità del mercato.

La diffusione dell’e-commerce è stata possibile attraverso la compresenza di vari fattori: la crescente pervasività di internet anche nelle aree geografiche sino a poco tempo fa non interessate; la diffusione capillare del mobile che permette di individualizzare ulteriormente i processi di vendita online; l’urbanizzazione crescente della popolazione mondiale che semplifica la distribuzione richiedendo un numero minore di magazzini; l’utilizzo dei big data e dell’intelligenza artificiale da parte dei monopoli, attraverso la cui analisi indirizzano le preferenze degli utenti nella scelta nel processo di vendita.

Sono sempre maggiori le porzioni della popolazione mondiale coinvolte nella dinamica degli acquisti online. Ma a discapito della comune convinzione che vede nel Nord America e in Europa il fulcro dello sviluppo dei processi economici, si ritiene che l’e-commerce si svilupperà fortemente in Cina e più in generale nella zona dell’Asia e l’area del Pacifico. Parliamo di territori soggetti al più intenso dispiegamento dei fattori sopracitati e ad una loro combinazione più stretta. A tal proposito risalta il ruolo predominante della Cina all’interno della dinamica più generale della ristrutturazione dell’economia capitalistica mondiale. Un Paese che ha manifestato la volontà di essere l’alfiere dei processi di globalizzazione già nel 2017 a Davos per mezzo delle dichiarazioni di Xi Jinping. Un ruolo ulteriormente rafforzato se guardiamo ai prossimi anni.

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La combinazione tra i fattori sopra elencanti costituisce una base formidabile per il rafforzamento dell’e-commerce. Vari studi confermano una tendenza che non lascia dubbi. Per il Nasdaq, entro il 2040 il commercio elettronico interesserà gli acquisti per il 95% sul totale, un’ipotesi eloquente confermata dai dati previsionali più a breve medio termine che vedono nei prossimi anni l’incremento delle vendite mondiali pari al 276,9% attraverso le piattaforme e-commerce (Shopify).

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Si prevede infatti, che ad essere principalmente interessati saranno i beni di consumo essenziali (per un valore di 400 miliardi di dollari) soprattutto in Asia nei prossimi anni. Dati eloquenti che indicano un processo di sviluppo imponente: una domanda di beni e servizi che si esplica sulle piattaforme digitali, lontana dal consumo elitario riservato a segmenti ristretti della domanda. A crescere non è solamente il volume della merce venduta attraverso i canali digitali ma anche i fruitori delle piattaforme sino a coinvolgere sempre maggiori porzioni della popolazione globale. Per il 2020 si prevedono 2,05 miliardi di acquirenti digitali e 2,14 miliardi per il 2021.

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Il Coronavirus e l’impatto sui profitti per l’e-commerce

L’epidemia di Coronavirus ha prodotto pesanti ripercussioni sulle abitudini sociali della popolazione globale, le pratiche di distanziamento sociale, che unite alla chiusura di numerose attività produttive, rappresentano un forte impatto sui profitti per i colossi dell’e-commerce e sul volume complessivo delle vendite.

Solo in Italia, ad esempio, tra febbraio e marzo 2020, le vendite online sono cresciute in modo importante rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il comparto dell’e-commerce è stato ampiamente influenzato in concomitanza con l’Ordinanza governativa di sospensione delle attività pubbliche e lavorative nelle aree territoriali interessate dal virus. A marzo 2020, infatti, le vendite online hanno registrato un aumento del 90% rispetto allo stesso periodo del 2019.

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Questo fenomeno va oltre il nostro Paese e interessa il settore dell’e-commerce nel suo complesso. Quote sempre maggiori di persone evitano la folla rimanendo a casa, optando per l’acquisto online principalmente di beni di largo consumo, o comunque legati a necessità derivanti dall’emergenza sanitaria.

I primi a trarre beneficio dalla mutazione delle abitudini di consumo di massa sono stati i monopoli dell’e-commerce i quali hanno visto aumentare esponenzialmente i loro profitti. Basti pensare a Jeff Bezos, padrone di Amazon, che ha accresciuto il suo patrimonio rispetto all’anno precedente di 30 miliardi di dollari raggiungendo quota 145 miliardi di dollari (Bloomberg Index) (corretto perché il dato di bloomberg index non si riferisce alla quotazione finanziaria di Amazon ma al patrimonio di Bezos). Nel Primo trimestre del 2020, le vendite globali su Amazon su base annua sono aumentate del 26% raggiungendo 75,5 miliardi di dollari rispetto ai 59,7 miliardi totalizzati nel primo trimestre 2019. Una condizione di crescita comprensibile visto l’aumento della domanda di settore e la recente immissione di capitali pubblici in economia con l’intento di limitare le conseguenze economiche e sociali della pandemia, sostenendo sia le imprese in modo diretto sia la domanda aggregata.

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Infatti, l’aumento di domanda sulla propria piattaforma e-commerce e del volume di affari, ha portato Amazon ad ampliare il proprio organico di 175 mila lavoratori. Uno scenario che vede l’inasprirsi di condizioni lavorative anche nel settore della logistica, dall’inizio della crisi sanitaria. Dagli USA all’Italia, sui lavoratori vengono scaricati i costi della crisi e i rischi correlati sin dal suo inizio. Gli operai dei magazzini e i corrieri sono sottoposti a turni in condizioni massacranti, con misure di sicurezza carenti negli stabilimenti, assenza di dotazioni di protezione individuali e l’impossibilità di rispettare le pratiche di distanziamento sociale e di effettuare controlli epidemiologici.

Osservazioni conclusive

Ciò a cui stiamo assistendo è una ulteriore spinta al processo di centralizzazione del capitale causata dalla pandemia, uno scenario già caratterizzato dalla progressiva perdita di medie e piccole imprese rispetto l’emergere all’affermarsi di sempre più forti concentrazioni monopolistiche. Un processo storico che vede un tendenziale ampliamento delle masse proletarie. Un fenomeno esposto chiaramente ne il Manifesto da Marx ed Engels: «quelli che fino a questo momento erano i piccoli ordini medi, cioè i piccoli industriali, i piccoli commercianti e coloro che vivevano di piccole rendite, gli artigiani e i contadini, tutte queste classi precipitano nel proletariato, in parte per il fatto che il loro piccolo capitale non è sufficiente per l’esercizio della grande industria e soccombe nella concorrenza con i capitalisti più forti, in parte per il fatto che la loro abilità viene svalutata da nuovi sistemi di produzione».

Per quanto concerne i profitti dei colossi dell’e-commerce è evidente che in questa fase ci sia un aumento esponenziale, con tutte le conseguenze che ne derivano e che abbiamo già analizzato. Tuttavia è possibile avanzare anche qualche dubbio di tenuta nel medio termine. La crisi sanitaria innescata dal Covid-19 ha sempre più i risvolti di un terremoto sociale ed economico. All’orizzonte c’è uno scenario di crisi economica e i e i governi tenteranno di scaricarne gli ingenti costi sulle masse lavoratrici; è ragionevole dunque ipotizzare che possa subentrare una tendenza più moderata rispetto al recente trend di crescita: una “contrazione” dovuta al possibile moltiplicarsi di elementi di natura sociale ed economica, tra cui l’aumento della disoccupazione, la diminuzione dei salari e la conseguente flessione dei consumi da parte delle popolazioni più colpite.

Rimane però il fatto che il gap guadagnato in questi mesi dai grandi gruppi dell’e-commerce sarà utilizzato per consolidare il loro ruolo di primo piano nella competizione intermonopolistica del futuro rendendoli di fatto attori da monitorare nell’analisi dello sviluppo capitalistico dell’economia dei prossimi anni.

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