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Non è solo questione di pasta

I veri patrioti de La Molisana Spa, nota azienda italiana specializzata nella produzione di pasta, hanno ribattezzato le “conchiglie” con il nome storico di quel formato di pasta, “Abissine Rigate”. L’azienda ha scelto di tornare alle origini di quel formato di pasta: come si legge sul pacchetto, «negli anni Trenta l’Italia celebra la stagione del colonialismo con nuovi formati di pasta: Tripoline, Bengasine, Assabesi e Abissine».

C’è solo da essere folgorati da tanto amor di patria. Il colonialismo italiano viene celebrato, come una delle pagine più nobili della nostra storia. E in effetti cosa c’è di più nobile di promuovere la guerra, i massacri di civili, gli stupri, la schiavitù sessuale, i saccheggi, le torture, lo sfruttamento umano e del territorio? E che non si dica che questo è stato fatto in chiave nazionalista! L’italico valore – di cui già si era dato prova durante la “guerra al brigantaggio” – ha civilizzato a suon di guerre, deportazioni e soprusi di ogni genere i popoli di Eritrea, Jugoslavia, Libia, Albania, Somalia, Grecia, Cina ed Etiopia, pardon, Abissinia. Verrebbe da chiedersi quale sarebbe la ricetta per valorizzare il “sicuro sapore littorio” delle Abissine. Probabilmente include qualche tonnellata di bombe all’iprite e fosgene come quelle che si abbatterono sull’Etiopia. Pardon, l’Abissinia.

Scherzi a parte, non bisogna sottovalutare una vicenda del genere, anche se le frasi in questione sono poste “solamente” su un pacchetto di pasta. Da anni è in atto un processo di revisione storica ben configurato: normalizzazione del fascismo; rimozione dei crimini del colonialismo italiano; equiparazione tra nazifascismo e comunismo, passando per il revisionismo sulla resistenza partigiana (specialmente sul confine orientale) e con il fine di criminalizzare le lotte del movimento operaio. Non si tratta solamente della riproposizione della retorica degli “italiani, brava gente” e del “Mussolini ha fatto anche cose buone”. Si tenta, così, di archiviare nel passato un’esperienza storica in cui emerge il lato più brutale e repressivo dei capitalisti nostrani, sostenendo quindi che si può abbassare la guardia, che non ha senso lottare contro l’attuale sistema perché “ormai il peggio è passato”.

Il punto non è che la Molisana ha fatto una scelta di pessimo gusto con toni apertamente celebrativi del colonialismo italiano. Il punto è che questo solo pochi anni fa non sarebbe stato possibile. Anche una banalità del genere è il sintomo di un lento processo di riabilitazione del fascismo italiano nell’opinione pubblica, dai libri di Vespa alle più disparate falsificazioni storiche che trasformano i carnefici in vittime. In ballo non c’è solo un piatto di pasta.

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