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Grecia. Non si fermano le proteste, cresce la repressione autoritaria

La crisi da Covid-19 ha prestato il fianco, nell’ultimo anno, ad un grave irrigidimento delle misure di polizia in diversi Stati dell’Unione Europea, come anche in Italia abbiamo avuto modo di vedere. Tra questi, uno dei paesi che è stato maggiormente vittima di un crescente clima di repressione è sicuramente la Grecia, che con il KKE, la sua giovanile KNE ed il fronte sindacale PAME ha dato vita ad una grande manifestazione contro la violenza poliziesca lo scorso 9 marzo. Una piazza che giunge dopo mesi di proteste contro una riforma dell’università dai toni autoritari, che tra le altre cose mira a istituire un corpo di polizia universitaria. Dinanzi alla nuova giornata di mobilitazione, il governo greco ha dato un’ulteriore prova della sua natura antipopolare.

La manifestazione del 9 marzo era stata indetta per via dell’atto di violenza gratuita di cui si è reso protagonista un contingente di polizia presso il parco di Nea Smyrni, sobborgo meridionale di Atene. Qui, domenica 7 marzo, si è concretizzato un evento tragico: residenti, passanti e persino famiglie con bambini sono state aggredite dalla polizia, la quale stava svolgendo uno dei numerosi pattugliamenti che ormai si susseguono con sistematicità preoccupante, in maniera del tutto ingiustificata, in un’azione che è culminata con 11 arresti. Non una parola da parte delle autorità comunali in merito all’accaduto, ad eccezione dei consiglieri del KKE Giannis Kioulanis  e  Angelos Vrettos, che hanno puntato il dito contro la politica indetta da Neo Dimokratia (ND) da un anno a questa parte, irrigidendo il controllo poliziesco sotto le mentite spoglie dell’attenzione per il rispetto delle norme anticovid.

A seguito di ciò il KKE e il PAME hanno indetto una manifestazione popolare contro la gestione autoritaria e liberticida della destra greca, che ha preso forma nella serata di martedì 9 marzo. In quest’occasione migliaia di persone si sono mobilitate, con grande partecipazione giovanile, al grido di “Il terrore non passerà, la lotta operaia lo spezzerà” e “Dare soldi per la salute e l’istruzione. No alla repressione e al terrorismo”. Proprio in questa occasione, però, la violenza della polizia è tornata protagonista, come spesso avviene quando le classi popolari provano ad alzare la testa.

Dopo il concentramento avvenuto proprio a Nea Smyrni, infatti, si sono verificati alcuni scontri con la polizia che hanno portato uno degli ufficiali lì presenti a rimanere gravemente ferito. A seguito di questo evento, il pandemonio: un gruppo di manifestanti è stato isolato dal grosso del corteo, venendo accerchiato dal resto delle forze dell’ordine lì presenti che hanno iniziato a lanciare gas a base di sostanze chimiche, lacrimogeni e bombe stordenti, colpendo anche alcuni giornalisti presenti sul posto. Le squadre antisommossa, fiancheggiate dalla polizia motorizzata, si sono abbandonate ad una violenza incontrollata, con i video dell’accaduto che hanno catturato frasi come “Attacchiamoli. Sono finiti. Uccidiamoli“, con almeno 20 persone che hanno riportato gravi ferite al corpo e alla testa. I video mostrano pestaggi brutali, con una moto della polizia che investe un giovane ed altri poliziotti impegnati a manganellare manifestanti immobilizzati ed indifesi. Il bilancio finale della serata è di 16 arresti, con altri 11 manifestanti fermati e poi rilasciati, in quello che è stato un orrido teatro di violenza antipopolare.

Il premier Mitsotakis (ND) ha appositamente glissato sull’accaduto, limitandosi ad esprimere vicinanza al poliziotto rimasto ferito senza però prendere minimamente posizione contro l’ondata di violenza scatenata dai contingenti lì presenti. Tra le altre cose, il KKE ha segnalato immediatamente, tramite il proprio deputato Lambroulis, che i manifestanti hanno condannato, isolato ed allontanato coloro i quali hanno ferito l’agente di polizia, un atto che certo resta grave ma che è stato sapientemente ingigantito per legittimare l’escalation di violenza poliziesca da parte di Nea Dimokratia, mandante di una politica di crescente autoritarismo statale che si è intensificata nell’ultimo anno.

Dalle giornate di mobilitazione, il fronte costituito da KKE e PAME ha infatti riconosciuto e sottolineato ancora una volta che, mentre le forze borghesi tentano di criminalizzare in maniera sproporzionata l’accaduto, cresce il clima di terrore volto a limitare gli spazi di manovra delle classi popolari, vessate da un decennio di politiche antipopolari che hanno visto i loro effetti peggiori allo scoppio della pandemia. A tal proposito, il PAME si è così espresso in un comunicato: L’esperienza storica mostra che il funzionamento di tali meccanismi è utile all’attuale governo, che cerca di utilizzare questi incidenti per “assolvere” la repressione statale, spostando il fulcro della questione dalla natura della politica anti-lavoro che schiaccia il popolo”.

Il popolo greco è cosciente che su questo tema si batte una lotta fondamentale per il proprio futuro. Mentre la sanità, dopo anni di criminali privatizzazioni, è letteralmente al collasso, con una crescita vertiginosa della povertà, il governo di ND pensa ad irrigidire la stretta poliziesca in ogni ambito di conflitto, dalle scuole, alle università, ai quartieri. Non sarà certo questo atto a spaventare le classi popolari greche e le proprie organizzazioni politiche e sindacali, KKE in testa. I comunisti greci hanno già annunciato che torneranno in piazza a manifestare: la lotta continua.

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