Quella che segue è una ricostruzione della conferenza stampa tenuta ieri a Torino dagli studenti, in risposta alla ricostruzione della Questura sulle cariche contro il corteo di venerdì 28 gennaio.
—
DICHIARAZIONI DEL QUESTORE INACCETTABILI. GLI STUDENTI RACCONTANO LA VERITÀ SUI FATTI DI PIAZZA ARBARELLO. CONFERENZA STAMPA MARTEDÌ 1 FEBBRAIO, ORE 14, DINANZI AL LICEO GIOBERTI
«Venerdì 28 gennaio siamo scesi in piazza per manifestare per la morte di Lorenzo Parelli che a 18 anni è morto durante l’ultimo giorno di stage» comincia Francesco, 18 anni, rappresentante di una scuola di provincia. «La manifestazione qua a Torino l’abbiamo organizzata con diversi rappresentanti degli studenti e con il contributo di alcune organizzazioni giovanili come Fronte della Gioventù Comunista, Kollettivo Studenti Autorganizzati e LaSt-Laboratorio Studentesco. La partecipazione si è allargata anche ad alcuni sindacati della scuola e in generale la mobilitazione ha coinvolto più di 30 città in tutto il paese».
«La Questura di Torino aveva in precedenza negato la possibilità di fare corteo sostenendo che in zona arancione non fosse possibile» ci spiega Chiara, 15 anni, delegata nella Consulta studentesca provinciale «Il mattino del 28 in Piazza Arbarello eravamo in circa 400. Dopo un primo momento assembleare, abbiamo sentito l’esigenza di manifestare nelle vie della città, perché a 18 anni non si può morire lavorando gratis in stage. Quindi, una delegazione è andata a parlare con il rappresentante del Questore per chiedere la possibilità di partire in corteo, così da raggiungere l’Ufficio Scolastico Regionale, garantendo il distanziamento in piazza e così la salute di tutti».
«Non abbiamo richiesto il corteo in maniera irresponsabile» dichiara Miriam, 17 anni, iscritta a un liceo del centro «L’anno scorso, in zona rossa e con la campagna vaccinale appena iniziata, ci era stato concesso il corteo per la manifestazione del 29 gennaio 2021, dove avevamo percorso le vie della città in occasione dello sciopero generale indetto dai sindacati di base. Inoltre, abbiamo richiesto di partire anche perché in diverse altre città d’Italia, come Roma e Catania (la Sicilia è zona arancione), le Questure avevano già dato il permesso ai cortei studenteschi di partire.».
«Le parole rilasciate alla stampa del Questore di Torino non corrispondono al vero» continua Marco, studente al quinto anno di un professionale «Il rappresentante del questore in piazza ha negato qualsiasi forma di dialogo con la nostra delegazione, dichiarando semplicemente che il corteo non era autorizzato. Nonostante i nostri tentativi di discussione, il rappresentante del Questore ha scelto di andarsene senza lasciare ulteriori risposte. Abbiamo allora iniziato a muoverci verso l’imbocco della piazza, all’angolo con via Bertola. In pochi secondi è avvenuta una prima carica violentissima, uno studente, mio amico anche lui al quinto anno, è stato soggetto a un tentativo di strangolamento da parte di un funzionario di polizia, i reparti di celere hanno brutalmente aggredito i manifestanti obbligandoli a indietreggiare.».
«A quel punto ci siamo spostati in corteo nella piazza per cercare una via di uscita» racconta Chiara «Non sapevamo cosa fare, molti di noi erano spaventati. In tutti gli angoli della piazza i reparti di polizia hanno aggredito con una violenza inaudita gli studenti, molti dei quali di età compresa tra i 14 e i 18 anni. In nessun momento abbiamo fatto uso di oggetti o altri strumenti contro le forze dell’ordine. In risposta, siamo stati duramente manganellati, la polizia ha usato gli scudi per colpirci, provando a tirare calci anche alle parti intime e minacciandoci di morte. Le parole del Questore secondo cui tutto questo sia falso vengono facilmente smentite dai filmati. Non capiamo come i filmati della Questura di Torino possano dare spazio a diverse interpretazioni, anche se l’angolazione della videocamera cambia, la manganellata sulla testa di un quindicenne rimane la stessa»
«La brutalità della polizia è stata inaudita. Il bilancio dei feriti è di 40 manifestanti contusi, di cui più di 10 sono stati ospedalizzati in urgenza al CTO e all’ospedale di Moncalieri» ci riporta Miriam, che, tra l’altro, è una dei feriti «La Digos si è subito recata in ospedale cercando di andare in corsia al Pronto Soccorso ma gli infermieri del CTO non l’hanno permesso. I referti degli ospedali riportano 7 traumi cranici e contusioni e 3 ragazzi con contusioni su tutto il corpo. La ragazza con la prognosi più grave è di 32 giorni. L’intervento del 118 in piazza è stato cruciale per trasportare i casi più gravi in ospedale».
«Non è un caso se, al contrario, nessun poliziotto sia stato ferito» prosegue Francesco «La narrazione della Questura non rispecchia semplicemente la realtà dei fatti. Si sta cercando di criminalizzare la nostra lotta. L’utilizzo della violenza contro noi studenti e studentesse è un preciso atto politico per intimidire qualsiasi tentativo di organizzare le proteste contro il lavoro gratuito e la mancanza di sicurezza in alternanza scuola-lavoro. Non si spiega altrimenti un utilizzo così sproporzionato della violenza da parte della Questura di Torino che invece lascia fare qualsiasi cosa a cospirazionisti e complottisti. Chi invece lotta per i propri diritti viene invece duramente represso».
«Quanto successo venerdì 28 gennaio in Piazza Arbarello è un attacco inaccettabile alle nostre basilari libertà democratiche» afferma Marco. «È un fatto gravissimo che a Torino avvengano simili dinamiche, non possiamo rimanere indifferenti. Per questa ragione vogliamo rispondere con la massima mobilitazione studentesca questo venerdì 4 febbraio, ore 10:00 in piazza XVIII Dicembre. Scenderemo in piazza per la morte di Lorenzo, contro l’alternanza scuola-lavoro e per rivendicare il diritto e libertà di manifestare e il rispetto degli spazi di agibilità democratica. Chiederemo che il corteo venga autorizzato e ci attiveremo in tutti i modi per tutelare gli studenti e le studentesse da altre brutalità delle forze dell’ordine. Non abbiamo intenzione di smettere di lottare, in memoria di Lorenzo e per la sicurezza di tutte e tutti noi.».