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Il grande equivoco della povertà.

file000723440153In molti hanno salutato l’elezione del nuovo pontefice come una svolta nella politica della Chiesa. Il cambio di direzione si è palesato fin dai primissimi gesti messi in atto da Papa Francesco, che ha da subito compiuto alcune rinunce che sono apparse come gesti significativi nella direzione di una maggiore sobrietà, morigeratezza, e in qualche modo vicinanza ad una chiesa delle origini, più povera e meno sfarzosa. La Chiesa Cattolica in secoli di storia ci ha abituato ad una incredibile capacità di adattamento alle situazioni storiche e politiche, al punto da riuscire sempre a svolgere un ruolo di primissimo piano a livello globale. E le sue scelte non sono mai casuali.

Sebbene il nuovo pontificato sia appena all’inizio ed è impossibile dare giudizi definitivi, alcuni segnali sono interessanti per cogliere come oggi la Chiesa possa ancora dispiegare il suo potere di influenza sulle masse in senso assolutamente regressivo. L’esaltazione del valore della povertà ad esempio, è stata accolta a sinistra come un fattore positivo, un ritorno della Chiesa alla sua missione primaria, dalla quale il potere, la corruzione, la ricchezza l’avrebbero allontanata.

Questo valore della povertà genera un equivoco di fondo sul rapporto che le masse devono avere con essa, e soprattutto su chi debba rinunciare a cosa ed in nome di quale ragione. A parte alcuni gesti simbolici di valore mediatico, ma di scarsissimo valore reale, la Chiesa non diventerà certo un ente povero, non rinuncerà al controllo di enti ed attività economiche, non rinuncerà agli immobili e alle proprietà in ogni parte del mondo, perché la Chiesa ha bisogno di quelle risorse per mantenere in piedi l’enorme struttura che la compone. Rinunciare ad un anello d’oro, ad una mantellina rossa e all’appartamento papale, sono gesti il cui valore reale appartiene alla dimensione della nullità rispetto all’enorme patrimonio ecclesiastico, ma avvicinano la figura della guida suprema della Chiesa alle rinunce quotidiane che milioni di persone sono costrette a fare ogni giorno.

E la potenza dell’equivoco è straordinaria, per l’effetto regressivo che genera a livello di massa, dove in tutto il mondo si saluta il “Papa povero” o peggio ancora il “Papa dei poveri”. Sul finire degli anni ’80 la Chiesa inventò un pontefice perfetto per il crollo del socialismo nell’est Europa, oggi di fronte alla più grande crisi del sistema capitalistico, che schiaccia milioni di persone in una povertà assoluta, la riscoperta del valore della povertà è un potente antidoto contro la minaccia di una sempre maggiore voglia di protagonismo delle masse, di una forte richiesta di cambiamento, che a livello globale minaccia gli equilibri del sistema. Il continente dove più di tutti questa situazione è stata sperimentata in questi anni è proprio quel Sudamerica da cui Bergoglio proviene.

L’esaltazione del valore della povertà, del suo ruolo cristiano, costituisce la forma di giustificazione della condizione esistente, ed il rimando ad un futuro mondo nel quale trovare la giustizia. Se il regno dei cieli è per i poveri, tanto vale accettare la propria condizione terrena nella convinzione fideistica di un futuro migliore. Questo grande equivoco che oggi la Chiesa riscopre in tutta la sua potenza e attualità, è stata storicamente uno dei fattori che più fortemente hanno spinto alla passività le masse, basato sull’accettazione dell’esistente. Gli ultimi saranno i primi, ma lo saranno non in questo mondo, ma in un mondo futuro, al quale bisogna credere per fede, e nel quale si accederà tanto più facilmente quanto peggiori saranno le vostre condizioni, situazione esemplificata con il famoso cammello nella cruna dell’ago.

L’America Latina è stata il continente dove in questi anni la Chiesa Cattolica ha dispiegato con maggior forza questa strategia, che ora, di fronte alla crisi del capitalismo, può a tutti gli effetti divenire globale. Basta leggere le prese di posizione dell’allora Card. Ratzinger, a capo della Congregazione per la dottrina della fede, che già negli anni ’80 criticava la “Teologia della Liberazione”, ricordando come per la Chiesa la salvezza può venire solo da Dio e non dall’uomo.

L’esaltazione della povertà che viene dal Pontefice attuale rispecchia proprio questa condizione. La Chiesa riconosce la povertà, ne esalta il valore, ma proibisce qualsiasi attività volta a combatterne le ragioni, a modificare la condizione esistente. In un articolo pubblicato su The Guardian in apertura si riporta un’affermazione di Hèlder Camara, arcivescovo brasiliano che affermò: “Quando sfamo i poveri mi dicono che sono un santo. Quando chiedo perché sono poveri, mi dicono che sono comunista.”. Insomma siate poveri perché così vuole Dio.

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