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Combattere i poveri o la povertà? A Bologna il “daspo urbano” contro i senzatetto

di Lorenzo Soli*

Una notizia fresca dalla città felsinea vede il debutto locale di quello che è stato chiamato “daspo urbano”, una misura prevista dal Decreto Minniti approvato l’aprile scorso. La Municipale ha difatti multato una decina di persone che dormivano “sdraiate su materassi e accerchiate da numerose masserizie” (così è testualmente  riferito dalla nota di Palazzo d’Accursio, nel tentativo di definire con il giusto garbo i pochi averi di queste persone) nei pressi di viale Masini (vicino alla Stazione Centrale), con annessa notifica di allontanamento dalla città. Sempre nella nota si legge che questi “impedivano di fatto la fruizione del passaggio pedonale nelle vicinanze di infrastrutture ferroviarie“. Tutto questo in disposizione dell’articolo 9 del Decreto che prevede sanzioni pecunarie da 100 a 300 euro e un ordine di allontanamento dal luogo della illecita condotta in violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione degli spazi ‘ivi previsti’ che limitano la libera accessibilità e fruizione di infrastrutture ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale.

In questi tempi di salassi nei confronti dei lavoratori che si vedono costantemente togliere diritti e abbassati i salari, nei confronti dei disoccupati senza alcuna prospettiva per il futuro, con il padronato che cerca di “normalizzare” una situazione sociale sull’orlo dell’esplosione, ciò che è accaduto incarna una situazione per cui c’è davvero poco da essere sorpresi. In questo caso specifico, come conseguenza del dinamismo della reazione borghese nel tentativo di alimentare la “ripresa” con il sangue e il sudore proletario (di cui il decreto Minniti ne costituisce parte integrante, emettendo disposizioni su tutta una serie di situazioni che hanno delle implicazioni anche per le già risicate possibilità di protesta e di sciopero di lavoratori, studenti, disoccupati, inquilini di case e appartamenti ecc.), i problemi di ordine sociale vengono trasformati in problemi di ordine pubblico, in occasioni per sfoggiare camionette e manganelli, o per accrescere le entrate dell’erario! Per quanto riguarda i senzatetto il tutto si risolve solo in un continuo spostamento da un comune all’altro di persone che in ogni caso non hanno un luogo dove poter andare. Qualcosa di simile a ciò avviene invece anche per quanto riguarda il problema della droga, specie tra i giovani. L’importante non è inquadrare il problema dal punto di vista del sistema, delle alternative e delle prospettive da dare alla gioventù proletaria (ad esempio in materia di accesso all’istruzione, ad arte, cultura, sport e musica, accesso e diritto al lavoro) ma dal punto di vista dell’ordine pubblico, emarginando anche fisicamente nelle periferie di borgata, secondo le nuove disposizioni, un problema che così facendo non verrà mai eliminato.

In buona sostanza il decreto Minniti lotta contro i poveri, non contro la povertà, che secondo le recenti statistiche è in continuo aumento in Italia, mirando al contempo a nascondere le forme anche spontanee e più evidenti di malcontento, degrado, miseria ed emarginazione sociale. Bisogna a quanto pare arrivare alla deduzione che tutto questo è troppo da sopportare agli occhi di chi continua invece a campare sulla miseria e sul lavoro altrui.

Dai moderni “fogli di via” alle trasformazioni in atto nelle realtà urbane come il tentativo (proprio a Bologna) di trasformare le case in affitto per studenti e lavoratori in case per turisti, con la conseguenza di rialzare i prezzi dei già esosi e assolutamente indecenti affitti odierni, si vede operare, su più piani, una sempre maggiore agenda securitaria della borghesia, la cui fanteria è rappresentata dai ceti medi e dalla piccola borghesia che trova la possibilità di realizzare (quantomeno nell’ideologia) le sue visioni idilliache di pace e di sicurezza sociale nei quartieri “perbene”. Ma è appunto di illusioni che si parla, in quanto non solo i proletari ma tutte le classi medie, nell’attuale fase economica, vengono tendenzialmente gettate verso condizioni economiche inferiori, verso appunto la proletarizzazione (pur con diversi gradi e situazioni anche da regione a regione). Da diverso tempo però, anche in una città come Bologna (detta un tempo “la rossa”), complice il PD, che dalle recenti elezioni mantiene la sua egemonia sul comune, ma su cui concordano sostanzialmente tutte le altre forze politiche, queste prospettive sono la norma. Si potrebbero citare lunghe liste di sanzioni, di disposizioni nei vari comuni, nelle varie città d’Italia per capire come questi provvedimenti non servano ad altro che a questi scopi, a nascondere le contraddizioni che il capitalismo, in quanto sistema, non riesce e non riuscirà mai a risolvere. Contro gli impedimenti e le misure di questa natura ma, cosa più importante, contro gli impedimenti e le misure che necessariamente colpiscono anche le manifestazioni di protesta e di sciopero, la classe lavoratrice non ha altro strumento che l’esercizio della propria funzione autonoma nel quadro politico e sociale attuale, prospettando allo stesso tempo un cambio che non può che essere di sistema, sotto la guida del suo partito politico, il Partito Comunista, unico strumento per costruire una società dove siano eliminate povertà, sfruttamento ed emarginazione. La gioventù non starà a guardare, ma darà un decisivo contributo progressivo, nei luogi di studio, nelle università, nei quartieri di periferie e nei luoghi di lavoro, per combattere ed eliminare per sempre ingiustizie come queste.

*Segretario FGC Bologna

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