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«Chi è ancora al lavoro è senza protezioni, noi senza garanzie e tutele». Intervista a un’operatrice museale precaria

Abbiamo intervistato Fabiana (nome fittizio), 20 anni, studentessa e lavoratrice precaria come operatrice museale in una società esternalizzata del Comune di Roma che gestisce le mansioni di assistenza di sala e di accoglienza dei visitatori dei musei di Roma nei casi di assenza dei dipendenti della municipalizzata Zetema, principale gestore del servizio. Una testimonianza tristemente significativa di una situazione di grande precarietà, purtroppo diffusa specialmente tra la gioventù ma non solo, che l’attuale emergenza economica e l’inconsistenza delle misure prese finora non fa che aggravare ancora di più.

Fabiana, ci puoi raccontare brevemente in cosa consistono le tue mansioni?

Prima dello scoppio dell’emergenza ero addetta alla sostituzione del personale Zetema (la municipalizzata del Comune che gestisce principalmente il servizio) in caso di loro assenza per ferie o malattia. Il mio servizio riguardava l’accoglienza dei turisti nei musei del Comune di Roma, e qualche volta anche ad altri eventi organizzati sempre dal Comune.

 Quale era la tua condizione lavorativa prima dello scoppio dell’emergenza?

Avevo un contratto a chiamata e venivo pagata ad ore, un contratto con cui però non potevo usufruire della malattia pagata o delle ferie retribuite, e durante i giorni festivi prendevo come un giorno normale, a differenza dei lavoratori di Zetema. I nostri turni potevano variare dai 4 ai 6 giorni a settimana con una variazione dalle 5 ore arrivando anche alle 10 ore al giorno, se non anche di più. Per molti è l’occupazione principale, quella con cui provano a mantenersi.

Abbiamo lavorato a pieno regime fino alla data del primo decreto (8 marzo 2020) in cui si era data l’ordinanza di chiudere i musei.

Quando è scoppiata l’emergenza cosa è successo?

Dopo l’8 marzo, con i musei chiusi, siamo stati contattati per continuare a lavorare anche se con meno turni. Io personalmente non ho accettato perché non ci hanno fornito il materiale necessario per proteggerci e non volevo mettere a rischio la mia salute e quella di chi mi sta intorno. Coloro che hanno accettato sono principalmente padri e madri di famiglia che hanno delle spese importanti da affrontare e hanno bisogno necessariamente di un’entrata. In entrambi i casi comunque abbiamo subito grandi disagi per il mese di marzo: sia chi è andato, in quanto ad ore lavorative non ha raggiunto una cifra adeguata per la propria sussistenza, sia chi ha scelto di rimanere a casa, in quanto ha solo il sostentamento per i pochi giorni lavorati nella prima settimana di marzo che certamente non è sufficiente per affrontare le spese quotidiane.

Quindi non è stata garantita nessuna misura di sicurezza per chi ha dovuto continuare a recarsi a lavoro? 

Assolutamente no, a quei pochi che per necessità economiche sono stati costretti ad andare al lavoro non sono state fornite né mascherine, né guanti come era stato garantito. Poi soprattutto non c’è alcuna garanzia di sicurezza durante il tragitto per il lavoro dove i rischi sono maggiori.

Il governo ha preso qualche misura per far fronte a questa situazione?

Lo Stato per il momento non ci sta tutelando, molti di noi hanno provato anche a rivolgersi a privati per fare la domanda per il bonus da 600 euro visto le difficoltà riscontrate ad accedere sul sito dell’INPS che si bloccava in continuazione. La risposta è però sempre stata la stessa: “la domanda si può fare ma non vi spetta, non rientrate nella categoria”. Il bonus da 600 euro è previsto infatti per lavoratori autonomi con partite IVA, artigiani, commercianti, ecc. ma il nostro contratto non rientra nella casistica, contratto che essendo a chiamata è già di per sé sprovvisto dei diritti di malattia, ferie, tredicesima e permessi. Per alcuni di noi scadeva a fine marzo, forse non tutti avranno i requisiti per richiedere la Naspi, e quelli che li hanno devono auspicare che le tempistiche non siano lunghe. Per altri il contratto terminerà il 30 giugno 2020, fino a quella data non ci sarà la possibilità di richiedere nulla, al massimo ci chiameranno solo per qualche sporadico turno che forse nemmeno arriverà.

L’azienda per cui lavori vi ha dato qualche garanzia?

Abbiamo contattato l’azienda in questi giorni perché non ci hanno scritto nulla a riguardo né dato risposte concrete. Abbiamo chiesto se finita questa emergenza potremo tornare a lavorare, ma da come ci hanno detto non lo sanno neanche loro. Quando c’era da compilare la domanda per il bonus chiedendo che tipo di lavoro dovevamo inserire, se accessorio o subordinato, non ci hanno dato nessuna risposta se non che stavano lavorando alla questione. Sicuramente se non ci fossimo attivati noi non ci avrebbero comunicato proprio nulla.

Come si stanno organizzando i lavoratori del settore?

Stiamo provando a mandare lettere di reclamo ma altro non riusciamo a fare visto che non abbiamo neanche un sindacato a cui far riferimento. Molti miei colleghi che devono mantenere la propria famiglia speravano nel bonus ma hanno visto completamente disattese le loro aspettative, lo stesso vale per gli studenti universitari come me che sono costretti a lavorare per mantenersi gli studi, ora non sappiamo come poter continuare visto che non potremo permetterci di pagare le tasse (l’ultima rata delle tasse universitarie è stata solo posticipata da alcuni atenei, ma non è stata soppressa dal MIUR per tener conto della condizione economica degli studenti lavoratori e delle loro famiglie in questo momento, ndr).

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