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Cosa ci insegnano (ancora) le proteste in Francia

di Alessandro Tosolini

In Francia la situazione si è fatta nuovamente tesa. Da un mese migliaia di manifestanti stanno occupando le strade e le piazze francesi per protestare contro la proposta di legge sulla sicurezza globale che il governo Macron, pur tra vari tentennamenti, sembra intenzionato a varare. Il punto che ha suscitato maggiori proteste è l’articolo 24, che dovrebbe comportare fino ad un anno di reclusione e 45.000 euro di multa per la diffusione di immagini e video che ritraggono l’operato della polizia in servizio. Palese è il tentativo di voler garantire impunità alle violente aggressioni della polizia che ormai in Francia sono quasi pane quotidiano. Ha scosso in particolare l’opinione pubblica francese il violento pestaggio da parte della polizia del produttore musicale nero Michel Zecler il 21 novembre scorso; il riconoscimento e l’incriminazione degli agenti è stato infatti possibile solo grazie alle telecamere di sorveglianza presenti nell’abitazione del produttore. Questo è il mix esplosivo che ha portato migliaia di francesi, compresi moltissimi lavoratori guidati dalle aree più combattive della CGT, oltre che il movimento dei Gilet Gialli e diversi organizzazioni per i diritti umani, a riversarsi per le strade. Pressato dall’ampiezza delle mobilitazioni, Macron ha annunciato rapidamente l’intenzione di riscrivere parzialmente la legge, in particolare il famigerato articolo 24. Questa concessione, fatta al fine di smorzare e dividere la protesta, non ha ottenuto l’effetto e le proteste sono continuare: i manifestanti continuano a chiedere il ritiro totale e completo della legge e non la sua semplice modifica.

Queste proteste si collocano in un uno scenario francese decisamente più combattivo rispetto a quello italiano. Nello stesso periodo, il 23 Novembre, c’è stata infatti a Parigi la protesta dei migranti a Place de la Republique, duramente repressa e fatta sgomberare dalla polizia. Scioperi e proteste dei lavoratori si susseguono inoltre da mesi in tutti i settori. Senza dimenticare le imponenti manifestazioni operaie dell’ottobre di quest’anno.[1] Certo, in tutti questi casi parliamo comunque di lotte difensive, pur se incredibili se confrontate con casi di totale piattezza e marginalità delle lotte come quello italiano, e che subiscono la pronta e brutale repressione della polizia. La legge sulla sicurezza globale si inserisce proprio nel tentativo da parte del governo Macron di far fronte a queste lotte con crescente autoritarismo. Non senza ragione, il Partito Comunista Rivoluzionario di Francia (PCRF) ha parlato di “fascistizzazione della democrazia borghese”[2], intendendo con questo termine il fatto che pur mantenendo la cornice democratico-parlamentare, la classe al potere tende sempre più ad utilizzare l’illegalità e la violenza per reprimere gli scontri e le proteste e per mantenere il suo potere.

Il caso francese e la prontezza della risposta del movimento dei lavoratori ai tentativi autoritari del governo costituiscono un utile termine di confronto col caso italiano. Il decreto sicurezza, che punisce con pesanti pene detentive l’occupazione di stabili e gli assembramenti delle manifestazioni che impediscono la circolazione dei veicoli, è infatti stato approvato l’anno scorso senza sostanziale opposizione da parte delle piazze italiane. E la pretesa “abolizione” dei decreti sicurezza da parte dell’esecutivo 5 stelle-PD  è in realtà solo un ritocco formale, funzionale più alla propaganda elettorale che altro.[3] Indubbiamente l’assenza di un movimento dei lavoratori paragonabile a quello francese è un fattore che influenza molto i movimenti di protesta contro le misure repressive quali il decreto sicurezza: oltre a ciò, anche la strumentalizzazione da parte di questi movimenti da parte del Partito Democratico in funzione prevalentemente elettorale di opposizione alla Lega e l’atteggiamento di subordinazione dei sindacati confederali hanno un ruolo determinante in questa situazione.[4]  Sono stati i settori più combattivi della CGT francese e del suo sindacato dei giornalisti SNJ-CGT a dare una maggiore radicalità alle proteste.

Ciò dimostra non solo la centralità, oltre che l’urgenza, di un movimento combattivo dei lavoratori paragonabile a quello francese, ma anche la necessità di sottolineare la natura repressiva e anti-operaia dello stato borghese e del suo apparato repressivo, rifiutando i tentativi di “parlamentarizzare” i movimenti contro la repressione autoritaria dello stato, che come dimostra il caso del decreto sicurezza non comporta di una stretta repressiva che è intrinseca al sistema borghese stesso e alla sua natura violenta.

[1]https://www.lordinenuovo.it/2020/10/17/per-un-processo-di-lotta-che-duri-nel-tempo-il-sindacalismo-di-classe-scende-in-piazza-a-parigi/

[2]https://www.resistenze.org/sito/te/po/fr/pofrkn08-023415.htm

[3]https://www.senzatregua.it/2020/10/07/no-il-pd-non-ha-cancellato-i-decreti-sicurezza-di-salvini/

[4]CGIL, CISL e UIL hanno infatti salutato con favore la modifica di facciata dei decreti sicurezza da parte dell’esecutivo 5 stelle-Lega. http://www.cgil.it/dl-sicurezza-cgil-cisl-uil-superamento-decreti-sicurezza-buona-notizia-rimette-al-centro-diritti-umani/

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