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Nella legge di stabilità si ripresenta il finanziamento alle scuole in base ai “risultati”

561854_451888868197244_1329428591_nIl 24 dicembre, la vigilia di Natale, il governo Monti ha portato a termine il mandato ufficiale per cui è nato: varare la legge di stabilità 2013, sostenuta con un fervore ideologico quasi a limiti del ridicolo e presentata come un qualcosa di assolutamente necessario alla nostra sopravvivenza. Un nome nuovo, utilizzato negli ultimi anni per chiamare quelle che una volta era la finanziaria, cioè la previsione di bilancio dello Stato, il luogo legislativo in cui di conseguenza vengono messi in pratica tutti i tagli e i provvedimenti economici programmati da un governo per l’anno successivo. Nell’ultimo atto del governo “tecnico” delle banche, dell’UE e dei grandi monopoli europei, tra le varie misure da massacro sociale, come l’aumento al 22% dell’IVA , c’è posto anche per la scuola.

Il regalo di Natale di Monti alla scuola pubblica italiana è l’ulteriore proseguimento del processo di inasprimento della selezione di classe nella scuola superiore portato avanti da tutti i governi, sia di centrodestra che di centrosinistra, fin dal 1994: ancora tagli.

Ma non è tutto. Il testo del comma 149 dell’articolo unico della legge di stabilità infatti recita :”A decorrere dal 2014 i risultati conseguiti dalle singole istituzioni (=scuole) sono presi in considerazione ai fini della distribuzione delle risorse per il funzionamento “.

Queste righe piuttosto vaghe hanno una potenzialità tanto distruttiva da aver suscitato lo sdegno, ovviamente a bassa voce, persino nei sindacati gialli.

Torna immediatamente alla mente il piano di finanziamento in base al risultato dei test Invalsi che il Ministero dell’Istruzione cerca di introdurre da anni, già smascherato, denunciato e combattuto dall’allora collettivo Senza Tregua. E queste due righe, che passano quasi inosservate nella mole della legge di stabilità, danno il definitivo via libera dal 2014 a questo piano scellerato.

Poggiando le sue fondamenta nel concetto di “merito”, analogo scolastico della “competitività” sul posto di lavoro, il progetto, che si avvicini sempre più alla sua concretizzazione, prevede di stanziare più fondi a quelle scuole che ottengono risultati migliori nei tristemente famosi test a crocette, e meno alle scuole che vanno complessivamente peggio. Già il buon senso da solo imporrebbe di fare il contrario, se si vuole dare un istruzione di qualità a tutti, cioè di dare più soldi alle scuole con più difficoltà per farle migliorare. Ma è chiaro che la scuola di classe, quella che ci offre questo sistema, non va in questa direzione, ma vuole escludere sempre di più la maggior parte dei figli della classe lavoratrice dall’istruzione, li vuole relegare ad un’educazione scolastica scadente di serie B, mentre l’istruzione di qualità deve rimanere un diritto d’élite.

È fin troppo elementare capire quanto i risultati di un test comune tra tutti i tipi di scuole superiori (licei, tecnici e professionali), in cui non si considerano le differenze socioculturali tra le diverse aree del paese, o tra le diverse zone di una stessa città (nord e sud, centro e periferia), che evidentemente hanno un influenza primaria, diventeranno una beffa tremenda per la maggior parte degli studenti e porteranno al finanziamento quasi esclusivo per le “scuole bene”.

Il movimento studentesco di questo autunno è stato capace di far rientrare il PDL ex-Aprea, ma questa vittoria, per quanto significativa, non basta. La lotta deve andare avanti, tutte le stagioni, contro la scuola di classe, per una scuola accessibile a tutti. E questa lotta deve passare tanto per le manifestazioni in piazza quanto per la lotta quotidiana all’interno delle contraddizioni del sistema capitalistico, che si mostrano anche nell’istruzione. Dopo quest’ultima misura del governo Monti, la lotta contro i test Invalsi diventa più importante e attuale che mai. Bisogna bloccare assolutamente il perverso meccanismo di dismissione della scuola pubblica, e per farlo bisogna anche mettere governi e ministri di fronte alle loro responsabilità, e quindi bloccare il contributo scolastico è ancora una volta una parola d’ordine fondamentale. Boicottaggio dei test Invalsi e blocco dei contributi devono andare a braccetto e devono essere sostenuti in massa se si vuole davvero lottare per la scuola pubblica.

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