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Il fenomeno “De Luca” e lo show ai tempi della pandemia

di Riccardo Tastardi e Giuseppe Cammarano

Carabinieri a casa, sciabole e lanciafiamme durante le feste di laurea e divieto assoluto di uscire di casa: continua la linea dura attraverso la quale il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, si è ritagliato nelle ultime settimane una fama pressoché internazionale. Le sue esternazioni sopra le righe in merito alla gestione dell’emergenza Covid-19 non hanno fatto altro che accrescerne la popolarità, anche grazie alla martellante presenza sui social network. Non a caso, il governatore campano è al primo posto tra i venti presidenti di Regione per numero di follower, post e soldi spesi per pubblicizzazioni.

La realtà dietro lo show

Chi conosce il personaggio sa bene la natura di questa strategia comunicativa, fatta di appelli autoritari che mascherano ben altri intenti, ovvero quello di sfruttare la legittima paura della popolazione nei confronti della pandemia per deresponsabilizzare le politiche seguite dalla sua amministrazione, in linea con la tendenza generale di tutto il Paese, di ingenti tagli fatti ai danni della sanità pubblica.

I dati del Ministero dell’Economia parlano chiaro: per rispettare alla virgola le norme del Patto di Stabilità e quelle relative al commissariamento della sanità Campana per debiti pregressi, la sanità regionale ha agito con una politica di enormi tagli, in totale concordanza con il progetto dell’autonomia regionale (iniziata con la riforma del titolo V) e con i piani di rientro dai deficit dei bilanci della sanità. Questi tagli hanno riguardato in Campania soprattutto il personale sanitario, in particolare medici ed infermieri, mentre veniva sistematicamente aumentato il salario ai direttori generali delle ASL e delle Aziende Ospedaliere (essendo stati nominati direttamente da De Luca tramite un rapporto fiduciario).

La ferita derivata da questo taglio, oltre ad essere evidente nella lentezza e maggiore inefficienza del Sistema Sanitario Regionale (il punteggio dei Livelli Essenziali di Assistenza nella Sanità mette la sanità campana penultima, seguita solo da quella calabra) è ribadita da una crescita irrisoria della spesa sanitaria del solo 1,1% a fronte di una crescita nazionale del 6%. Nel frattempo invece, si registrano aumenti in doppia cifra delle province di Bolzano e Trento (+20,1%), in Lombardia (+15,5%), Emilia Romagna (+11%) e Sicilia (+10,2%).

La spesa del settore è, inoltre, scesa drasticamente: si è scesi dai 3 miliardi e 265 milioni del 2009  ai 2 miliardi e 590 milioni del 2017, risaliti poi di circa 31 milioni nel 2018, primo anno con un piccolo incremento, anche in questo caso di briciole rispetto ai tagli avvenuti precedentemente.

Basti pensare che se nel 2009 la Campania era la seconda regione per spesa per il personale sanitario dopo la Lombardia, nel 2018 era diventata sesta, superata dalla Lombardia, dal Lazio, dalla Sicilia, dal Piemonte e dall’Emilia Romagna; tutte, tranne il Lazio, meno popolose.

Per poter far fronte all’emergenza dopo gli enormi tagli, De Luca e la sua amministrazione oggi puntano sulla repressione e sulla sua spettacolarizzazione. Risulta chiaro che non potendo gestire l’emergenza De Luca abbia deciso di adottare una politica “dura” nei confronti di coloro che fanno sport all’aperto o anche semplicemente passeggiando all’aperto singolarmente.

Questa non è altro che una pezza usata per coprire l’enorme buco causato dalla sua amministrazione in campo sanitario, in perfetta  continuità con le precedenti, e al contempo polarizzare a sé i consensi.
Questo tipo di politica repressiva è stata estesa fino a diventare un’aperta gogna da parte delle istituzioni nei confronti di coloro che si rifiutano di lavorare nel settore sanitario per pochi spiccioli e senza un contratto di lavoro a tempo indeterminato, i quali vengono accusati di porre una “questione economica anziché correre alle armi” (come è successo nel caso dei 3 medici dell’ASL di Napoli), salvo per poi compiacersi quando ben 8000 medici si fiondano da tutt’Italia per un concorso di 300 posti, nascondendo che la chiamata alle armi viene rispettata esclusivamente per la condizione di miseria nella quale imperversano i lavoratori del settore sanitario, costretti ad essere sfruttati con turni massacranti e una paga misera, proprio a causa di questi tagli.

Osserviamo dunque in modo analogo ad altre questioni, come anche nel caso della gestione del Covid-19, la tendenza generalizzata della politica sia quella di non dare la colpa dell’ampia diffusione del virus agli enormi tagli sul settore sanitario e chi ha voluto tenere aperte le fabbriche e la produzione non necessaria, bensì  concentrarsi su questioni futili che tendono a colpevolizzare i soli comportamenti del singolo. In questo contesto si spiegano le sue dichiarazioni su carabinieri muniti di lanciafiamme o che sia necessario rimanere in casa senza poter uscire per nessuna ragione che non sia di strettissima necessità (stranamente il lavoro rientra tra esse, per la felicità di Confindustria).

Intendiamoci, non si tratta di giustificare i comportamenti di chi esce di casa senza una valida ragione disattendendo le norme igienico/sanitarie indicate dalle autorità sanitarie e dal buonsenso, ma è evidente l’operazione quando ci si riduce a parlare solo di questo. La retorica che addita i singoli, magari incoscienti, come untori può nascere solo in questo clima di terrore,dove la colpa viene fatta ricadere sul singolo e sulle sue esigenze, deresponsabilizzando la politica di De Luca (in linea con le precedenti) per ciò che è stato fatto negli ultimi anni per quanto riguarda i sopracitati tagli.

Il personaggio di De Luca e le sue mosse elettorali.

 

La Campania va verso le elezioni amministrative e regionali, in origine previste tra l’Aprile e il Maggio del 2020 anche se ormai non è da escludere il rinvio a causa dell’emergenza. È ben noto il tracollo che De Luca ebbe alle elezioni del 2018: in Campania il Movimento 5 Stelle stracciò il Pd e inflisse una prima sconfitta alla famiglia De Luca. Il primogenito Piero De Luca (nonostante l’indicazione di voto del padre) fu infatti battuto nei collegi di Salerno e Caserta non solo dal candidato grillino, ma anche da quello del centrodestra.

Questo avvenne a seguito della vittoria del 2015 alle regionali campane, con ben il 41% di preferenze personali (nonostante la presunta impresentabilità). Inoltre nel 2017, venne eletto sindaco di Salerno con il 70% delle preferenze Enzo Napoli, indicato espressamente da De Luca come propria preferenza.
Possiamo quindi supporre, a ragion veduta, che la maggior parte del consenso di cui gode “lo sceriffo” sia trasversale, ma che si riveli oramai solo alle elezioni degli Enti Locali, mentre alle elezioni politiche o europee questo consenso svanisce. Una dinamica frutto di politiche clientelari, che gli assicurano supporto da parte dei “portatori di voti” a livello locale, supporto che è “personale” e non estendibile a livello nazionale. Con questa mossa mediatica, cerca dunque anche di estendere la sua popolarità in tutto il Paese.

Per evitare il possibile tracollo elettorale che, dati alla mano, sembra poter avvenire, lo “sceriffo” (termine con il quale era conosciuto anche ai tempi dell’incarico di sindaco di Salerno) ha deciso dunque di seguire due trend nella comunicazione politica già avviati da numerosi personaggi del mondo istituzionale:

-Quello del “bonapartismo” social, creando attorno a sé l’immagine di una persona forte, determinata a limitare la pandemia a tutti i costi, e che vuole proteggere la regione da fantomatici “untori”, in questo momento d’apice della pandemia attraverso l’ingente investimento nelle inserzioni sui social di Zuckerberg: parliamo di più di 50.000$ spesi dall’inizio del mese. Un episodio rende evidente questa strategia è la lettera rivolta al Governo, nella quale richiede mezzi per sostenere l’emergenza, lamentandosi dell’abbandono da parte dello Stato, escludendo le proprie responsabilità per quanto riguarda queste mancanze e adottando toni altamente catastrofici, per compattare la popolazione attraverso una legittima paura e incalzare l’accusa allo Stato.

L’atteggiamento fondato su una retorica sbagliata e dannosa, che vorrebbe un Meridione in cerca di rivalsa e di riscatto sociale, contrapposto ad un Nord impegnato a godere delle ricchezze nazionali. Una retorica che fa leva certo su una questione meridionale nota a tutti, ma che viene utilizzata per autoassolversi dalle proprie responsabilità, promuovendo tra i ceti proletari del Sud un sentimento di rivalsa che prende come bersaglio quelli “del Nord” in generale, inclusi i proletari che non per forza se la passano tanto meglio. Anziché puntare i piedi sui problemi dell’Autonomia Regionale (che tanti danni ha fatto anche alle “ricche” regioni del nord), si imbastisce un teatrino in cui i medici napoletani si “difendono” da quelli lombardi.

È innegabile che il sistema sanitario della Campania sia carente, soprattutto nei termini dell’offerta del servizio, e De Luca riesce a coprire abilmente le proprie responsabilità in questo, dal momento che il suo ruolo è in primis quello di garante del sistema di potere regionale.

De Luca ha dunque così trovato, ancora una volta, modo di rilanciare la propria figura, sfruttando in modo vile il terrore della pandemia e polarizzando a sé i consensi di tutto l’elettorato campano, che lo vede in questo momento di emergenza come “l’unica soluzione”, confermandosi come una sbiadita copia meridionale di Salvini.

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