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E se le fosse comuni in Ucraina fossero opera dei nazisti?

di Andrea Ferrannini

Le autorità ucraine hanno annunciato il ritrovamento, avvenuto lo scorso 20 agosto ad Odessa (Ucraina) durante i lavori per l’ampliamento dell’aeroporto, di 29 fosse comuni contenenti tra i 5000 e gli 8000 corpi che, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa statale Ukrinform, sarebbero databili tra il 1937 e il 1941. La notizia ha fatto il giro del mondo e l’Istituto Ucraino per la Memoria Nazionale (UINM) ha subito dichiarato che il responsabile di tale massacro sarebbe la polizia politica sovietica, artefice delle purghe degli anni trenta. L’identificazione dei corpi non verrà però effettuata, visto che i documenti ad essi relativi sono conservati negli archivi russi, non ancora desecretati. [1] Stando così le cose, una domanda non secondaria dovrebbe sorgere spontanea. In base a quali prove le autorità ucraine hanno potuto affermare subito che la strage è avvenuta “per mano di Stalin”, quando nel 1941 proprio nella regione di Odessa furono le truppe naziste e i loro alleati a compiere massacri di decine di migliaia di persone?

Attualmente non ci sono prove materiali che confermino la resposabilità sovietica, e il turbolento passato della città rende il quadro ancora più complesso. A seguito dell’invasione nazista dell’URSS, Odessa fu teatro di scontri furiosi, e durante la sua occupazione le truppe tedesche e rumene (la Romania era alleata con la Germania nazista durante la guerra) massacrarono centinaia di migliaia di persone. In particolare, il 24 ottobre 1941 circa 8000 ebrei furono uccisi nei pressi di Dal’nyk, un villaggio a soli 25 km da dove sono stati rinvenuti i corpi di questi giorni. [2][3] È interessante notare come a coincidere non è solo il numero di morti, ma anche la posizione dei due luoghi rispetto al centro della città (a sud-ovest) e il lasso di tempo entro il quale sono avvenute le due stragi.

Non abbiamo certo la pretesa di dire che i morti rinvenuti vicino all’aeroporto siano le vittime di Dal’nyk, ma è lecito chiedersi: perché con un caso così simile e con tutti i massacri commessi dai nazisti si è subito puntato il dito contro i sovietici, senza attendere ulteriori accertamenti? La cosa si è fatta ancor più paradossale quando il sindaco di Odessa ha dichiarato di voler già costruire un monumento commemorativo.

L’utilizzo politico della storia (e della sua distorsione) è diventato particolarmente comune nell’Europa orientale e, negli ultimi anni, in Ucraina. I governi ucraini succeditisi al golpe filo-UE del 2014 si sono dimostrati fortemente accondiscendenti nei confronti dei settori più estremisti del nazionalismo ucraino e del sentimento anti-russo. La conseguenza è che, se il governo di Putin in Russia fa oggi un utilizzo strumentale di elementi della storia dell’Unione Sovietica, richiamati sempre più stesso non per il significato rivoluzionario ma piuttosto in chiave di esaltazione patriottica della potenza russa, il nazionalismo ucraino risponde in modo del tutto speculare, utilizzando la demonizzazione della storia sovietica nel confronto con la Russia, anche a costo di legittimare come “eroi” anti-russi quelli che collaborarono con l’invasione nazista nella seconda guerra mondiale.

Questo clima politico non solo ha impedito agli storici di studiare le dinamiche e gli scontri politici e di classe che segnarono la costruzione del primo Paese socialista della storia, ma è stato accompagnato dalla messa al bando dei partiti comunisti e dall’attacco ai diritti dei lavoratori, ha piegato le resistenze più combattive e spesso ha legittimato il diretto impiego delle formazioni neonaziste per “fare il lavoro sporco” (come avvenuto nella strage della Casa dei Sindacati di Odessa del 2014). La borghesia ucraina odierna (e non solo quella) considera di vitale importanza adoperare tutti gli strumenti utili affinché i lavoratori vedano il comunismo non come un’alternativa allo sfruttamento capitalistico, ma come un demone da dover esorcizzare, mentre smantella pezzo dopo pezzo ogni loro diritto e conquista.

È in questo contesto che vanno lette le “leggi di decomunistizzazione”, che da una parte prevedono l’eliminazione di statue e simboli di epoca sovietica e dall’altra perseguono legalmente chi contesta “l’eroismo” degli indipendentisti ucraini dell’OUN e dell’UPA, bande armate che collaborarono con i nazisti e sterminarono senza scrupoli comunisti ed ebrei. Lo stesso UINM citato sopra è direttamente finanziato dal governo ucraino ed ha avuto un ruolo di primo piano nell’applicazione di queste leggi. [4] Non è superfluo far notare che lo stesso sentimento anima l’ormai famosa risoluzione del Parlamento Europeo che equiparava il nazismo al comunismo e riscriveva la storia affermando che la Seconda Guerra Mondiale sarebbe iniziata non per responsabilità del Terzo Reich, ma per comune responsabilità di quest’ultimo e dell’URSS. Se la si legge nemmeno troppo tra le righe, ci si accorge che i punti chiave sono proprio quelli di aperta polemica contro il governo della Russia di oggi.

Se si ha chiaro questo utilizzo politico della storia, diventa molto più facile comprendere la natura degli annunci che hanno riguardato le fosse recentemente scoperte a Odessa, e le ragioni per cui sembrerebbero essere stati accantonati correttezza e metodo storico.

[1]  https://www.bbc.com/news/world-europe-58340805

[2] https://www.tripmondo.com/ukraine/odessa/dal-nyk/

[3]  https://en.wikipedia.org/wiki/1941_Odessa_massacre

[4]  https://en.wikipedia.org/wiki/Ukrainian_decommunization_laws

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