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Ennesima provocazione imperialista contro il Venezuela.

da Redazione

Alcuni mesi fa era toccata la stessa sorte al Presidente Boliviano Morales, a cui diverse nazioni europee avevano impedito il sorvolo dello spazio aereo, temendo la presenza di Snowden sul volo presidenziale. Oggi ad essere colpito da analogo divieto, ma con motivazioni differenti, è il Presidente del Venezuella Maduro. Il divieto da parte degli Stati Uniti di concedere al Presidente venezuelano Maduro – in viaggio verso Pechino per un incontro col suo omologo cinese – lo spazio aereo su Portorico è solo l’ultima delle provocazioni (prepotenze?) da parte degli USA nei confronti del più alto rappresentante di un Governo democratico – e regolarmente eletto – “colpevole” di portare avanti gli interessi del suo popolo e di non cedere ai ricatti delle grandi oligarchie capitaliste nord americane. Ancora più grave – e farsesco, nella sua tragicità- l’inspiegabile ritardo/rifiuto da parte dell’amministrazione statunitense di rilasciare i visti alla delegazione venezuelana che intende recarsi all’assemblea generale dell’ONU al Palazzo di Vetro a New York: un episodio che assume nel contesto attuale il volto del sopruso e della prepotenza gratuita e che porta quanto meno a farsi qualche domanda sulla reale indipendenza e autonomia delle Nazioni Unite, ancora una volta ostaggio dei malumori dello Zio Sam, che oggi si improvvisa buttafuori e impone il proprio “dress code” all’ingresso del consesso internazionale.

 A pochi giorni dall’anniversario dell’11 settembre, l’altro 11 settembre -quello volutamente rimosso e relegato a un trafiletto sui principali testi scolastici- è chiaro che gli Stati Uniti non hanno rinunciato a guardare al Sud America come al proprio giardino di casa: un giardino dove fare il proprio porco comodo depredando le ricchissime risorse umane e materiali latinoamericane, funzionali ora come non mai al suo impero in declino, che – complice il probabile disimpegno dalla bomba ad orologeria mediorientale- guarda con rinnovato interesse predatorio al petrolio venezuelano “a un passo da casa” come riserva strategica da impiegare nello slancio annunciato verso il Pacifico. Questo disegno imperialista non avrebbe difficoltà a realizzarsi se in quest’ultimo decennio, sulla spinta e sull’esempio di Cuba, non si fossero realizzati gli esperimenti di democrazia popolare e partecipata che tutti conosciamo, esperimenti che hanno nel Venezuela la propria punta di diamante e nell’ALBA il proprio organismo sovranazionale: è evidente per gli Stati Uniti la difficoltà di confrontarsi con un antagonista che ha scelto di giocare la propria partita sul terreno della democrazia e della diplomazia, ma che incarna al contempo l’incubo peggiore del capitalismo nordamericano, quel “pericolo rosso” in grado di togliere ancora oggi il sonno ai più accaniti difensori del sistema. Ed è proprio questa mancanza di sonno e di ragione, unita ad un sottile senso di impotenza, che porta il paranoico e onnipotente Zio Sam a trasformarsi nel peggiore bullo di quartiere nei confronti dei suoi vicini più prossimi.

 I paesi dell’ALBA presenteranno proteste formali contro gli Stati Uniti per questo comportamento immotivato e vergognoso, avvieranno le azioni diplomatiche del caso e potrebbero arrivare a disertare in segno di protesta l’assemblea generale dell’ONU: continueranno cioè sul terreno della diplomazia la lotta per il rispetto della sovranità e contro qualsiasi tipo di ingerenza esterna. Non è invece chiaro quale sarà l’eventuale risposta della “più grande democrazia del mondo”, se continuerà ad esempio nel caso del Venezuela a inviare i controversi finanziamenti a Capriles, che gode in patria di una libertà che nessun attivista dei diritti civili, nessun comunista, ha mai goduto nei “democratici” Stati Uniti”- o se ha come asso nella manica torte cilene e strane primavere fuori stagione. Noi vigiliamo.

 

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