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Il futuro da solo non cambierà. Lotta con la gioventù comunista!

Perché un giovane nel XXI secolo dovrebbe aderire ad un’organizzazione rivoluzionaria comunista? Perché un giovane nel XXI secolo dovrebbe essere comunista? Cosa vuol dire essere comunisti?

Quante volte, nello svolgimento della nostra militanza quotidiana, ci siamo sentiti rivolgere queste domande. Non esiste una risposta singola e univoca che possa tenere insieme tutte le ragioni affinché questa scelta, questo impegno, possa valere la pena di essere affrontato. Ciascuno di noi, ciascun membro della nostra organizzazione è diventato comunista e ha scelto di aderire al FGC per motivi che possono essere diversi, ma tutti allo stesso modo validi.

La maggior parte dei giovani studenti e lavoratori che oggi si uniscono alle fila della nostra organizzazione appartengono alla generazione nata dalla metà degli anni ‘90 alla metà degli anni ‘2000, figli di un’epoca in cui da tempo l’esempio dell’esperienza comunista è stato sottoposto ad un processo di revisione, rimozione, e sterilizzazione tale da trovare a malapena spazio nei libri scolastici, se non attraverso una lettura falsata e mistificatoria. La caduta del muro di Berlino alla fine degli anni ‘80, ha sancito la fine di un’era in cui era ancora vivo e permeante nella coscienza collettiva l’esempio di un’alternativa concreta a quello che oggi, dall’ideologia dominante, ci viene presentato come l’unico e il migliore dei mondi possibili. Eppure ogni giorno vediamo crollare le promesse di libertà, benessere, pace e stabilità di cui questo mondo dovrebbe essere garante.

Dallo scorso anno compiono 14 anni, e quindi raggiungono l’età minima per l’iscrizione al Fronte della Gioventù Comunista, ragazzi e ragazze la cui vita coincide in tutto e per tutto con una fase di crisi irreversibile e sempre più grave del sistema di produzione capitalistico su scala globale; una crisi che è frutto delle contraddizioni esistenti all’interno del capitalismo e che mostra sempre di più l’insostenibilità di questo sistema. Ogni giorno vediamo le nostre condizioni di vita peggiorare insieme a quelle di tutta la nostra classe, vediamo di fronte a noi un futuro instabile fatto di precarietà, sfruttamento e disoccupazione. La scuola e l’università, lungi dal rappresentare luoghi in cui apprendere, crescere e maturare come persone, rappresentano sempre di più luoghi in cui ci insegnano a lavorare gratis e a venire sfruttati per gli interessi delle aziende, senza diritti, senza salario, senza la possibilità di organizzarsi collettivamente per far valere le nostre rivendicazioni. L’istruzione è stata trasformata in un sistema che ritiene più formativo mandarci nei magazzini a lavorare e a morire nei progetti di PCTO, come già accaduto a 3 studenti nel corso del 2022, piuttosto che garantirci dei luoghi sicuri in cui studiare.

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La guerra in Ucraina, frutto al tempo stesso sia della crisi che della risposta fornita alla crisi stessa da parte di questo sistema, ormai da un anno insanguina un intero territorio a poche centinaia di chilometri di distanza dalle nostre case, con decine di migliaia di nostri coetanei mandati a morire in nome di un nazionalismo folle, dietro cui si nascondono i reali interessi di chi ha voluto e continua a sostenere il perdurare di questa guerra imperialista. Una guerra combattuta per la spartizione imperialista di quei territori ricchi di materie prime, risorse energetiche e rotte commerciali, che tanto fanno gola ai padroni, siano essi i padroni dei paesi, come l’Italia, appartenenti alla NATO, o i padroni russi. I costi di questa guerra li paghiamo noi, così come li pagano i lavoratori e i loro figli in tutto il mondo: oltre a un aumento senza precedenti del carovita, con le bollette schizzate alle stelle e la benzina ormai a quasi 2€ al litro, si spendono decine di miliardi di euro per la guerra e l’invio di armi, sottraendo risorse economiche alle nostre scuole che cadono a pezzi, alla sanità pubblica e alla spesa sociale. Il nostro pianeta, le cui risorse consentirebbero a tutti un livello di vita dignitoso se solo venissero razionalizzate, viene distrutto per le assurde logiche su cui si fonda l’economia di mercato, basate sull’anarchia della produzione e lo sfruttamento selvaggio dell’ecosistema. Aumenta la povertà nel mondo e ogni anno aumenta il divario tra un piccolissimo pugno di parassiti che controlla la stragrande maggioranza della ricchezza mondiale e una massa sterminata di proletari, di operai, di lavoratori, sulle cui spalle si scaricano tutte le contraddizioni di questo sistema.

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Essere comunisti significa quindi, come diceva Che Guevara, tremare di fronte alle ingiustizie del nostro tempo e lottare per un mondo migliore, in cui queste ingiustizie non ci siano più, in cui nessuno possa sfruttare il lavoro altrui per proprio profitto personale e in nome di quel profitto alimentare la povertà, la disoccupazione, scatenare guerre, distruggere il nostro pianeta e l’umanità intera.

Le leggi che regolano lo sviluppo storico e lo sviluppo delle società non sono leggi eterne e immutabili: l’attuale sistema economico, sociale e politico, rappresentato in tutto il mondo dal sistema capitalista, è nato e si affermato ormai più di 250 anni fa e ha indubbiamente svolto, nel corso della storia, un ruolo progressivo. La classe sociale che ne è rappresentante, la borghesia, si è resa indubbiamente promotrice, in alcune fasi, di una spinta rivoluzionaria: è la classe che ha tagliato la testa ai re, che ha strappato dal feudalesimo masse imponenti di uomini e donne e che si è fatta rappresentante di ideali di libertà, portando alla conquista dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, della libertà di stampa, di associazione e di parola. Quella funzione storica si è ormai esaurita trasformando la borghesia da classe rivoluzionaria in classe reazionaria. Lo sfruttamento a cui la classe dominante sottopone i lavoratori in ogni parte del mondo è sempre più terribile, le contraddizioni di cui il proprio sistema economico è causa sono sempre più manifeste, le libertà universali di cui essa si era fatta portatrice diventano oggi vengono vanificate in nome della libertà di sfruttare il lavoro altrui e denunce, manganelli e repressione diventano la risposta che sempre più essa stessa usa per reprimere chi osa mettere in discussione i suoi interessi.

Essere comunisti significa quindi lottare per l’abbattimento del capitalismo e del potere della borghesia, lottare per la costruzione di un nuovo sistema economico, politico e sociale, cioè il socialismo. Un sistema fondato non più sul potere di un ristrettissimo numero di ricchi capitalisti, ma sul potere della maggioranza della popolazione, i lavoratori, ai quali dovrà andare il controllo su cosa si produce, su come si produce, dove e per quali interessi: quelli della collettività. Un sistema in grado di produrre un mondo con una diversa scala valoriale, basato sullo sviluppo armonico della società, sulla giustizia sociale, sulla solidarietà tra gli uomini e sulla pace tra i popoli e non sulla competizione, sulla sopraffazione, sullo sfruttamento e sulla devastazione.

Affinché ciò sia possibile, affinché sia possibile conquistare un futuro diverso da quello a cui il capitalismo ci condanna, è necessario impegnarsi e lottare, dotarsi di organizzazione e disciplina, agire in senso rivoluzionario combattendo l’indifferenza, la rassegnazione e il disimpegno, che purtroppo oggi rappresentano i sentimenti più diffusi tra la nostra generazione. Nessun cambiamento che possa porre fine all’ingiustizie del nostro tempo, potrà essere prodotto, e mai è stato prodotto nel corso della storia dell’umanità, in modo spontaneo, senza l’azione organizzata di gruppi di persone che si uniscono, si danno un programma politico, stabiliscono gli obiettivi e i mezzi per condurre la propria lotta. La politica tradizionale oggi viene comunemente intesa, non più come uno strumento di cambiamento dell’esistente, ma come un mezzo di arricchimento personale nella scalata sociale al potere, come via preferenziale di accomodamento ai privilegi di una classe politica corrotta in nome del mantenimento di interessi economici preesistenti ed intoccabili. Questa visione è stata alimentata anche a causa di anni di visioni opportuniste portare avanti dalla cosiddetta “sinistra radicale”, che ha compromesso fortemente l’immagine dei comunisti in Italia, provocando disaffezione e disimpegno tra le nuove generazioni nei confronti dell’attivismo politico e disillusione verso l’idea stessa che sia possibile, attraverso l’organizzazione, ottenere una qualsivoglia forma di riscatto.

E’ in questo contesto che il Fronte della Gioventù Comunista si è trovato ad operare nei 10 anni dalla sua fondazione, ponendo con forza la necessità di un’organizzazione comunista rivoluzionaria che, nella frammentazione delle forze esistenti, fosse in grado di intercettare le parti più avanzate e coscienti della gioventù proletaria, armarle di convinzione e coscienza di classe, facendosi palestra di lotta e occasione di crescita per la formazione di quadri in grado di sostenere e dirigere il processo di ricostruzione comunista nel nostro paese. Negli anni il FGC attraverso il rafforzamento della prassi e della sua struttura organizzativa è riuscito a conquistare un ruolo di avanguardia nei principali focolai di lotta del nostro paese, spalla a spalla con gli studenti, con i lavoratori, con i disoccupati, intercettando attraverso l’analisi le necessità e le problematiche degli strati popolari e trasformandole in un impegno materiale all’attivazione per migliaia di giovani.

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Iscrivendosi al Fronte della Gioventù Comunista “ogni giovane proletario che sente pesare sulle propria spalle il fardello della propria oppressione di classe” compie un gesto rivoluzionario, il primo atto della propria liberazione dalla barbarie di questo sistema. E’ bene ribadire e tenere sempre a mente che incontreremo non poche difficoltà nel portare a termine gli obiettivi che un’organizzazione rivoluzionaria si pone, così come difficile e pieno di ostacoli è stato il cammino fino ad ora nell’educare una nuova generazioni di giovani comunisti alla lotta e alla necessità di un rovesciamento rivoluzionario dei rapporti di produzione capitalistici.

Ogni giovane che intende approcciarsi con l’adesione militante ad un’organizzazione comunista deve essere spinto da una forte volontà, che deriva dalle condizioni materiali del suo esistere, dall’indignazione che prova nei confronti delle ingiustizie, delle discriminazioni e delle sopraffazioni che quotidianamente hanno luogo nei contesti di maggiore oppressione che questo sistema produce. Ogni giovane che intende aderire alla causa della ricostruzione comunista deve essere cosciente che la strada sarà costellata da numerose difficoltà, che l’attivazione politica richiederà un impegno costante a cui non sempre corrisponderanno immediati avanzamenti tangibili; proprio in quei momenti dovrà essere in grado di contrapporre alla delusione e allo sconforto la forza della sua motivazione, animato non dalla rassegnazione allo stato di cose esistenti, ma dalla profonda convinzione che sia possibile superare collettivamente i naturali momenti di difficoltà e sentirsi parte della migliore umanità esistente, che lotta per un mondo più giusto, libero dall’oppressione, dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dalle guerre.

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Per fare questo non sarà sufficiente per un giovane comunista prestare la propria adesione individuale all’organizzazione, ma rendersi esempio di rettitudine morale e punto di riferimento nei contesti di studio, di lavoro, in ogni ambito in cui agisce nella propria quotidianità, ricordando che a lui dovranno guardare i propri coetanei nelle scuole, nelle università, sui luoghi di lavoro come rappresentante della futura società socialista che vogliamo costruire, finalmente libera dagli abbruttimenti e dalle discriminazioni a cui il capitalismo condanna l’intera umanità.

Compito di ogni giovane comunista è infatti quello di diventare avanguardia, la parte più avanzata e consapevole della gioventù proletaria, sempre in prima linea quando si tratta di lottare e far valere le rivendicazioni dei propri compagni di scuola, di facoltà o di lavoro. Per farlo è necessario che un giovane comunista si metta nella condizione di non essere percepito come un “estraneo” dai propri compagni di scuola o colleghi, come una sorta di “profeta” che dall’alto delle sua consapevolezza politica indica agli altri la strada da percorrere senza che esso stesso ne prenda parte; al contrario, ogni giovane comunista deve compiere la propria azione e la propria militanza a stretto contatto con i propri coetanei, conoscendone le contraddizioni, le preoccupazioni, condividendone gli interessi ed essendo in grado di fornire, grazie al lavoro svolto con l’organizzazione politica, le risposte ai problemi quotidiani e alle contraddizioni della nostra classe, indicando la strada della lotta, della necessità dell’organizzazione politica e del rovesciamento rivoluzionario di questo sistema.

Ogni giovane comunista deve sentire sulle proprie spalle il peso della responsabilità del proprio agire all’interno della società, deve avere una conoscenza approfondita della storia del movimento operaio e comunista e sentirsi orgoglioso di esserne erede, di farsene promotore contro le viziature dell’ideologia dominante. Deve tenere sempre a mente, allo stesso modo, che esercitare un ruolo di avanguardia non significa solo avere una buona conoscenza della teoria, o saper recitare a menadito i “testi sacri” del marxismo-leninismo, ma avere la volontà di trarre dal grande bagaglio teorico ed ideologico che l’esperienza comunista ci ha lasciato gli strumenti per analizzare il mondo che ci circonda e per agire su di esso plasmandolo. Solo dal marciare insieme di teoria e prassi ne può derivare un lavoro realmente rivoluzionario, abbandonando le presunzioni, ogni tipo di vanità o di autocelebrazione, essendo sempre pronti ad acquisire nuove esperienze, ad arricchirsi tramite lo studio, essere aperti al confronto anche con chi non la pensa ancora come noi, per far valere le motivazioni che ci guidano, per testare la giustezza della nostra analisi e l’efficacia delle nostre argomentazioni. Non arroccarsi all’interno delle proprie convinzioni, ma essere sempre disponibili al dialogo, non elevandosi al di sopra delle masse, ma interpretando in ogni contesto quei sentimenti istintivi che spesso le guidano, fornendo gli strumenti critici e di analisi per far comprendere fino in fondo la verità delle cose, al fine di orientarne l’azione in un’ottica compiutamente rivoluzionaria: questo è il ruolo che deve esercitare un’avanguardia comunista.

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Il Fronte della Gioventù Comunista ha sempre applicato la forma dell’organizzazione di quadri, riconoscendo sin dai primi anni della sua fondazione, l’importanza centrale che avrebbe rivestito la formazione di una nuova generazione di giovani comunisti in avanguardie della classe, capaci di sostenere e dirigere il processo di ricostruzione comunista. Una nuova generazione di militanti comunisti che non ha vissuto sulla propria pelle la degenerazione e il fallimento della sinistra opportunista, che possa essere spinta propulsiva e scintilla del cambiamento, stimolo ed esempio per i propri compagni di scuola e di lavoro, motivo di entusiasmo e  spróne per le persone di età più avanzata che ormai hanno perso la fiducia nella possibilità di una reale alternativa.

La condizione di estrema frammentazione e debolezza in cui vertono da decenni le organizzazioni politiche che si rifanno all’ideologia comunista nel nostro paese, ha prestato il fianco per anni all’emergere di sentimenti reazionari e retrogradi nella società, causando la retrocessione sul piano dell’unità di classe e un annientamento progressivo dei diritti conquistati con anni di lotte studentesche e operaie. La costruzione di un Partito Comunista rivoluzionario, a partire dalle esperienze di lotta più conflittuali che si articolano nel nostro paese, che sia reale espressione delle esigenze della classe, strumento vivo in mano al proletariato per la conquista di un nuovo avvenire, è una necessità non più rimandabile.

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Nella storia del movimento comunista nazionale ed internazionale, la gioventù ha sempre rappresentato la parte più attiva e cosciente della classe, la fiamma ardente in grado di incalzare nel fuoco della lotta il procedere sulla via del socialismo, per la libertà dei popoli e la giustizia sociale.

Come può, dunque, un giovane del XXI secolo non essere comunista? Come può non dare il suo contributo alla lotta della gioventù comunista?

Un futuro migliore non calerà dall’alto, né ci verrà regalato da nessuno. L’unico strumento che abbiamo in mano per imporre un reale cambiamento al corso degli eventi e per costruire un’alternativa concreta alla putrescenza del mondo attuale, è la lotta. Solo attraverso l’organizzazione delle nostre forze e l’avanzamento collettivo sarà possibile dichiarare guerra agli sfruttatori, a chi oggi in nome della pace affama e distrugge i popoli, a chi ogni giorno ruba la prospettiva di una vita dignitosa per noi e per i nostri figli. Per la conquista del nostro domani, aderire o non aderire non è più una questione di scelte, ma una necessità. Le migliori pagine della nostra storia sono ancora da scrivere. Il futuro da solo non cambierà: lotta con il Fronte della Gioventù Comunista!

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