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Libano e Palestina: missioni di pace?

Di Emanuele Vecchi

L’acronimo Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon, ovvero Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite.) fu creato con le risoluzioni 425 e 426 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel 1978. Lo scopo di quest’organo, come scritto dal sito ufficiale, è quello di:

  1. Confermare il ritiro israeliano dal Libano meridionale;
  2. Ristabilire la pace e la sicurezza internazionale;
  3. Assistere il governo libanese nel ripristinare la sua effettiva autorità nella zona.

Il primo intervento avvenne durante la guerra del Libano del 1982 a seguito dell’invasione di Israele nel sud del paese con l’obiettivo respingere i militanti dell’OLP quaranta chilometri più a settentrione del punto in cui essi si trovavano nel Sud-Libano. Il governo israeliano diede il via libera a questa incursione come risposta al tentativo di assassinio messo in atto da parte di Al-Fatah contro il proprio ambasciatore nel Regno Unito, Shlomo Argov, come risposta ad attacchi d’artiglieria dell’Olp contro aree popolate nel nord della Galilea. Da rilevare come questi ultimi assalti palestinesi provocarono due morti e sei feriti, mentre il solo massacro di Sabra e Bhatila, il 18 settembre 1982, perpetrato per più di diciannove ore, porterà all’uccisione di 3.500 persone. Azione compiuta dalle milizie cristiano-falangiste di Elie Hobeika con l’appoggio del Primo Ministro Menachem Begin (per aver sostanzialmente ignorato quanto stava accadendo) e del Ministro della Difesa Ariel Sharon (le cui truppe circondavano i due campi profughi), a oggi nessuno degli imputati è stato condannato e dichiarato colpevole. Ecco il racconto di un giornalista del Washington Post in un articolo del 20 settembre 1982:

«La scena nel campo di Shatila, quando gli osservatori stranieri vi entrarono il sabato mattina, era come un incubo. In un giardino, i corpi di due donne giacevano su delle macerie dalle quali spuntava la testa di un bambino. Accanto ad esse giaceva il corpo senza testa di un bambino. Oltre l’angolo, in un’altra strada, due ragazze, forse di dieci o dodici anni, giacevano sul dorso, con la testa forata e le gambe lanciate lontano. Pochi metri più avanti, otto uomini erano stati mitragliati contro una casa. Ogni viuzza [..]raccontava la propria storia di orrori. In una di esse sedici uomini erano sovrapposti uno sull’altro, mummificati in posizioni contorte e grottesche. »

Allora, però, nessuno parlò di terrorismo “cristianista e israelita”. E nessuno si chiese a cosa servissero le missioni di “pace” se poi si permetteva un tale massacro. Strana concezione di “pace e sicurezza internazionale”.

Con la risoluzione 1701 del 2006, a seguito del conflitto israelo-libanese, il Consiglio di sicurezza dell’Onu dispone una nuova forza d’interposizione, guidata dal gennaio 2012 dal generale italiano Paolo Serra. Le finalità dichiarate di questa seconda fase della missione sono ancora una volta esplicitate nel sito ufficiale:

  1. Monitorare la cessazione delle ostilità:
  2. Estendere la propria assistenza per contribuire a garantire l’accesso umanitario alle popolazioni civili e il ritorno volontario e sicuro degli sfollati;
  3. Assistere il governo del Libano nella sicurezza delle sue frontiere e altri punti d’ingresso per impedire l’ingresso in Libano senza il suo consenso delle armi o del materiale bellico;
  4. Accompagnare e sostenere le forze armate libanesi (LAF) mentre Israele ritira le proprie forze armate dal Libano;
  5. Coordinare queste attività con i governi di Libano e Israele.

Questi gli intenti dichiarati. Ma i fatti? I risultati vanno nella direzione opposta. Atterrando al Beirut-Rafic Hariri International Airport ci si rende subito conto delle ferite provocate dai tragici bombardamenti passati. Superato il lungomare di Beirut Est e il centro della città, le automobili lussuose e gli edifici ultramoderni lasciano spazio alle case crivellate di colpi e recanti i segni dei bombardamenti, soprattutto nella parte occidentale della città. È lo scenario che delimita la linea verde che separa i quartieri cristiani di Beirut Est da quelli musulmani di Beirut Ovest. L’origine di tal espressione risale a una linea che gli strateghi disegnarono su una carta geografica con un pennarello verde durante la sanguinosa guerra civile. Impossibile calcolare le perdite archeologiche, storiche e culturali causate dai conflitti che si sono abbattuti sul paese dei cedri. Tristemente famoso per ospitare le fazioni “terroristiche” di Al-Fatah, di Hezbollah o di Hamas, il Libano ospita autentici reperti del passato d’inestimabile valore. La splendida Biblo, forse la città più antica del mondo, e la solenne Tiro, fondata dai faraoni con i capitali fenici sono solo alcune delle meraviglie che si trovano in questo paese. Baalbek, detta anche la città del sole e considerato il più importante sito archeologico del Libano, sarà quasi completamente distrutta dai bombardamenti israeliani del 2006. Il tempio di Bacco, il Tempio di Giove (la struttura religiosa più grande dell’Impero Romano) così come gli importanti edifici del X e XIII secolo che si estendono su tutto il territorio nazionale (come la cittadella di Chehabi a Hasbaya, fortezza degli eserciti della prima crociata nell’XI secolo) sono solo alcuni dei siti archeologici che rientreranno nei “danni collaterali” provocati dalle bombe israeliane.

I militari Unifil, paladini della pace e della sicurezza, non si curarono affatto di ciò che stavano provocando gli attacchi israeliani. E a pensare che uno degli obiettivi della missione era monitorare la fine delle ostilità…Già nel dicembre del 1994, più di venti storici di levatura internazionale inviarono una lettera all’Unesco per denunciare lo stato di abbandono e le critiche condizioni in cui versavano le aree archeologiche del paese dei cedri, nonché’impunità dei saccheggiatori dei tesori. Caso esemplare per quest’ultima denuncia, il vile furto compiuto da “ignoti” di archivi unici ospitati nel Museo di Baghdad durante la distruzione della medesima capitale irachena. Se già tale fenomeno era fortemente praticato dalle famiglie locali libanesi (e non solo), dall’occupazione americana gli episodi di furto e saccheggio si moltiplicarono per mille. L’embargo americano, causa di fame, miseria e malattie spinsero molte famiglie a depredare il proprio passato per tentare di sopravvivere nel presente. Secondo gli analisti del settore, in seguito alla solo invasione dell’Iraq furono rubati oltre 4.000 mila reperti archeologici, 300 dei quali, chissà per quale strana coincidenza, riapparvero nei musei americani. Naturalmente gli Stati Uniti non furono gli unici beneficiari di questa razzia. Varie sculture di al-Hadr, un bassorilievo di Sennacherib, alcune stele di Salmanassar III e tavolette cuneiformi sono solo alcuni degli oggetti svaniti e ricomparsi nei musei europei. Le invasioni dell’Iraq e del Libano, giustificate nel primo caso con la necessità di neutralizzare le armi di distruzioni di massa di Saddam Hussein (mai esistite tra l’altro) e con lo scopo di eliminare le frange terroriste di Hezbollah (partito che ha regolarmente vinto delle elezioni democratiche) nel secondo caso, non solo hanno causato la morte di bambini, donne e civili ma hanno distrutto, annientato e umiliato la cultura e la storia dei due popoli. I patrimoni persi e saccheggiati e distrutti durante le guerre sono stati una perdita per l’intera umanità.

Da questi pochi fatti, si può ben capire la popolarità che ha assunto nel tempo Hezbollah. Con quattordici seggi in parlamento su 128, questa formazione politica, al pari di Hamas e Al-Fatah in Palestina, si è distinta rispetto agli altri partiti politici per la costruzione di quattro ospedali, dodici cliniche, dodici scuole, due centri agricoli e il finanziamento di un ampio programma di assistenza sociale. A livello ufficiale, però, Hezbollah è, come Hamas o Al-Fatah, un’organizzazione terroristica tra le più pericolose al mondo. Nel 2005, sotto il monito statunitense e israeliano, l’Ue ha inserito nelle liste delle formazioni terroristiche il partito libanese, sulla scia di quanto già fatto con gli omologhi palestinesi. Solo pochi mesi dopo, nel 2006, Israele bombardò il Libano senza pietà, non facendosi scrupoli a ricorrere alle bombe a grappolo o al fosforo bianco (fabbricate e vendute dalla Spagna), considerate illegali dalle Nazioni Unite. Nessuno, però, dichiarò Israele un paese terrorista.

Al pari del Libano, anche in Palestina la situazione è terribile, soprattutto a seguito dell’invasione israeliana. Mahmud Sehwail è direttore del Centro di cura e riabilitazione per le vittime della tortura (TRC).  Pochi sanno, infatti, che le detenzioni amministrative e le torture sono i principali strumenti, oltre le bombe e i proiettili, con cui il governo israeliano cerca di abbattere il morale dei palestinesi. Secondo un recente studio, oltre il 40% della popolazione è stata arrestata almeno una volta, tra il sessantotto e il settanta per cento dei bambini palestinesi ha visto o subito torture e violenze. Nel solo anno 2005, l’organizzazione del dottor Sehwail ha effettuato oltre 8.000 mila visite domiciliari a famiglie colpite da violenze. Persino sul sito di Amnesty International (www.es.amnesty.org) è possibile consultare vari dossier sulla tortura e sulle carceri israeliane. Come la storia di Hamsa, tenuto in carcere per trenta giorni in una cella di un metro per un metro e mezzo e poi trasferito in un’altra struttura per tredici mesi. Era accusato di aver lanciato una molotov contro i soldati. Hamsa, all’epoca, aveva dieci anni.

Il destino del popolo palestinese, come quello di ogni altro popolo sottomesso al sistema imperialista, non può trascendere dalla fine dell’occupazione straniera e dal ripristino dei diritti fondamentali spettanti a ogni uomo. Dalla guerra del Golfo, passando per l’Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo fino ad arrivare alle vicende palestinesi, irachene e libanesi, le cosiddette missioni di “peacekeeping”, maschera degli interessi del grande capitale, hanno portato solo a un peggioramento delle condizioni delle popolazioni, giocattoli nelle mani delle grandi potenze capitaliste mondiali.

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