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Quello che nasconde l’eccellenza italiana – parte seconda

* di Emiliano Cervi

Abbiamo già visto in precedenza che cosa “nasconde”, ad una prima analisi, l’eccellenza italiana nel campo vitivinicolo: bisogna inoltre considerare che oltre allo sfruttamento dei lavoratori non è infrequente scoprire produttori che adulterano il vino attraverso pratiche illegali, quando addirittura non dannose per il consumo.Tra le più comuni troviamo il “taglio” di un vino fine con un altro di minor pregio o non proveniente dalla zona d’origine dichiarata (naturalmente si parla di vini con etichetta D.O.C, D.O.C.G. e I.G.T.), oppure l’ aggiunta di zucchero nel mosto per ottenere un vino con maggiore gradazione alcoolica. Quest’ultima una pratica vietata in Italia ma permessa, ad esempio, in altri paesi UE.
Nel processo industriale, per la preparazione del vino da distribuire sul mercato, viene utilizzata l’anidride solforosa che, rispettando i parametri di legge, viene utilizzata per limitare lo sviluppo di batteri e lieviti, bloccare eventuali fermentazioni durante la lavorazione: ma hanno anche funzione antiossidante e favoriscono l’estrazione del colore e del sapore dalle vinacce . Senza discutere della differenza al gusto che presenta un vino in cui permangono tracce di solfiti ed uno lavorato in modo naturale (a tutto vantaggio di quest’ultimo, naturalmente!), un sovra dosaggio di questa sostanza, come ben immaginabile può avere gravi effetti sulla salute.
Decisamente più innocua e praticata è invece la pratica di “allungare” il prodotto con acqua, azione che coinvolge più passaggi della filiera, arrivando praticamente fino al consumo. Come non può venire in mente allora, una nota canzone popolare romana?

Ma che ce frega, ma che ce ‘mporta,
Se l’oste ar vino c’ha messo l’acqua:
E noi je dimo, e noi je famo,
“C’hai messo l’acqua, e nun te pagamo!”

Purtroppo però casi ben più pericolosi sono capitati in passato e capitano tutt’ora. Il caso più grave nella storia del nostro paese avvenne nel 1986, il famoso caso dell’etanolo. Il metanolo e’ un alcool altamente tossico che viene impiegato nei processi di vinificazione perché aumenta la gradazione alcolica del vino al pari dello zucchero e dell’alcool etilico.

In realtà, il metanolo è un componente naturale del vino presente in una misura compresa tra 0,6 e 0,15 ml su 100 ml di alcol etilico complessivo, essendo un prodotto secondario della fermentazione alcolica, ma provoca danni permanenti ed è mortale nelle dosi tra 25 e 100 ml. La vicenda, che ha visto coinvolti decine di produttori soprattutto del centro-nord Italia, che per aumentare i propri profitti adulterarono il prodotto (utilizzando il metanolo anche perchè più economico dello zucchero) si concluse con un bilancio drammatico di diciannove morti e decine di consumatori colpiti da gravi lesioni e l’intero settore che, dopo tale scandalo, attraversò un periodo di profonda crisi. 1

Si potrebbe pensare che questo scandalo abbia insegnato al settore il rispetto delle regole e dei protocolli, ma in una società che basa tutto sul profitto, come abbiamo visto, la ricerca del guadagno passa davanti a tutto. Solo per citarne alcune, che hanno avuto un’importante ritorno mediatico: “Nel brunello c’è il tranello”,2 “L’invasione del vino all’acido”3, “Vino, sequestro da 30 milioni a Bologna: “falsificavano” con acqua e zucchero”4, “Frode sul vino Sauvignon, perquisite dai Nas 17 cantine fra Collio e Colli orientali “5.

Ogni volta ci viene assicurato da associazioni di categoria, politici, ministri, produttori e chiunque abbia un qualche interesse collegato al settore, che questi sono casi isolati e che non toccano certo l’intero “sistema vino” del nostro Paese. Sarà, ma più che casi sporadici sembrano sistemici a tutti gli effetti, visto che solo tra il 2007 e il 2014 sono aumentate del 12%.6

Miliardi di euro nel bicchiere

Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione internazionale del Vino (Oiv) nel 2014 la produzione mondiale di vino si colloca a 279 milioni di ettolitri, il 4% in meno rispetto al 2013 (291,902 mln nel 2013). L’Italia, con 44,7 mln di ettolitri (-17% rispetto 54,029 mln), perde il primo posto conquistato nel 2012 (45,616 mln) e nel 2013 a favore della Francia che nel 2014 ha prodotto 46,698 mln di ettolitri (+11% rispetto ai 42,004 mln del 2013). I consumi a livello mondiale di vino nello stesso anno, sono stati stimati in circa 240 milioni di ettolitri, in calo dell’1% rispetto all’anno precedente: sorprendentemente il paese che consuma la quantità maggiore di vino sono gli Stati Uniti con 30,7 mln di ettolitri (+2%), prima della Francia con 27,9 mln (-3%) e dell’Italia con 20,4 mln (-6%). Seguono la Germania con 20,2 mln (-1%) e la Cina con 15,8 mln (-7%). Interessante anche il dato che viene dalla superficie totale mondiale a vigneto nel 2014 che si attesta a 7.554 migliaia di ettari, in crescita di 8 mila ettari. La Cina, con 799.000 ettari, diventa il secondo paese al mondo con la maggiore superficie, segno evidente che il gigante asiatico ha tutta l’intenzione di entrare con forza anche in questo settore: al primo posto si colloca la Spagna (1.021.000 ettari), la Francia con 792.000 ettari al terzo posto, ed infine al quarto l’Italia con 690.000.7

Secondo uno studio della Coldiretti Il fatturato del vino e degli spumanti in Italia cresce ancora dell’1% e raggiunge nel 2014 il valore record di 9,4 miliardi per effetto soprattutto delle esportazioni che hanno raggiunto i 5,1 miliardi (+1,4%) mentre è praticamente stagnante il valore delle vendite sul mercato nazionale, attorno ai 4,3 miliardi: un trend talmente positivo da trainare l’occupazione agricola, che in controtendenza fa registrare un andamento positivo nel 2014. Si stima che il vino abbia offerto, durante l’anno, opportunità di lavoro ad un milione e 250mila lavoratori tra quanti sono impegnati direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche negli ambiti derivati come l’industria vetraria a quella dei tappi, trasporti etc.8 Il 2015 sembra infine un’ottima annata con una produzione di vino a livello nazionale stimata attorno a 47 milioni di ettolitri, il 12% in più rispetto ai 42 milioni diffusi dall’Istat per il 2014 (lo scorso anno si è avuta una produzione particolarmente scarsa): l’Italia riguadagnerebbe la leadership mondiale tra i paesi produttori, visto che la Francia prevede 46,5 milioni di ettolitri (-1% su base annua) e la Spagna circa 43 milioni (-3%)

Vigneto Italia, capitale internazionale

I territori e le aziende del vino made in Italy si confermano realtà a cui il mondo finanziario ed imprenditoriale guardano con particolare interesse, sia per la qualità dei prodotti, per la tradizione e la filiera efficiente, per il suo brand internazionale e il rapporto qualità-prezzo.
Nel nostro paese investono sia grandi gruppi finanziari ed industriali ( che si concentrano di più sull’aspetto produttivo ), sia da chi guarda al valore aggiunto immobiliare e al patrimonio fondiario per costruire o ricostruire un’impresa vitivinicola tra le colline dei territori più blasonati.

Per citare alcuni esempi ecclatanti, nel 2011, due colossi come la toscana Ruffino e la piemontese Gancia sono finite nelle mani americane di Constellation Brands in quelle di russe di Russian Standard Corporation; ma anche la Soleya International Corporation di Panama che ha comprato Tenuta Oliveto a Montalcino, o ancora ad Alejandro Bulgheroni, imprenditore argentino del petrolio, neo proprietario di Poggio Landi a Montalcinoche che ha anche acquisito la tenuta di Dievole nel Chianti Classico.  Dalla fine degli anni ’70, quando la famiglia italo-americana Mariani fondò a Montalcino Castello Banfi, sono state tante le realtà vinicole che hanno ingolosito i capitali stranieri: l’americano Louis Camilleri, alla guida di Altria Group Inc, la holding che controlla il gruppo Philip Morris, acquistò, a Montalcino, villa & tenuta “Il Giardinello”, mentre La Porta Vertine di Gaiole in Chianti, dal 2006, è degli imprenditori americani Dan ed Ellen Lugosh, così come la cantina Capannelle è di proprietà di James B. Sherwood, fondatore del gruppo Orient – Express Hotels. 9

Chi manca all’appello è invece la Cina che per il momento non ha investito nel nostro paese, preferendo Francia, USA e Australia: probabilmente questione di tempo, dal momento che l’esportazione di capitali dalla seconda economia mondiale non sembra interrompersi, come anche il nostro giornale ha documentato più volte.

 

Abbiamo ora degli strumenti in più per poter valutare il business che gira attorno al vino italiano: quando istintivamente ci sentiamo soddisfatti perchè l’Italia è uno dei più importanti attori a livello mondiale, quando sbalordiamo di fronte a cifre di miliardi di euro sappiamo ora cosa c’è dietro.
Capitali esteri, sfruttamento del lavoro (regolare ed irregolare), frodi, alterazioni e molta “chimica”, utilizzata sia nei campi che nelle cantine. Niente di nuovo o diverso rispetto a tutte le altre attività imprenditoriali, ma che se presenta una differenza è quella di essere più difficilmente “svendibile” (diversamente da un’impianto industriale classico).
Allora, sulla scia di coraggiosi progetti già esistenti (come La terra trema10) dobbiamo riprendere il filo di un discorso interrotto decenni fa: ripartendo però non dall’Individuo e la sua presuntà libertà (che in un sistema del genere esiste solo in due casi: se sei ricco od emarginato), ne dal singolo viticoltore, ma criticando le fondamenta del sistema capitalista (e i suoi orrori, anche in campo vinicolo) contrapponendo la cooperazione collettiva e l’unità della classe lavoratrice, dai campi alle officine.

______________________________________

1http://www.symbola.net/din/adminphp/doc/Cronistoria.pdf

2http://espresso.repubblica.it/palazzo/2008/04/03/news/nel-brunello-c-e-il-tranello-1.7986

3http://www.lastampa.it/2008/04/04/italia/cronache/linvasione-del-vino-allacido-jJOxarDHmhsWJqWPmefJkN/pagina.html

4http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/18/frodi-vinicole-a-bologna-maxi-sequestro-da-30-milioni-tra-mosti-vino-e-zucchero/1791693/

5http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2015/09/10/news/frode-sul-vino-sauvignon-perquisite-17-cantine-fra-collio-e-colli-orientali-1.12069567

6http://www.coldiretti.it/News/Pagine/413—18-Giugno-2015.aspx

7http://www.oiv.int/oiv/cms/index?lang=it

8http://www.coldiretti.it/News/Pagine/180–%E2%80%93-22-Marzo-2015.aspx

9http://www.asa-press.com/r-mondo-vino-vite/mvv14.html

10http://www.laterratrema.org/

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