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Electrolux, chi sta vincendo?

* di Salvatore Vicario

Usciamo dalla logica padronale e concertativa. In ogni lotta o vince il padrone o vince l’operaio, non esiste il “bene comune aziendale”, come anche in questa occasione vogliono far credere governo, azienda e sindacalismo concertativo.

In un intervista al giornale padronale Repubblica, l’Amministratore Delegato dell’Electrolux nell’esprimere la soddisfazione dell’azienda per l’accordo raggiunto risponde così alla vergognosa domanda della giornalista che chiede: “è un accordo che pende più dalla parte dei lavoratori, vi aspettavate di più?”, l’AD così risponde: “I lavoratori hanno dato tanto, il governo ha dato tanto e noi abbiamo dato tanto”. Il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi dichiara: “Siamo arrivati ad un accordo significativo e importante e grazie ad un nuovo approccio delle relazioni industriali moderno si preservano tutti i posti lavoro: nessun licenziamento e nessun esubero” a cui segue il Ministro del Lavoro, Poletti:” Questa è una buona via, perché è la condivisione di un sacrificio che serve per trovare punto di equilibrio”. Ed ecco costruito il messaggio padronale e governativo a cui per chiudere il quadretto deve far eco il Segretario della Fiom, Landini, che infatti assume questo accordo “come modello per la gestione delle crisi aziendali” affermando che è “la dimostrazione che con l’impegno di tutti si possono difendere i posti di lavoro anche in Italia”.

Tutti felici quindi per l’accordo raggiunto lo scorso 15 Maggio, per quella che è una delle vertenze più importanti dell’ultimo decennio in Italia che come segnalavamo in un articolo dello scorso Febbraio fa parte della strategia dell’offensiva padronale contro la classe operaia che va direttamente a riguardare la moderazione salariale e la flessibilità produttiva. La multinazionale svedese lo scorso Gennaio presentò il suo piano (che ha preso il nome di Piano A) che prevedeva 1.200/1.300 esuberi, il taglio dei salari del 50%, la riduzione delle ore lavorate a 6, la chiusura dello stabilimento di Porcia, il taglio delle pause e dei permessi sindacali del 50%, lo stop agli scatti di anzianità, sulla base della necessità di aumentare la produttività dell’operaio in Italia e abbassarne drasticamente il suo “costo” rispetto a quello degli operai in altri paesi, dove l’azienda era (lo è ancora) pronta a delocalizzare. Una prassi ormai consolidata da parte della classe padronale per colpire gli operai, in nome della competitività capitalista globale che si scarica sui lavoratori e sulla collettività.

Con un gioco di sponda tra azienda e sindacato, giocato sul tavolo del governo dei padroni, i sindacati lo scorso Aprile presentarono il cosiddetto Piano B, presunto frutto della “resistenza operaia” che si è sviluppata nel corso dei mesi con scioperi, blocchi delle merci e presidi. Il Piano B dei sindacati concertativi, in realtà, come detto, è stato solo una sponda alla richieste aziendali, in quanto si è posto sul piano padronale partendo dalle necessità del profitto aziendale, ponendo dalla parte dei lavoratori la necessità di “salvare i posti di lavoro”, facendo passare ciò che i padroni vogliono: “o questo o a casa”. E quindi la retorica dei sacrifici per tutti, quando sono invece sacrifici ulteriori solo per classe operaia che non garantiscono realmente nessun futuro ma che spianano solamente la strada a ulteriori futuri attacchi. L’azienda chiede 10 e il sindacato concertativo si accorda a 9, vendendo ciò come un grande successo. Una logica al continuo ribasso che ci sta distruggendo!

Andiamo a vedere in dettaglio cosa prevede l’accordo raggiunto da azienda, governo e sindacati, firmato lo scorso 15 Maggio:

–          Aumento della produttività: i ritmi di lavoro aumenteranno a Susegana, Forlì e Solaro, dove gli operai della linea dovranno produrre in 6 ore quello che finora producevano in 8 ore. L’azienda quindi raggiunge l’obiettivo recuperando quello che reputava “eccesso di costo” sugli operai più sfruttati e meno pagati. Inoltre ciò porterà alla lunga a nuovi esuberi. I licenziamenti infatti sono solo rinviati al 2017 dove l’azienda presenterà un numero maggiore a quello dei 1.200/1.300 attuali.

–          Taglio del salario: il salario sarà ridotto, anche se in termini minori del 50% richiesti dall’azienda, in quanto le due ore non lavorate saranno pagate al 70% tramite i contratti di solidarietà, ossia paga lo “Stato”. Anche qui l’azienda raggiunge sostanzialmente l’obiettivo.

–          Flessibilità sulle ferie: gli operai potranno usufruire del diritto a 2 settimane di ferie, a rotazione da giugno a settembre e non più solo a luglio e agosto, in modo che l’azienda riesce a mantenere le linee produttive attive in modo permanente e consecutivo. L’azienda raggiunge il suo obiettivo. Un’altra settimana (se disponibile) di ferie per gli operai che usufruiscono delle 2 consecutive o a Giugno o a Settembre, è a discrezione dell’azienda nei mesi di luglio e agosto.

–          Permessi sindacali: tagliati del 60%, che comporta una netta riduzione della possibilità dei delegati sindacali di potersi muovere, informare e informarsi sulle condizioni e problematiche in fabbrica, prima e dopo le assemblee, rendendo le assemblee in pratica un solo atto di ratifica di ciò che concordano padroni e capetti sindacali. L’azienda raggiunge l’obiettivo.

–          Esodi incentivati: viene aumentato l’incentivo all’operaio per abbandonare la fabbrica, ossia gli incentivi a chi decide di licenziarsi o di agganciarsi alla pensione, anche se questo spesso viene venduto dai sindacati come una conquista in realtà non lo è, in quanto sostanzialmente indebolisce l’insieme dei lavoratori e in questo caso è indicativo associandolo all’aumento della produttività. L’azienda vuole meno operai ma più sfruttati. Una finta conquista per i lavoratori.

–          Taglio delle pause: a Porcia viene tagliata la terza pausa del 50%, da 10 minuti passa a 5 minuti, che peserà ancor di più pensando all’aumento del ritmo di lavoro. Anche qui è l’azienda a beneficiarne.

–          Porcia verso la chiusura: nello stabilimento di Porcia verrà ridotta la produzione da 1.150.000 pezzi ai 750.000 in tre anni, chiaro segnale che l’azienda vuole andare verso la chiusura di questo stabilimento. Gli operai dovranno produrre meno pezzi, ma aumentando il ritmo. Ossia i lavoratori dovranno correre più velocemente verso la fine. La fabbrica di Porcia era quella che nel Piano dell’Electrolux veniva messa in chiusura. Obiettivo, rimandato, ma sostanzialmente raggiunto dall’azienda.

In sostanza, l’Electrolux ha raggiunto ciò che voleva e la retorica dei “posti di lavoro” salvati, così come il salario, è solo una foglia di fico con cui si nasconde il gioco di sponda fatto tra padrone, governo del padrone e sindacato del padrone, contro il lavoratore schiacciato dallo spauracchio della disoccupazione.

La chiave per capire l’accordo è l’aumento della produttività, dei ritmi, della velocizzazione nella linea di montaggio, già portata ai limiti, peggiorando ulteriormente le condizioni di lavoro e di sicurezza degli operai, come il rischio di malattie e danni muscolo-scheletrici, considerando anche che già 1/3 degli operai soffre di queste malattie a causa dell’intensità di lavoro. A ciò bisogna aggiungere la “decontribuzione sui Contratti di Solidarietà” ottenuta dall’azienda da parte del governo (come previsto nel Job Act). Ciò costruisce i famosi 3 euro di riduzione del costo lavoro all’ora che l’azienda ha richiesto nel suo Piano per mantenere gli stabilimenti in Italia. In sostanza i lavoratori sono stati portati dai sindacati concertativi a lottare per il profitto del padrone.

Andiamo infatti a vedere realmente cosa sono i contratti di solidarietà e la pericolosa mistificazione fatta da Landini, che ha dichiarato che essi sono la realizzazione del “lavorare meno, lavorare tutti”. I contratti di solidarietà sono in realtà una solidarietà ai padroni, che vedono pagati i salari dalla fiscalità generale, cioè da parte dei lavoratori stessi. Ancor di più adesso che il governo Renzi ha ulteriormente ridotto la “parte” del padrone con la decontribuzione. Tutto il contrario di ciò che vuol raggiungere la storica rivendicazione del movimento operaio, e che come FGC poniamo al centro delle nostre rivendicazioni. Come mistificato da Landini, il “lavorare meno, lavorare tutti” si trasforma in un’altra truffa mascherata ai lavoratori, che contribuisce a dividerci e a rubarci la ricchezza che produciamo.

Il 22 Maggio, i lavoratori degli stabilimenti Electrolux sono stati chiamati a votare un accordo già siglato tra padrone, governo e segreterie dei sindacati, in quanto la vertenza è stata portata avanti nei tavoli romani escludendo totalmente i delegati locali, tra cui quelli più combattivi. I lavoratori per molti giorni dopo l’accordo non hanno conosciuto per nulla i termini, se non le dichiarazioni festose dei protagonisti del gioco al tavolo di Roma. Il risultato delle votazioni è stato che il 40% dei 4.775 lavoratori Electrolux, non ha votato a favore dell’accordo, con 1.409 lavoratori che non hanno votato. Il SI quindi sarà venduto a larga maggioranza dai mass media padronali (che non citeranno di certo i non votanti), chiudendo il quadro festoso di un nuovo accordo a perdere per i lavoratori, il primo nell’era del Job Act che spiana il terreno agli altri, insieme alle nuove roboanti richieste fatte da Confindustria nel documento presentato, proprio il 22 Maggio, in cui esplicitamente i padroni chiedono la “riduzione del costo del lavoro per unità di prodotto” (che approfondiremo in un altro articolo). Ecco il punto dove si inserisce il cuneo dell’offensiva padronale sulla scia del grande esempio dell’Accordo appena firmato e “approvato” dai lavoratori.

Al di là delle retoriche quindi, chi sta vincendo è sempre e solo il padrone, a pagare sempre e solo la classe operaia. “Resistere un minuto in più dell’Electrolux” questo è lo slogan presente nelle t-shirt indossate dagli operai e operaie in questi mesi; ma ancora una volta dietro gli slogan, le direzioni concertative fanno svanire nel nulla le energie che gli operai mettono nel campo della lotta. Un’altra nuova lezione di come la lotta deve esser diretta dagli operai stessi, al di là delle tessere e cupole sindacali, tramite l’autorganizzazione e l’unità degli operai e operaie dei diversi stabilimenti e aziende, rompendo i dogmi della concertazione, e dirigendosi solo sulla linea degli interessi della classe operaia, resistendo realmente un minuto in più dei padroni, in ogni fabbrica, in ogni posto di lavoro, nel complesso della lotta di classe.

I posti di lavoro non sono messi in salvo da questi accordi fatti sul sacrificio degli operai, perché essi sono messi a rischio ogni giorno dalla legge suprema del profitto padronale e solo la resistenza organizzata nelle fabbriche rivendicando che esse sono di chi ci lavora può invertire il funesto destino disegnato dalla classe padronale, dai loro governi e UE. La direzione concertativa del sindacato ha condotto alla smobilitazione della lotta negli stabilimenti dell’Electrolux, un altro risultato incassato dall’azienda. Ma ogni lotta lascia esperienza agli operai…

 

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