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Neo-fascismo e reazione italiana

* di Edoardo Genovese

Recentemente la procura de L’Aquila ha portato a compimento una serie di arresti nell’ambito dell’operazione “Aquila Nera”, arrestando alcuni elementi neo-fascisti provenienti da tutta Italia che avevano come fine comune la ricostituzione di un’organizzazione simile a quella di Ordine Nuovo (tra gli indagati anche Rutilio Sermonti, già ex di “Ordine Nuovo” e oggi legato a Forza Nuova), col nome di “Avanguardia Ordinovista”.

Il “Movimento Politico Ordine Nuovo”, fondato nel 1969 da Clemente Graziani e Pierluigi Concutelli, si rese responsabile durante il cosiddetto periodo degli “anni di piombo” di numerosi stragi – una su tutte quella di Piazza Fontana – che, con la complicità dei servizi segreti e di numerosi esponenti delle forze dell’ordine, diede vita alla famigerata “strategia della tensione” progettata dalla CIA attraverso la “Gladio”.

La nuova organizzazione sgominata a L’Aquila aveva già in programma numerosi atti eversivi, come l’assassinio di politici senza scorta, attentati contro le sedi di Equitalia (personale compreso), bombe nelle stazioni ferroviarie, prefetture e questure. Il loro fine era quello di «minare la stabilità sociale attraverso il compimento di atti violenti nei confronti di obiettivi istituzionali quali Prefetture, Questure e Uffici di Equitalia e previsto, in un secondo momento, di partecipare alle elezioni politiche con un proprio partito». Secondo il consolidato schema reazionario dei neofascisti, gli arrestati puntavano a seminare il terrore fra la popolazione: «L’azione deve essere simultanea e potrebbe colpire le città di Roma, Milano e Firenze per creare una punta di terrore, in quanto solo due bombe ad Equitalia non verrebbero commentate sui media. Si è ritenuto che fosse necessario colpire la popolazione, la gente deve essere costretta a chiedere aiuto e quindi, dopo aver attuato azioni violente, ci dev’essere chi si propone per la soluzione del problema; le persone chiedono aiuto quando vengono colpite direttamente. Le azioni devono essere attuate sul proprio territorio, è più facile muoversi».

Il gruppo clandestino, già in possesso di alcune armi, era guidato da Stefano Manni, ex carabiniere di Ascoli Piceno: il legame tra esponenti delle forze dell’ordine e destra estrema è saldo come non mai, ravvisabile anche nei differenti comportamenti tenuti dagli stessi nelle operazioni di ordine pubblico quando sono presenti manifestazioni del variegato panorama “antagonista” e quando invece scendono in piazza esponenti di Forza Nuova o Casa Pound. La serie di arresti non deve essere presa sottogamba, limitandola a mero folklore, oppure renderci entusiasti. La deriva estrema che stanno prendendo tutti i Partiti che, fino a qualche anno fa, erano ascrivibili all’area della destra moderata è esaustiva della piega reazionaria, come è evidente dall’alleanza tra Lega Nord e Casa Pound. Numerose altre organizzazioni di questo tipo sono state avvistate in giro per l’Italia, mascherate da appassionati del gioco di guerra simulata “Softair” o come semplici escursionisti (in divisa?). Le istituzioni, nonostante i recenti arresti, si rivelano sempre più tollerante nei confronti delle organizzazioni neo-fasciste, specie se istituzionalizzate: d’altronde, categorizzando come Platone, la deriva della democrazia borghese non è l’oclocrazia – vale a dire il governo delle masse (con accezione negativa come il Polibio) – bensì il fascismo, la reazione. In Ucraina i vari governi borghesi non hanno esitato a supportare – mediaticamente, economicamente e idealmente – il golpe scaturito dall’Euromajdan dove, tra le forze in campo, vi erano le organizzazioni neo-fasciste banderiste di “Svoboda” e “Pravyi Sektor”.

Anche l’inchiesta “Mafia-Capitale” ha portato alla luce gli stretti legami tra Stato e destra estrema, con i rapporti di stretta collaborazione tra l’ex-NAR e ex-Magliana Massimo Carminati e la politica istituzionale rappresentata da Alemanno, ex-MSI e ora a Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale (guidato da Giorgia Meloni) e numerosi esponenti del Partito Democratico.

L’organizzazione sgominata a L’Aquila non rappresenta la vittoria della democrazia nei confronti dell’eversione nera. Non può rappresentare motivo di orgoglio e non può portare un senso di serenità per il buon lavoro svolto dalla Procura de L’Aquila e dalle forze dell’ordine. Deve invece rappresentare una presa di coscienza, deve essere un monito che, come quasi mezzo secolo fa, esistono oggi numerose organizzazioni eversive neo-fasciste, pronte ad essere utilizzate dall’oligarchia finanziaria quando lo necessiterà, e non sarà l’arresto di alcuni membri di una di queste a rendere l’Italia un Paese “sicuro e democratico”: la degenerazione platonica della democrazia è il fascismo e non va mai dimenticato.

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