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I padroni si riuniscono sull’alternanza scuola-lavoro al meeting di CL

*di Alessandro Fiorucci, Resp Scuola FGC

Prendete i rappresentanti delle più grandi imprese italiane e metteteli a un tavolo con un rappresentante del Ministero dell’Istruzione. Argomento dell’incontro? Alternanza scuola – lavoro. Ecco servito un perfetto cocktail di fine estate, nella singolare location del Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini. L’organizzazione cattolica è infatti fortemente coinvolta nei progetti di alternanza, promuovendoli mediante organizzazioni imprenditoriali e fondazioni ad essa legate. Al meeting sono intervenuti dirigenti di importanti aziende come Enel, A2A e Wind ed il  Sottosegretario del MIUR Gabriele Toccafondi.

L’alternanza scuola lavoro, pur essendo ancora in fase di rodaggio, rappresenta un’opportunità particolarmente appetibile per le imprese. E queste ultime al Meeting lo dicono apertamente: è il caso dell’ENEL, che senza giri di parole spiega come sia riuscita ad abbattere i costi per la formazione dei dipendenti grazie all’alternanza. Le scuole si trasformano in veri e propri corsi di formazione per le singole imprese con cui stipulano accordi, e il bello è che sono gli stessi padroni ad ammetterlo. Dietro lo slogan di “avvicinare le scuole al territorio”, che più volte è stata citata alla tavola rotonda del Meeting, si cela la volontà precisa di renderle dipendenti dalle aziende. Tutto ciò si inserisce nel solco tracciato dalla Buona Scuola, in accordo con la cosiddetta “autonomia” degli istituti scolastici, che concorrono tra loro per accaparrarsi i finanziamenti dai privati.

Ma in fondo, direbbe qualcuno, che c’è di male? L’azienda privata finanzia la scuola, lo Stato ci risparmia e gli studenti hanno maggiori possibilità di essere assunti perché più specializzati, no? Il paradiso in terra insomma, dove tutti ci guadagnano e non ci perde nessuno. Peccato che tutto ciò esista solamente nelle bocche di chi cerca di venderci queste verità preconfezionate. In mente hanno ben altro: la consapevolezza dei propri interessi e di come intervenire sulla scuola italiana per conseguirli, anche a costo di snaturarla del tutto. Bernardo Quaranta, responsabile Risorse Umane dell’Enel in Italia, ha affermato che le competenze acquisite nei cinque anni di scuola dai ragazzi assunti finora non erano sufficienti alla diretta introduzione nel lavoro in azienda, e che quindi necessitavano di altri tre anni di apprendistato professionalizzato. Grazie all’alternanza, dice Quaranta, l’anno necessario per formazione aziendale si riduce a uno solo. In altre parole, ciò che prima era onere dell’azienda (cioè il corso di formazione aziendale) oggi è o sarà svolto dalle scuole su richiesta delle singole aziende.

Per scoprire l’inganno basta contestualizzare tutto questo nell’attuale mercato del lavoro in Italia. Oggi, grazie al Jobs Act e alle precedenti misure che hanno introdotto e sviluppato la precarietà del lavoro, si assume con contratti che non danno garanzie di stabilità nel futuro. Quale sarà il futuro degli studenti che hanno svolto l’alternanza in una singola azienda (attività che si sostituisce alla formazione professionale più generale) e che dopo il diploma verranno assunti da quell’azienda? Questi giovani verranno assunti con un contratto precario, o con il cosiddetto contratto “a tutele crescenti”, cioè il nuovo contratto introdotto dal Jobs Act, solo a parole a tempo indeterminato visto che è stata eliminata ogni tutela contro il licenziamento. Ecco che le promesse di questi top manager e le false speranze che cercano di alimentare crollano come castelli di carta: cosa potrà fare un giovane che, dopo aver ricevuto una formazione estremamente parcellizzata e focalizzata su una singola azienda, viene assunto per qualche anno da quell’azienda e poi buttato via come uno straccio, sostituito da nuova manodopera a più basso costo?

Gli studenti sono il grande assente in questo meeting, e sono quelli che pagheranno il prezzo dell’alternanza scuola-lavoro. Una “tavola rotonda” in cui si è discusso su come sfruttare al meglio l’alternanza per fare profitto: c’è stato chi ha proposto di sostituire l’1% della forza lavoro con studenti in alternanza, chi ha risposto “no, ci serve almeno il 2-3%”… Nel frattempo migliaia di studenti in questa estate hanno provato sulla loro pelle la vera natura dell’alternanza, con turni anche di 10 ore non retribuite (o con paghe da fame) in una catena di ristoranti o in albergo. L’alternanza non è ancora entrata a pieno regime (solo il prossimo anno arriverà a coinvolgere l’intero triennio), ma già inizia a mostrare il suo vero volto. Per gli studenti tutto questo si traduce in un nuovo terreno di lotta. Il meeting di CL ci insegna che i padroni non si danno tregua, e anzi si organizzano e orchestrano nuovi piani e strategie sulla nostra pelle. Per quanto ci riguarda l’estate sta finendo, ora tocca agli studenti rispondere a tono, aprendo una nuova stagione di lotte per il diritto allo studio, per i diritti degli studenti in alternanza e per una scuola diversa e più giusta, contro la scuola di classe che i padroni vogliono costruire.

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