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Svuotare la storia del suo significato. L’ipocrisia del PD su Allende e il golpe cileno

*di Giorgio Pica

Lo scorso  11 settembre 2019 ricorreva il 46° anniversario dell’assassinio di Salvador Allende, Presidente marxista e democraticamente eletto del Cile, e del drammatico colpo di stato filo-imperialista che portò al potere la dittatura fascista di Pinochet. Un golpe che contava sul supporto non solo ideale, ma soprattutto materiale e diretto, degli Usa, l’autoproclamata “patria della libertà”. Il regime di Pinochet si renderà responsabile di decine di migliaia di assassinii, torture e sparizioni con il silenzio complice di tutto l’Occidente (basta pensare agli ottimi rapporti che ad esempio Papa Giovanni Paolo II intratteneva col dittatore).

Quell’evento, che fu tra i più drammatici del secolo scorso, rappresentò anche un’aspra duplice lezione che ogni marxista, attraverso le lenti del materialismo storico e dialettico, ha il dovere di far propria. Da un lato fu infatti la prova sensibile dell’impossibilità di una via parlamentare al socialismo e che quindi “la classe operaia non può semplicemente prendere possesso della macchina statale bell’e pronta e metterla in moto per i propri fini”1, ma soprattutto fu la prova che per i capitalisti la democrazia vale solo fino a quando vincono loro. Fu cioè la prova del carattere esclusivamente formale della democrazia liberale o borghese e delle libertà da essa garantite, che la borghesia è pronta a negare ripiegando sul fascismo nei momenti in cui la lotta di classe mette davvero a repentaglio il suo ruolo come classe dominante. Mai come di fronte a tali eventi si rivela esatta la definizione scientifica del fascismo che nel 1935 Dmitrov diede al VII congresso del Comintern: “il fascismo è la dittatura terroristica aperta degli elementi più reazionari, più sciovinisti e più imperialisti del capitale finanziario.

Tanti sono stati i messaggi in ricordo e in onore del presidente Allende, ma tra tutti questi ce ne è uno in particolare che stride notevolmente rispetto agli altri e che dovrebbe provocare profonda indignazione: è il post pubblicato sulla sua pagina Facebook dal Partito Democratico. Andiamo con ordine per cercare di comprendere cosa c’è di profondamente sbagliato in questo post e come esso però rientra in un generale e astuto processo di revisionismo storico che riguarda tutta la politica europea.

Partiamo innanzitutto dal post in questione che riporta questa descrizione: “In ricordo di Salvador Allende e delle vittime innocenti di tutte le dittature” sopra una foto con una citazione estrapolata dal suo ultimo discorso a Radio Magallanes “Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero per costruire una società migliore”. È evidente qui il tentativo ragionato di svuotare completamente di ogni significato sostanziale quell’evento storico, di prenderne solo la forma e di darne un’interpretazione completamente opposta a quello che realmente significò. Quello che viene fatto è astrarre l’evento dal reale movimento della storia costituito dal mutamento di rapporti di fatto e dalle lotte di classe esistenti che di tale movimento generale sono il motore, si abbandona ovvero ogni ottica di classe e ogni interpretazione materialistica della storia, e tentando inoltre di far passare Allende per un semplice liberale vittima di una generica dittatura, estrapolando senza alcun criterio una frase da un discorso di sei minuti, si svuota la sua figura del suo reale carattere conflittuale e della sua reale portata rivoluzionaria trasformandolo in una sorte di idolo, di icona posta in alto solo per essere guardato, ammirato, adorato ma guai a chi provasse ad avvicinarsi o ad imitarlo!

Vengono qui in mente le parole con cui Lenin apre il suo Stato e Rivoluzione “Da vivi i grandi rivoluzionari hanno ricevuto dalle classi dominanti solo persecuzioni senza fine […] Da morti si cerca di trasformarli in innocue icone, di beatificarli, per così dire, di concedere un’aura di notorietà al loro nome per consolare le classi oppresse e raggirarle, mentre si svuota di contenuto la dottrina rivoluzionaria, se ne smussa l’impeto rivoluzionario, svilendola”.

Una sorta di “politica dell’icona” quindi, ma che però non è altro che politica dell’inganno, che dietro la falsa maschera progressista nasconde gli intenti più imperialistici e apologetici dello stato attuale delle cose con il fine di smorzare il più possibile la lotta. Svuotamento del reale contenuto di lotta degli avvenimenti e personaggi storici, rimozione scientificamente pensata del carattere di conflitto di classe incarnato da tali eventi e persone e che invece permea ogni aspetto della storia, ecco in cosa consiste tutto ciò. Lo vediamo continuamente qui in Italia, basta pensare alla ormai collaudata retorica dell’antifascismo istituzionale e di facciata fatta propria da partiti come il PD che in occasione di importanti ricorrenze come il 25 aprile svuotano del loro reale significato rivoluzionario momenti storici decisivi come ad esempio la Resistenza italiana, sia per fini strumentali di consenso che apologetici, o anche ad esempio nell’atteggiamento degli stessi nei confronti di Gramsci, della cui figura e pensiero tentano di appropriarsi svuotandolo del suo carattere di rivoluzionario comunista e cercando in ogni modo di renderlo “innocuo”.

Tendenza, questa, che va a braccetto col più generale processo di revisionismo storico e di rimozione della coscienza storica praticato in tutti i paesi dell’Unione Europea e che si è realizza concretamente ad esempio nella legislazione anticomunista dei paesi membri dell’est Europa o anche ad esempio nella votazione del Parlamento Europeo nel 2008 di una dichiarazione in cui chiedeva la proclamazione del 23 agosto come “Giornata europea di commemorazione delle vittime dello stalinismo e del nazismo” (formulazione poi modificata in “vittime di tutti i regimi totalitari”), e la proclamazione del 9 maggio, il giorno della Grande Vittoria Antifascista dei Popoli  in cui si festeggia la sconfitta definitiva del nazismo ad opera dell’Armata Rossa, come “Giornata dell’Europa”, il tutto con il fine mendace di equiparare fascismo e comunismo, questione affrontata anche in altri articoli2, e imporre così l’accettazione passiva dello stato presente di cose nel nome del “non c’è alternativa”, processo in cui il post del PD su Allende in questione si cerca di inserire in maniera ridicola con una descrizione in cui si parla di vittime di “tutte le dittature”.

La cosa che più fa rabbia è che questo post  proviene da un partito che è nella realtà tra i principali referenti e rappresentanti degli interessi del capitale monopolistico e finanziario, ovvero proprio di chi di quel colpo di Stato e dell’instaurazione di quella dittatura fascista ne fu il diretto responsabile. Il PD è un partito che inoltre appoggia gli odierni tentativi statunitensi di colpo di stato in Venezuela, dietro al quale ci sono gli stessi interessi che supportarono Pinochet, tentativi che tra l’altro rischiano di avere risultati analoghi alla vicenda cilena. Un partito che rinnegando l’intera storia del movimento operaio è arrivato, per bocca del suo segretario Nicola Zingaretti, a definire addirittura la politica imperialista degli USA e della NATO “multilateralismo internazionale”3. Ma come, signor Zingaretti, da un lato difende a spada tratta la politica estera statunitense e dell’altro invece piange le vittime di questo “multilateralismo internazionale” e delle dittature che ha instaurato? Qui c’ solo un esplosione di contraddizioni e ipocrisia.

 

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