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La Guerra di Spagna e la Resistenza italiana.

di Antonio Viteritti

La Guerra Civile di Spagna (1936-39) è uno fra gli eventi storici del secolo scorso spesso dimenticato o al massimo relegato in poche pagine sui manuali, sebbene sia riconosciuto come la prova generale della Seconda Guerra Mondiale e come evento fondamentale per la preparazione dei movimenti di Resistenza in Europa durante la guerra. Infatti, allo scoppio della guerra civile migliaia di operai, giovani e intellettuali aderirono da tutta Europa alle Brigate Internazionali in supporto alla Repubblica. Spesso, come nel caso della Resistenza, si è cercato di far passare come spontanea anche la costituzione delle Brigate Internazionali, come la scelta di migliaia di persone che accorsero spontaneamente nella lotta contro il fascismo. Se in parte questo è vero non bisogna dimenticare il ruolo dei comunisti nella costituzione delle Brigate, nella loro organizzazione e nella loro lotta. Particolarmente interessante fu il contributo del Battaglione Garibaldi, composto in maggioranza da italiani, e da alcuni dirigenti comunisti che poi si sarebbero distinti anche nella Resistenza. Possiamo dire che per molti partigiani italiani la Guerra di Spagna fu la preparazione alla Resistenza. Con questo articolo non si vuole affrontare la questione della Guerra di Spagna, sicuramente troppo ampia per poter essere trattata qui, ma si cercherà di ricostruire il contributo dei comunisti e dei partigiani italiani alla causa spagnola e come questa esperienza sia stata fondamentale per la Resistenza in Italia.

Senza addentrarci troppo nella vicenda spagnola possiamo dire che un profondo conflitto sociale, sentore di guerra civile, esisteva nel Paese da tempo, anche da prima della proclamazione della Repubblica nel 1931. Dal 1923 infatti il paese era guidato dalla dittatura filofascista di Primo de Rivera, che nel 1930 fu costretto a dimettersi a causa dell’intensificarsi della lotta delle classi subalterne. L’anno dopo le elezioni amministrative furono ampiamente vinte da una coalizione democratico-borghese composta da socialisti, repubblicani e radicali, che portò alla caduta della monarchia e alla proclamazione della repubblica. Il nuovo Governo a guida riformista, che aveva promesso diverse manovre, si limitò ad alcune concessioni agli operai e una parziale riforma agraria nel Paese, lasciando nei fatti immutate le condizioni di sfruttamento nelle fabbriche e nelle campagne; senza dimenticare che disattese la promessa di autonomia per tante regioni. Questa situazione determinò un aumento del conflitto di classe, con diversi scioperi durati anche mesi in tutta la Spagna durante il 1932. Le classi dominanti, che temevano di perdere il loro potere e le loro proprietà, si organizzarono: industriali e latifondisti spinsero per la creazione di un’ampia coalizione, composta da monarchici, cattolici, fascisti e nazionalisti; questa coalizione, Confederación Española de Derechas Autónomas (CEDA), vinse le elezioni nel 1933 e avviò la più efferata repressione dei lavoratori, tanto che questo periodo viene ricordato come “Biennio nero” (1933-1935). Alla repressione però i lavoratori risposero con la lotta più dura, l’episodio più emblematico, e anticipatore della guerra civile, è sicuramente l’insurrezione rivoluzionaria dei minatori delle Asturie, sedata poi nel sangue dal governo dopo solo due settimane nel 1935. La situazione spinse i comunisti a proporre un Fronte popolare ai socialisti e alle forze repubblicane borghesi, che riuscì a vincere le elezioni del 1936 nonostante la repressione fascista. Le classi dominanti spagnole si organizzarono chiudendo le fabbriche e riducendo la produzione al fine di causare disagio sociale e far cadere il nuovo Governo, mentre la “falange spagnola”, formazione paramilitare sostenuta dalle classi dominanti e di ispirazione fascista, aggrediva i militanti dei partiti socialisti e comunisti e ne bruciava le sedi. All’interno del Governo i comunisti denunciarono le crescenti violenze dei fascisti, chiedendo di intervenire e di realizzare il programma concordato; mentre le altre forze di Governo tentennavano, i fascisti ne approfittarono nel luglio del 1936 per tentare un colpo di Stato militare guidato dai cosiddetti cuatro generales: Francisco Franco, Emilio Mola, Gonzalo Queipo de Llano e José Enrique Varela. I golpisti riuscirono a prendere il controllo di diverse città ma non di Madrid e Barcellona e della maggior parte del Paese, dove il popolo fu armato e resistette. Il fallimento del colpo di Stato diede inizio alla guerra civile.

Diversi partiti, fra cui il PCE, e diversi sindacati iniziarono ad armare le masse e a costituire delle colonne per difendere la Repubblica e difendersi dai fascisti, dato che le istituzioni si rivelarono impreparate e incapaci di organizzare una resistenza, mentre i1200px-flag_of_the_international_brigades-svgl nemico aveva il seguito di buona parte dell’esercito. Oltre a queste colonne la Repubblica poteva contare sull’aviazione, che le rimase fedele, e sulla Marina, nella quale i marinai scoprirono il tentativo di golpe e arrestarono gli ufficiali coinvolti. Nella fase iniziale della guerra civile le forze repubblicane borghesi costituirono un primo governo tagliando fuori le forze rivoluzionarie, nel timore che potessero condurre le masse ad una rivoluzione. Ben presto però si resero conto di non essere in grado di condurre la guerra e nel settembre del 1936 venne costituito un nuovo Governo con la partecipazione anche di comunisti e socialisti. La presenza dei partiti operai nel Governo, che spingevano più di tutti per la difesa della Repubblica in nome del progresso sociale, permise una rapida riorganizzazione delle forze armate e la delineazione di una strategia di guerra.

Nel contesto internazionale la Germania nazista e l’Italia fascista appoggiarono Francisco Franco, che poco dopo lo scoppio della Guerra era rimasto praticamente l’unico generale al comando delle forze nazionaliste e fasciste, inviando munizioni, soldati, sostegno aereo e navale e tutto il supporto possibile per sconfiggere la resistenza popolare. Nel mentre le democrazie liberali europee rimasero neutrali nel timore che un sostegno al Fronte popolare avrebbe potuto portare ad una rivoluzione socialista e minare gli interessi economici della loro borghesia in Spagna – emblematico è il caso dell’Inghilterra, la cui borghesia aveva investito molto in Spagna e per questo guardava con diffidenza al Fronte popolare, tanto da convincere il Governo francese a rimanere neutrale; la scusa della neutralità non impedì a Francia e Inghilterra di portare avanti una politica di compromesso con il nazismo negli anni successivi, riconoscendone le annessioni dell’Austria e dei Sudeti in quegli anni. Certamente il socialismo in Spagna faceva più paura del mostro fascista ai padroni europe Solo l’Unione Sovietica sostenne il governo repubblicano spagnolo inviando rifornimenti, sostegno militare e l’Internazionale Comunista si adoperarò per organizzare le Brigate Internazionali.

Il saluto comunista delle Brigate Internazionali
Il saluto comunista delle Brigate Internazionali

Lo scoppio della guerra civile, le violenze falangiste e il pronto sostegno di Hitler e Mussolini riempirono di sdegno un’Europa nella quale le contraddizioni aperte dalla Rivoluzione d’Ottobre, alle quali si erano aggiunte quelle della Crisi del ’29, erano ancora forti e dove la lotta del movimento operai non si era certo arrestata. Tanti giovani, operai e intellettuali da tutta Europa accorsero in Spagna con vero spirito internazionalista rispondendo all’appello di Dolores Ibárruri, la Pasionaria, e degli antifascisti spagnoli. Allo stesso tempo gli avvenimenti spagnoli diedero nuovo slancio alla lotta antifascista e rivoluzionaria negli altri Paesi, basti pensare che in Italia lo Stato fascista rimase stupito dall’effetto che le notizie che arrivavano dai repubblicani spagnoli ebbero sulle masse. La guerra civile spagnola diede a milioni di persone, che vivevano da anni sotto la dittatura, la speranza che si potesse ancora sconfiggere il fascismo. Chi non andava a combattere sperava che le forze antifasciste riuscissero a trionfare in Spagna, per poi far cadere il fascismo anche in Italia e cercava di sostenere la Repubblica spagnola come poteva.

Vittorio Vidali durante la Guerra di Spagna
Vittorio Vidali durante la Guerra di Spagna

Fra i primi italiani ad accorrere vi è Vittorio Vidali, il leggendario “Comandante Carlos”, che diede contributo fondamentale alla costituzione del glorioso V Regimento, colonna militare del PCE famoso per l’audacia dei suoi combattenti e la loro dedizione alla causa; fu anche il primo commissario politico dell’esercito repubblicano. Una colonna italiana, composta dai primi combattenti accorsi e di varie fedi politiche, fu organizzata da Carlo Rosselli, fondatore del movimento antifascista Giustizia e Libertà, e comprendeva circa 130 uomini inquadrati in due compagnie. Nel mentre l’Unione Sovietica, oltre a vendere armi ai repubblicani, inviò diversi militanti politici in loro sostegno, fra cui Ilio Barontini e altri comunisti italiani, che si distinsero in guerra cadendo con onore o continuando la loro lotta anche dopo l’8 settembre del 1943 in Italia. Nelle stesse settimane Luigi Longo, membro dell’UP del PCI e incaricato di dirigere il lavoro politico fra gli emigrati italiani in Francia, venne inviato in Spagna a prendere i contatti con il PCE e una volta tornato in Francia fu incaricato di tornarvi per organizzare le Brigate Internazionali. I combattenti volontari per la libertà furono circa 40mila e provenienti da 53 Paesi di tutto il mondo, sostenuti oltre che dai partiti comunisti da associazioni operaie e sindacati; tanti furono i giovani che lasciarono le loro famiglie per unirsi alla lotta, come Giovanni Pesce, che fuggì appena diciottenne da casa per andare a combattere, la storia del “più grande partigiano d’Europa” inizia qui. In poco meno di un mese, nonostante le difficoltà, vennero organizzati i primi quattro battaglioni delle Brigate Internazionali, guidati da un commissario politico e uno militare e divisi per nazionalità. La prima a partire, il 5 novembre in tutta fretta, fu XI Brigata Internazionale composta da tre Battaglioni: quello francese con commissario politico il comunista italiano Di Vittorio, quello tedesco e quello polacco. La XI Brigata ebbe il battesimo del fuoco nell’eroica difesa di Madrid dall’assedio di Franco nel novembre del 1936.

I combattenti italiani invece erano inquadrati nel Battaglione Garibaldi, capitanato dal repubblicano Randolfo Pacciardi e composto in maggioranza da comunisti emigrati in Francia e Belgio, ma anche da tanti militanti di altre formazioni politiche. Longo e gli altri dirigenti delle Brigate Internazionali speravano di aver più tempo a disposizione per preparare la seconda Brigata alla battaglia, sebbene i soldati, sentendo gli avvenimenti di Madrid, erano impazienti di andare al fronte. Vennero accontentati il 10 novembre, quando furono inquadrati nella XII Brigata internazionale – composta di gran fretta per l’esigenza di forze sul fronte e quindi incompleta – insieme a 7 compagnie suddivise per nazionalità. Il comando venne assegnato al generale ungherese Lukaks (Matei Jalka), mentre l’incarico di commissario politico fu assegnato a Luigi Longo. Il battesimo del fuoco avvenne il 13 novembre 1936 nella difesa di Madrid, quando la XII Brigata Internazionale venne inviata insieme ad altri tre reparti spagnoli a combattere al Cerro de los Angeles, una zona strategica per difendere la capitale e occupata dai fascisti; subito dopo fu inviata a difendere la Ciudad Universitaria insieme alla XI Brigata. Nei rapporti dell’epoca Longo racconta non solo l’audacia dei combattenti, ma anche il loro senso di disciplina nonostante le innumerevoli difficoltà e privazioni; enorme era la disorganizzazione dell’esercito popolare, mancavano risorse, mezzi, armi e spesso i combattenti dovevano adattarsi come potevano. Le avversità non fiaccarono il Battaglione Garibaldi, che si distinse nella difesa di Madrid e ottenne i complimenti dallo stesso Comando: «Grazie alle splendide azioni effettuate dal Battaglione Garibaldi noi possiamo dire che, dopo quattro giorni di resistenza, i violenti attacchi del nemico […] sono stati nettamente spezzati e le nostre linee sono più solide che mai [..]. Lo spirito d’iniziativa dimostrato dal battaglione Garibaldi, il quale ha saputo cementare intorno a sé tutte le altre forze di Pozuelo, comprova l’alta capacità rivoluzionaria delle masse popolari italiane» (da L. Longo, Le Brigate internazionali in Spagna). Il Battaglione Garibaldi si distinse in altre battaglie successive, come la presa di Mirabueno, nella quale quale morì il suo comandante, Guido Picelli (che aveva sostituito Picciardi), o la seconda difesa di Madrid dall’offesiva fascista.

Comunisti italiani in Spagna. In alto, da sinistra, Albino Marvin, Ilio Barontini, Antonio Roasio; in basso, Romano Marvin e Anello Poma.
Comunisti italiani in spagna. In alto, da sinistra, Albino Marvin, Ilio Barontini, Antonio Roasio; in basso, Romano Marvin e Anello Poma.

La speranza di sconfiggere il fascismo però non si trovava solo fra gli spagnoli, ma anche dall’altra parte del Mediterraneo, dove milioni di persone ascoltavano i proclami delle varie radio dei combattenti spagnoli; spesso le trasmissioni erano in italiano e in tanti si riunivano dopo l’orario di chiusura nei caffè e nei dopolavoro per ascoltare le novità dalla Spagna a costo di essere scoperti e arrestati. Questo non era solo un gesto dettato dalla sete di informazioni, ma un gesto di disobbedienza preciso contro un sistema politico che manteneva il potere con il tallone di ferro. Ascoltare quei proclami, riporre le speranze nella lotta per la libertà di quel popolo contro il fascismo è stato uno dei tanti semi di lotta seminato fra le masse popolari in Italia.

Questa speranza si rivelò un’illusione, la Repubblica spagnola si trovò presto isolata a livello internazionale, Germania e Italia sostenevano militarmente con loro reparti Franco e il sostegno della sola Unione Sovietica fu sufficiente. Mentre l’esercito popolare difendeva Barcellona il Governo si ritirò, consegnando la città all’esercito franchista e a questo punto Francia e Inghilterra, che fino a quel momento si erano voltate dall’altra parte, riconobbero come legittimo il Governo di Franco. Ai primi di febbraio, le Brigate Internazionali vennero sciolte per volere del Governo repubblicano, preludio della sconfitta delle forze repubblicane e popolari.

Tanti ex combattenti tornati in Francia furono arrestati o consegnati ai loro Paesi di provenienza, fra questi molti comunisti e antifascisti finirono al confino o nelle carceri. Liberati a ridosso dell’8 settembre del 1943 salirono sui monti per riprendere la lotta interrotta in Spagna e iniziare la Resistenza. «In fondo – scrisse poi Longo – era la stessa lotta armata contro il fascismo, iniziata in Spagna, che noi garibaldini continuavamo in Italia. Molte delle esperienze politiche, organizzative, militari raccolte nelle fila delle brigate internazionali ci furono di prezioso aiuto per capire e risolvere, nelle particolari condizioni della nostra lotta liberatrice, tutti i problemi che ci si presentavano poi in Italia». Grazie all’esperienza degli antifascisti italiani delle Brigate Internazionali la Resistenza italiana poté contare, fin dall’inizio, su molti uomini politicamente e militarmente preparati, pronti ad affrontare con mezzi di fortuna un nemico bene organizzato.

Longo nel suo ruolo di commissario politico delle Brigate Internazionali in Spagna
Longo nel suo ruolo di commissario politico delle Brigate Internazionali in Spagna
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