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50 anni dal Lunokhod, il primo rover sulla Luna

di Daniele Bergamini

In questi anni l’esplorazione della Luna sembra aver suscitato una nuova ondata d’interesse, sia per il cinquantenario delle missioni Apollo, avvenute dal 1969 al 1972, sia per i progetti di ritorno dell’uomo sul nostro satellite.

All’epoca le sfide ingegneristiche erano ben più complesse di oggi per le tecnologie più rudimentali a disposizione, tra cui l’elettronica, e ciò complicava ulteriormente i passaggi necessari al compimento di missioni apparentemente semplici come l’allunaggio di un robot di poche tonnellate radiocomandato a distanza.

Ancora oggi l’invio di sonde sulla superficie lunare è un’impresa difficile per vari motivi di natura tecnica, tant’è che solo l’Unione Sovietica, gli Stati Uniti e la Cina sono riusciti nell’impresa mentre altri, come India e Israele, pur avendo tentato hanno fallito clamorosamente.

Il programma Apollo, sicuramente più complesso per la presenza degli equipaggi ha oscurato in parte i grandi contributi sovietici nell’esplorazione lunare, ma per comprendere appieno l’importanza di queste missioni è necessario avere presente il contesto dell’epoca, infatti all’inizio degli anni Settanta solo i sovietici, accanto alla NASA, erano riusciti a inviare veicoli oltre l’orbita terrestre.

Analogamente agli Stati Uniti solo l’URSS aveva un programma di esplorazione lunare nel corso della guerra fredda e mirava a inviare i propri cosmonauti, anche se purtroppo non riuscì a dotarsi di un vettore adeguato alla missione per via dei fallimenti dei prototipi, nonostante ciò riuscì ad andare oltre i primi grandi primati dell’epoca di Gagarin con una serie di sonde interplanetarie le cui missioni sono ancora oggi estremamente difficili da replicare nonostante i progressi tecnologici degli ultimi decenni.

La sonda Luna 17, lanciata il 10 novembre del 1970 con un razzo vettore Proton dalla rampa di Baykonur alluna con successo il 17 dello stesso mese e libera il primo rover semovente sulla superficie lunare e anche su un corpo celeste in assoluto, il Lunokhod.

Il piccolo robot è il coronamento del programma lunare sovietico che fino ad allora era basato su veicoli che sorvolavano l’orbita del satellite come le navicelle Zond e lander che rimanevano fissi nel punto di atterraggio, di questi la missione precedente al Lunokhod, Luna 16 era riuscita a inviare un campione di rocce lunari sulla Terra, ma il robot semovente poteva offrire un’esplorazione più ampia e approfondita seconda solo agli equipaggi umani.

La missione esplora la regione lunare del Mare Imbrium e ha luogo un anno dopo il fallimento del lancio di una sua precedente versione, il rover tuttavia arriva prima delle celebri jeep guidate dagli astronauti americani a partire dall’Apollo 15 nel luglio del 1971.

Il robot lunare, grande poco meno di un’utilitaria diventa quindi il precursore di una serie di missioni robotiche compiute dalle principali agenzie spaziali sia sul suolo lunare sia su Marte che ancora oggi sono l’unico metodo impiegato per raggiungere la superficie di quest’ultimo.

Le comunicazioni col robot cessano ufficialmente il 4 ottobre del 1971 e in quasi un anno di operatività ha inviato migliaia di immagini dalla superficie, oltre ad aver analizzato vari campioni di suolo con strumenti appositi e percorso poco più di dieci km.

La missione verrà replicata da un altro rover Lunokhod nel 1973 e un’altro lander sovietico, il Luna 24, che sarà nel 1976 l’ultimo oggetto ad allunare per oltre trent’anni prima della sonda cinese Chang’e 3 lanciata nel 2013.

Assieme al programma lunare sovietico vengono forniti altri importanti contributi come le stazioni spaziali Salyut e le sonde Venera, tali programmi rappresentano non solo importanti contributi scientifici per via dei numerosi studi eseguiti ma testimoniano anche le capacità del socialismo e la sua attenzione alla scienza non in un’ottica di profitto privato ma a beneficio di tutta l’umanità.

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