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Le occupazioni delle scuole romane sono un esempio per gli studenti di tutta Italia

di Simon Vial*

Si è conclusa una delle settimane più intense per il movimento studentesco romano da diversi anni. 16 scuole superiori hanno deciso di occupare i propri istituti simultaneamente. Gli studenti si sono mobilitati in critica ai problemi interni alle scuole, come gli scaglionamenti orari e il divieto di svolgere la ricreazione, ma anche contro i problemi più generali, come le barriere per il diritto allo studio e l’aziendalizzazione dell’istruzione. Nella notte tra sabato e domenica le forze dell’ordine hanno sgomberato il liceo Morgagni occupato, alla vigilia dell’assemblea cittadina prevista proprio in quella scuola. Nella tarda serata diverse camionette dei reparti delle celere hanno circondato l’istituto obbligando gli studenti a uscire dalla scuola. L’atto repressivo non ha impedito lo svolgimento dell’assemblea il giorno seguente nei pressi del liceo; il movimento studentesco romano continua a mobilitarsi con tre nuove occupazioni questa settimana. Anche a Firenze le scuole sono in agitazione e nelle scorse settimane più di dieci scuole hanno occupato. Le occupazioni fiorentine si sono sviluppate in relazione alla lotta dei lavoratori della GKN, l’azienda che produce semiassi per automobili e che i padroni vogliono chiudere e delocalizzare lasciando a casa 420 lavoratori. Il livello di combattività di questa vertenza che ha aggregato migliaia di persone in sostegno è stato uno dei fattori determinanti per la mobilitazione.

Non è un caso se tra tutte le occupazioni romane quella del Morgagni è risultata essere una di quelle più importanti e con uno stato di tensione elevato. L’occupazione, iniziata nella notte tra lunedì e martedì, è svettata rispetto alle altre non solo per la grandissima adesione interna alla scuola – più di due terzi degli studenti hanno partecipato attivamente – ma soprattutto per il contenuto politico della protesta. Infatti la scuola si è mobilitata sulla base di un documento politico chiaro e condiviso che pone tutto un insieme di rivendicazioni molto avanzate. Il documento è rivolto principalmente al preside, all’ufficio scolastico e alla prefettura ma è stato anche reso pubblico. Gli studenti del Morgagni non si limitano a denunciare i problemi che vivono ma hanno anche indicato i responsabili di questa situazione ossia i governi che si sono succeduti che hanno piegato sempre di più l’istruzione agli interessi delle aziende. Il contesto attuale in cui si trova l’istruzione pubblica italiana non è il risultato di un “errore di percorso” o qualcosa di simile, ma è invece frutto di precise scelte politiche e riforme che hanno diminuito i fondi per tutte quelle voci di spesa legate alla qualità della didattica e al diritto allo studio per invece rendere le scuole sempre più vicine alle aziende che sfruttano gli studenti in alternanza e usano gli istituti come luoghi di formazione professionale a spese zero.

Non si tratta solo di attaccare riforme passate ma anche di sottolineare la natura dei progetti futuri del Governo Draghi. Il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che decide come verranno stanziati gli oltre 200 miliardi di euro che arriveranno dal Recovery Fund, prevede un insieme di finanziamenti per l’istruzione. Gli studenti del Morgagni condannano senza appello questo piano di finanziamento, denunciando la natura destinata ad arricchire ancora di più le aziende. Infatti nel piano europeo sono previsti quasi 20 miliardi di euro per l’istruzione pubblica ma che verranno praticamente destinati interamente per piegare ancora maggiormente l’istruzione alle necessità dei padroni attraverso una riforma degli istituti tecnici e professionali, il rafforzamento dei legami tra scuole e privati con la costruzione di veri e propri networks. Non sarà strano tra qualche anno vedere una scuola targata Eni o FCA.

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Gli studenti in un documento di meno di dieci pagine sono riusciti a sviluppare un attacco netto alle politiche governative, ma soprattutto hanno colto lo stretto legame tra le riforme degli ultimi anni e le contraddizioni che vivono nella quotidianità. Infatti se da una parte non mancano le critiche politiche generali, non mancano neanche le rivendicazioni immediate alla preside e all’ufficio scolastico: revisione degli scaglionamenti orari, diritto alla ricreazione, diritto alle assemblee in presenza, creazione di una commissione paritetica per l’alternanza scuola-lavoro interna alla scuola e altro ancora. In questo sta la forza delle occupazioni romane e in particolare in quella del Morgagni: cogliere il problema quotidiano, immediato e quasi “di pancia”, e trasformarlo in lotta, in protesta e partecipazione combattiva degli studenti stufi di essere degli spettatori di quanto succede. Se i problemi quotidiani sono la miccia i morgagnini sono riusciti a trovare la scintilla per innescare una protesta dirompente. E in seconda battuta hanno avuto la capacità di non limitarsi alla battaglia economica e ultra-specifica, magari limitandosi a parlare del dispotismo del dirigente scolastico. I “morgagnini” invece hanno anche colto il problema generale e hanno individuato il nesso tra queste due sfere, per esempio lo stretto legame che c’è tra la figura del preside-manager e il processo di aziendalizzazione dell’istruzione che verrà rafforzato dal PNRR.

A partire da questa consapevolezza tutta politica (alla faccia dei rappresentanti dei partiti di Governo che si congratulano con le proteste studentesche apolitiche) gli studenti del Morgagni hanno sviluppato l’occupazione. Invece di invitare gli assessori locali del centro-sinistra, di qualche partito corresponsabile delle politiche di smantellamento dell’istruzione pubblica, gli studenti hanno invece invitato i lavoratori in lotta di Alitalia e il movimento dei disoccupati “7 novembre” di Napoli. Le assemblee con i lavoratori e i disoccupati danno un messaggio chiaro: il movimento di lotta degli studenti non può camminare slegato dai segmenti più combattivi della società. I motivi che spingono alla lotta gli studenti sono delle stessa natura di quella dei lavoratori. Come le occupazioni nelle scuole di Firenze insegnano il legame tra classe lavoratrice e studenti è fondamentale per dare una forte spinta alle lotte, per dare una prospettiva combattiva che accende il fuoco delle proteste e rilancia le mobilitazioni. L’esempio di lotta degli operai risulta determinante per spingere le lotte di altri settori, come quello studentesco. Se da una parte i lavoratori lottano contro i piani di ristrutturazione aziendale dei capitalisti, che prevedono licenziamenti, assunzioni con contratti peggiorativi, precarizzazione del lavoro e quant’altro, gli studenti lottano contro quelle stesse aziende quando rivendicano un salario in alternanza, quando combattono contro l’ingresso dei privati nei consigli d’istituto. Se gli studenti del Morgagni rivendicano un tavolo permanente con la prefettura contro gli scaglionamenti orari quella stessa rivendicazione, di ottenere un tavolo, è condivisa dal movimento di lotta per la casa che combatte per garantire un tetto a migliaia di persone. Unire le lotte è una necessità pratica. E non è un caso che questa necessità sia legata al fatto che studenti, lavoratori, disoccupati hanno un nemico in comune, questo sistema che mette al centro gli interessi di profitto dei padroni schiacciando e sfruttando gli strati popolari.

Gli studenti del Morgagni hanno ottenuto un Consiglio d’Istituto straordinario che ha ratificato tutte le richieste degli studenti. Nelle prossime settimane le scuole continua a mobilitarsi per ottenere un tavolo permanente con la prefettura per eliminare gli scaglionamenti orari. Sicuramente si tratta di una prima vittoria che dimostra come lottare serva, infatti nonostante l’atto repressivo della polizia gli studenti sono determinati a continuare a lottare. Non si tratta però di un risultato immediato, ottenuto soltanto con qualche giorno di protesta, ma è il frutto di mesi di lotta e impegno collettivo. Gli studenti del Morgagni da mesi si incontrano in collettivo, organizzano iniziative, partecipano attivamente alle mobilitazioni studentesche come quella che c’è stata l’11 ottobre per lo sciopero generale assieme ai lavoratori. Nelle scorse settimane la mobilitazione era già iniziata con occupazioni simboliche del cortile che hanno portato anche alla sospensione di uno degli organizzatori della protesta e militante del Fronte della Gioventù Comunista. L’atteggiamento repressivo della presidenza non ha fermato la volontà degli studenti di mobilitarsi. Queste esperienza dimostra per l’ennesima volta che quello che fa la differenza non è la spinta volontaristica ma il lavoro quotidiano, la discussione e la creazione di legami tra studenti su base ordinaria. Il lavoro della costruzione delle lotte è frutto dell’impegno quotidiano e di una lunga guerra di trincea. Non esistono scorciatoie in grado di ribaltare contesti di apatia e disimpegno generalizzato.

Forti di questa consapevolezza le prossime settimane saranno cruciali perché il livello di mobilitazione dovrà mantenersi alto per garantire che le conquiste dell’occupazione e la parola data da presidi, ufficio scolastico e prefettura venga mantenuta. Solo sotto la spinta costante di questi rinnovati rapporti di forza gli studenti possono effettivamente portare a casa una vittoria piena e consolidata.

Gli studenti del Morgagni vincono e lanciano un messaggio agli studenti di tutta Italia. Mobilitatevi anche voi nelle vostre scuole, lottate contro i problemi contro cui vi scontrate, alzate la testa. Le scuole romane possono ottenere alcune conquiste ma a fare la differenza sarà la capacità ad allargare la lotta e coinvolgere il maggior numero possibile di scuole in questa battaglia. Dalla capitale parte un appello alla mobilitazione che dovremo essere in grado di cogliere per dare forza e prospettiva al movimento studentesco.


* segreteria nazionale FGC, responsabile scuola

 

 

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