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Donne, lotta nei campi e Resistenza. L’esempio delle mondine in Emilia Romagna.

* di Federica Savino

Sono numerose le donne operaie, madri, contadine, studentesse, insegnanti, le donne di qualsiasi estrazione sociale, che lavorano e si impegnano nella propaganda clandestina e nella costruzione della Resistenza, danno vita ai Gruppi di difesa della donna nel novembre del 1943, vivono la consapevolezza della giusta causa, entrano in clandestinità, fanno le staffette, le partigiane, conquistano un’arma sul campo. Molte combattono nelle brigate partigiane, come Irma Bandiera, nome di battaglia Mimma, torturata e fucilata dai nazifascisti il 14 agosto del 1944, a cui fu dedicata la Prima Brigata Garibaldi.  Erano le donne a nascondere i clandestini, ed erano loro impiegate alla posta ed adibite alla cernita della corrispondenza a nascondere le lettere che i delatori inviavano ai comandi tedeschi per denunciare gli antifascisti, e a costo della loro vita avvisavano i clandestini. Sono le donne che lottano per la sopravvivenza dei propri figli e organizzano gli assalti ai depositi alimentari. Tra la fine di marzo e l’inizio di aprile del 1944 le autorità tedesche diminuiscono il quantitativo di viveri, gli ospedali sono pieni di bambini denutriti e l’unico modo per sfuggire alla fame è la borsa nera. Le donne esasperate decidono di ribellarsi. Viene preso di mira il mulino-forno Tesei, sul Tevere, vicino al ponte dell’industria o ponte di ferro, dove c’è un deposito di viveri per le truppe di occupazione. Le donne riescono ad entrare e arraffano quelle che possono ma a causa di una soffiata si trovano di fronte le camice nere. Alcune riescono a fuggire ma dieci donne vengono catturate e giustiziate sul ponte di ferro, i loro cadaveri verranno lasciati lì per tutto il giorno per dare monito a chiunque fosse intenzionato a non continuare le proteste.

E sono ancora una volta le donne a prendere parte attiva nell’organizzazione degli scioperi. Non sono scioperi operai, ma di mondine. In Emilia Romagna nell’aprile del ‘ 44 si diede vita ai primi comitati di squadra e di gruppo delle mondine di Medicina, Molinella, Baricella, Malalbergo, San Pietro in Casale e Galliera, nella bassa bolognese. In un primo momento le richieste sono finalizzate ad ottenere un aumento dei salari, ma dopo le prime vittorie la consapevolezza cresce e con essa le rivendicazioni.

Le prime a scioperare furono le mondine di Medicina, che arrivano a 1200 tra il 19 e il 20 maggio, uno sciopero che riuscirono a portare avanti per una settimana rivendicando a gran voce aumento dei salari, quattro chili di riso al giorno, cibo, copertoni per biciclette, abiti. Le concessioni dei padroni fatte alle mondine sono quelle che erano state rivendicate anche se nel complesso ancora insufficienti. Con il riconoscimento di ciò che avevano richiesto le mondine tornarono nei campi. Ripresero però immediatamente lo sciopero quando scoprirono che una quindicina della loro compagne erano state catturate. Non tornarono nelle risaie fino a che non furono liberate. La coscienza e la determinazione di queste donne che oltre a lottare per condizioni di lavoro migliori si opponevano al regime fascista chiedendo la pace e la fine della guerra, contribuirono attivamente alla lotta di liberazione nazionale.

L’eco della protesta e della loro vittoria arriva fino a Ravenna dove il 19 maggio i braccianti si ribellano ai proprietari fascisti per rivendicare anche loro un aumento dei salari al quale gli agrari cedettero, seppur parzialmente. Gli scioperi vanno avanti in tutto il ravennate fino al 25 maggio: mondine, braccianti, fabbri si unirono in una sola lotta.

La forza, la fermezza e la consapevolezza di questa lotte hanno dato un enorme contributo alle conquiste sociali nel nostro Paese. Hanno lavorato e contribuito alla liberazione dal nazifascismo. Queste erano le donne che non avevano ancora il diritto al voto eppure riescono contro ogni opposizione a far sentire la propria voce e contribuire al cambiamento. Le stesse lotte portate avanti dai lavoratori e dalle lavoratrici non cessarono con la proclamazione della Repubblica democratica italiana, ma ebbero il loro culmine nel maggio del 1949. Con la caduta del fascismo e una nuovo auspicato scenario politico, il voto alle donne, l’emanazione della Costituzione, sopraggiunge per il proletario agricolo il momento del riscatto sotto la spinta del Partito Comunista che reclamava una riforma agraria che si opponeva ai latifondisti e quindi al fascismo che avevano sempre appoggiato, rivendicando che la terra fosse distribuita a chi la lavora.

Nonostante le proposte di legge che potessero andare verso questa direzione i legami con il vecchio sistema di potere erano ancora solidi e la lotta diventò aspra, lo scontro tra i manifestanti e la polizia fu inevitabile.

Lo sciopero nazionale, il più esteso e il più aspro nella storia del proletariato agricolo, si scagliava contro il crumiraggio e le condizioni economiche e sociali delle masse contadine: orde di braccianti e mondine decisero di scioperare anche nell’Italia che aveva appena proclamato la Costituzione della Repubblica. Alla proteste si diede risposta con la celere e i carabinieri. Una mondina trucidata dalla polizia a Molinella, questo è il titoletto dell’articolo in prima pagina dell’Unità del mercoledì 18 maggio 1949. Maria Morgotti la prima delle sei vittime della manifestazione svoltasi a Marmorta di Molinella ( Bologna ) dove si concentrarono oltre seimila tra braccianti e mondine provenienti dalle province di Bologna , Ravenna e Ferrara.

Lo sciopero si concluse con una netta vittoria sul piano economico, sindacale e politico: i braccianti ottennero un aumento dell’indennità infortuni; l’impegno a corrispondere l’indennità di caro-pane e le prestazioni farmaceutiche ai loro familiari; l’emanazione della legge che estendeva il sussidio e l’indennità di disoccupazione a tutti i braccianti e salariati agricoli e che rappresentava una delle più grandi conquiste sul piano della legislazione sociale. Questa ondata di scioperi che si accese del 1943 e si concluse nel 1949 riuscendo ad ottenere molti diritti per la classe lavoratrice, che pagò col sangue ancora una volta le conquiste sociali.

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